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mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 18 Febbraio 2024

Commento al brano del Vangelo di: Mc 1,12-15

Nel deserto

Con Gesù, soli nel deserto per essere noi stessi con Dio.

All’inizio della Quaresima ci è chiesto un atto di fede che porta in sé tutto il mistero della salvezza. Dio non si accontenta di un’adesione superficiale, ma vuole una fede che fissa i capisaldi della nostra salvezza. I capisaldi della nostra fede sono quelli senza cui il cristianesimo svanisce e sono delineati dalla parola di Dio: Dio è il Creatore; il mondo e l’uomo si trovano in un rapporto con Lui di origine radicale, di dipendenza permanente, di finalismo assoluto.

L’uomo è costituito in un rapporto profondo e misteriosissimo di amicizia con Dio. La presenza di una realtà, di un essere, in opposizione a Dio e in lotta con l’uomo ha riportato il primo successo col peccato e dal peccato il regno della morte che ha attraversato tutti gli uomini nessuno escluso, cosicché ogni uomo e tutta l’umanità sono attraversati dal peccato e dalla morte. Tutto è riconducibile ad una fondamentale unità: un uomo è caduto per l’inimicizia del diavolo e ha trasmesso a tutta l’umanità il peccato.

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A questo si contrappone un’altra unità: l’unità del Cristo, unigenito del Padre, vincitore di quel Nemico a cui ha dato campo libero per tutta la sua vita fino a condurlo alla morte. Così il demonio, il signore della morte, si è preso la rivincita conducendo alla morte il Nuovo Adamo. Ma dalla morte dell’Unigenito il demonio è stato vinto, spossessato del suo regno di peccato e di morte e l’uomo liberato.

Questi sono i cardini in cui è impegnata la nostra fede e la nostra possibilità di vincere.

Se abbiamo questa fede, contempliamo la scena che il vangelo ci presenta oggi, all’inizio della Quaresima. Me la immagino molto semplicemente come un ragazzo in piedi, immobile sull’estremità di uno scoglio, dinanzi al mare. La mamma lo chiama da lontano “Vieni! Cosa fai?”. Il ragazzo risponde semplicemente: “Penso”.

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Gesù nel deserto pensa come realizzare la missione che il Padre gli ha affidato. La tentazione si presenta sotto la forma di una chiamata all’esercizio di un potere. Sarò io un re come Davide? Un sovrano grande come Salomone? O un servitore obbediente e paziente e fatalmente sofferente? Gesù sceglie la terza strada.

Abbiamo una indicazione dei sentimenti di Cristo quando, dopo l’annuncio della Passione, “Pietro prende Gesù in disparte e lo rimprovera”. La risposta è chiara: “Vattene satana! I tuoi pensieri non sono quelli di Dio”. Il Cristo, senza dubbio, ha sentito l’eco della sua tentazione nel deserto.

Anche noi siamo chiamati a porci delle questioni fondamentali: “Cos’è la mia vita?”; “Cosa conta ai miei occhi?”; “Quali sono i miei progetti per l’avvenire?”; “Chi sei tu, Signore?”; “Cosa ti aspetti da me?”.

Il deserto è anche il luogo dell’incontro e dell’Alleanza. Nel libro di Osea, per esprimere il ritorno alla grazia della sposa infedele, Dio dice: “L’attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore”. Approfittiamo di questa Quaresima per donarci dei tempi di deserto. Non c’è bisogno di raggiungere il Sahara, un luogo di vuoto e di silenzio è sicuramente a portata di mano. Una spiaggia, un bosco o, meglio ancora, una chiesa in tempo di solitudine o qualche ora in un monastero.

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