“Vieni Signore Gesù!”, “Ecco io vengo!”, “Oggi Cristo è nato per noi!”
Questo dialogo che si vive nella verità della Liturgia ci introduce nel mistero del Natale. “Oggi Cristo è nato per noi!”. Non è una delle tante notizie, ma la Buona Novella del compimento della redenzione. Dio viene a salvarci. Non è facile entrare nel mistero di Dio che “nell’eterno consiglio” stabilisce di diventare uomo.
Diventare uomo di questi tempi, lasciare la beatitudine eterna del Padre e venire tra gli uomini vuol dire entrare tra le guerre, essere certo di non essere accettato, anzi venire ripudiato, deriso, nel migliore dei casi ignorato. Non è una favola questa; è quanto avviene quest’oggi nel nostro mondo.
Le guerre a cui assistiamo sono opera del demonio, originate dal peccato dell’uomo che si è lasciato travolgere dalla forza e ha cessato di essere uomo, è diventato animale, bestia selvaggia. Le persone son diventate cose da distruggere con la convinzione che chi distrugge di più è più grande e potrà regnare. Questa è la logica del demonio e Dio, che sta per venire, la conosce bene. Riconosce l’Erode di oggi che uccide i bambini, perché ha paura di loro. Riconosce “gli scribi e farisei ipocriti” che crocifiggono gli innocenti a nome di una cosiddetta loro giustizia. Riconosce la folla distratta e illusa che indiscriminatamente applaude all’una o all’altra parte rimanendo nelle retroguardie di dove si combatte.
Queste guerre finiranno è certo, ce lo ha assicurato Gesù, perché è il regno di satana “desolabitur”, sarà distrutto anche se non annientato fino alla fine.
Abbiamo la certezza che Gesù viene “si è incarnato” e “ha abitato, abita in mezzo a noi”. Muore in tutti i bambini, è distrutto in tutte le case con le loro famiglie, è ucciso in tutti i padri e gli sposi, ma viene con un nome: “Redentore”, “Salvatore”. Di chi e di che cosa? Di ogni uomo che lo accoglie e che accetta di morire con la certezza di risorgere, ogni uomo che nelle fede difficile, ma vera, ripete: “Padre, perché mi hai abbandonato?”, ma crede e aspetta l’ora di Dio, quando satana sarà finito, perché è giunta l’ora di Dio che dice “Basta!”, l’ora delle Resurrezione.
Celebriamo il Natale in queste condizioni. Ci aiuta l’immagine che ha preso il Neonato per orientarci in un reale atteggiamento: il buon Samaritano. È Lui che nasce.
Si ferma, guarda come l’umanità è assente e quanto farà testimonia che la sua attenzione è reale. La sua attenzione non ha niente di passivo e si traduce in compassione che rende la dignità all’uomo che l’ha perduta senza fermarsi a domandare il conto.
L’estrema grandezza del cristianesimo non è che cerca un rimedio alla sofferenza nel soprannaturale. È la volontà di farsi carico delle sofferenze dell’uomo. Sentirmi Palestinese, Ebreo, Ucraino, Russo. Sono stati questi i sentimenti di Cristo sulla Croce. È la prova che il Cristiano ha qualcosa di divino. Continuare ad amare Dio nella disgrazia, ad amarlo col sentimento di abbandono e credere di essere amati da Lui malgrado tutto.
Celebriamo il Natale riconoscendo tutte le sofferenze della violenza degli uomini e, restituendo a ciascuno la propria dignità, offriamo la preghiera come segno di amore che è quanto di più grande possediamo nelle nostre mani.
