Martín Luque – Commento al Vangelo del 8 Agosto 2021

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Nel vangelo di oggi ascoltiamo il Signore pronunciare parole di grande profondità e bellezza. San Giovanni ci riporta il discorso del Pane di vita subito dopo due miracoli che manifestano la signoria di Gesù sulla natura. Il primo è quello della moltiplicazione dei pani di fronte alla folla; il secondo è il suo camminare sulle acque, alla presenza dei soli apostoli.

Il tale contesto, alcuni giudei dialogano con Gesù per commentare il fatto della moltiplicazione dei pani e Gesù ne approfitta per spiegare che la cosa importante non è il cibo che nutre nella vita terrena, ma il pane disceso dal cielo che serve per lavita eterna. Di più, Gesù si identifica in maniera misteriosa con questo pane di vita. Una affermazione, la sua, che non lascia indifferenti quelli che lo stavano ascoltando. Magari, molti di loro hanno pensato che era una affermazione assurda e irriverente: “Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo»” (v. 41).

La mormarazione del popolo, la nostra mormorazione, di fronte alla logica e alla provvidenza di Dio, non è nuova. I loro antenati, secoli prima, avevano ceduto a tale tentazione nel deserto. In quella occasione si trovavano ancora dinnanzi a un profeta, Mosè, che promise loro un pane disceso dal cielo, la manna, per cibersene durante il viaggio verso la terra promessa.

Ma al popolo eletto venne a mancare la capacità di vedere con gli occhi di Dio, gli mancò una fede più grande e, dopo averne mangiato per alcuni giorni, cominciarono a lamentarsi e ad avere nostalgia del cibo che avevano quando erano schiavi in Egitto, apparentemente più gustoso: “…gli Israeliti si misero a piangere e dissero: «Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. Ora la nostra gola inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna»” (Nm 11, 4-6).
Quella gente non voleva percorrere i cammini divini della fede, voleva segni visibili. Ma, tutto ciò che avevano davanti era Gesù, il cui padre era Giuseppe. Tuttavia, quest’uomo di Galilea non smetteva di ripetere che suo Padre era lo stesso Dio e, proprio per questo, poteva affermare di essere il pane disceso dal cielo.

È davvero bello osservare che Gesù è sempre di più esplicito nell’identificare se stesso con il pane che, per ciò, è pane di Vita eterna. E, quindi, afferma: «questo è il pane…» (v.50), «io sono il pane…» (v.51), «il pane è la mia carne…» (v.51). Quest’oggi è una ottima occasione per chiedere una fede grande nel sacramento dell’Eucarestia. Di fronte alla logica di Dio, non vogliamo mormorare, ma inginocchiarci con semplicità e devozione dinnanzi al mistero della presenza reale di Gesù, così come, innumerevoli volte, ci ha insegnato san Josemaría: «Considera ciò che di più bello e di più grande c’è sulla terra…, ciò che piace all’intelletto e alle altre facoltà…, e ciò che è godimento della carne e dei sensi… Considera il mondo, e gli altri mondi che brillano nella notte: tutto l’Universo. —Ebbene, tutto ciò, unito a tutte le follie del cuore soddisfatte…, non vale niente, è niente e meno di niente, a confronto di questo Dio, mio! —tuo!—, tesoro infinito, perla preziosissima, umiliato, fatto schiavo, annichilito in forma di servo nella grotta dove volle nascere, nella bottega di Giuseppe, nella Passione e nella morte ignominiosa… e nella pazzia d’Amore della Santa Eucarestia» (Cammino, n. 432).

Martín Luque


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