Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 9 Luglio 2023

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Mitezza รจ libertร  dalla paura

โœ๏ธย Commento al brano del Vangelo di:ย ย โœย Mt 11,25-30

La prima lettura (Zc 9,9-10) presenta una figura messianica connotata dalla โ€˜anawah, che รจ piccolezza e umiltร . Il re di cui parla Zaccaria รจ un curvato, un obbediente; secondo la versione greca dei LXX รจ un mite (praรฝs), come Gesรน nel testo evangelico (Mt 11,25-30). E tanto nel re di Zaccaria quanto nel Messia Gesรน, la connotazione di umiltร  e mitezza non si esaurisce sul piano morale, ma รจ elemento rivelativo dellโ€™essere e dellโ€™agire di Dio. Matteo presenta Gesรน come figura di rivelazione e di iniziazione alla rivelazione: mentre, con la sua umiltร  e mitezza, rivela lโ€™umiltร  e la mitezza di Dio, Gesรน si propone anche come fonte di umiltร  e mitezza per i suoi discepoli.

La prima lettura รจ costituita da un oracolo che, verso la fine del IV secolo, si rivolge a Gerusalemme con un annuncio che vuole suscitare gioia ed esultanza. Viene preannunciata la venuta di un re, e questo in un tempo in cui la monarchia davidica era da tempo finita. Inoltre questo re viene descritto come un non-re. Non si presenta su un maestoso cavallo, ma su un modesto asino; non viene come amministratore e governatore che deve stabilire diritto e giustizia, ma anzitutto come uomo giusto lui stesso, oggetto dellโ€™azione giustificante di Dio, โ€œgiustificatoโ€ da Dio (tsaddiq), uomo che vive un rapporto adeguato con Dio. Non viene con un ruolo, ma con la sua qualitร  personale, che รจ anzitutto qualitร  di relazione con Dio. Nel Salmo 112,4 lโ€™uomo giusto รจ anche โ€œmisericordioso e capace di pietร โ€, ed โ€œรจ luce per le persone retteโ€.

Poi questo re รจ presentato come โ€œsalvatoโ€ (noshร c, nel testo ebraico), come destinatario dellโ€™azione salvifica di Dio, non lui come salvatore, come amavano farsi chiamare spesso i sovrani. Dunque, non lui รจ salvatore come giร  intende la versione greca dei LXX (sรณzon; Vulgata:ย salvator), ma lui salvato, come ogni uomo che non si innalzi al di sopra della propria condizione umana; dunque uno che si puรฒ perdere o che giร  si era perso o, in ogni caso, che sa di potersi perdere. Infine รจ una persona umile, o meglio ancora, umiliata (canรฎ), non uno che conquista, vince, assoggetta, umilia gli avversari, ma lui stesso umiliato, piegato, reso umile, cosciente di essere debole e fragile, secondo quanto il libro della Sapienza faceva dire al saggio sovrano Salomone di sรฉ stesso: โ€œAnchโ€™io sono un uomo mortale uguale a tutti โ€ฆ anchโ€™io alla nascita ho respirato lโ€™aria comune e sono caduto sulla terra dove tutti soffrono allo stesso modo; come per tutti, il pianto fu la mia prima voce.

Fui allevato in fasce e circondato di cure; nessun re ebbe un inizio di vita diverso. Una sola รจ lโ€™entrata di tutti nella vita e uguale ne รจ lโ€™uscitaโ€ (Sap 7,1.3-6). Il re viene umanizzato, riportato alla realtร , e appare come un uomo e un credente: nulla piรน. Il testo esprime la consapevolezza utopica che solo unโ€™azione politica cosรฌ radicalmente umana e democratica puรฒ far sperare in una societร  liberata dalle dominanti eterne della guerra, della logica di sopraffazione, del dominio, della violenza. Il paradosso e lโ€™assurdo di questo re cosรฌ umano e giusto, cosรฌ poco regale, apre uno spiraglio di futuro, opera una liberazione dellโ€™orizzonte. Si tratta di unโ€™utopia? Certamente, ma che cosโ€™รจ unโ€™utopia? Lo esprimo con le parole dello scrittore uruguayano Eduardo Galeano: โ€œLโ€™utopia รจ come lโ€™orizzonte: cammino due passi e si allontana di due passi. Cammino dieci passi e si allontana di dieci passi. Lโ€™orizzonte รจ irraggiungibile. E allora a cosa serve lโ€™utopia? A questo: serve per continuare a camminareโ€. Tesi verso il Regno noi continuiamo a camminare verso il Signore che ci viene incontro.

Ma cosa ci suggerisce ancora il re evocato dal profeta Zaccaria? Si tratta di un re indifeso, inerme, che non si presenta come capo dellโ€™esercito con sfoggio di potenza militare, ma addirittura con un programma di disarmo del suo popolo: โ€œFarร  sparire il carro da Efraim e il cavallo da Gerusalemme, lโ€™arco di guerra sarร  spezzato, annuncerร  la pace alle gentiโ€ (Zc 9,10). Ovvero, questo re รจ libero dalla paura. La paura che porta gli umani a costruire corazze e ad armarsi sia realmente, fisicamente, che simbolicamente, psicologicamente. Non ha paura di essere aggredito, attaccato e cosรฌ รจ libero dalla paura che lo porterebbe a mettere le sue energie nel difendersi, nel prevenire le mosse del nemico, non ha la paura che ci porta a chiuderci in noi stessi, ad avere sempre davanti agli occhi il nemico situandoci cosรฌ nella dipendenza nei suoi confronti proprio mentre cerchiamo di difendercene. La sua regalitร  รจ nella sua libertร , connessa anche al suo spossesso di sรฉ, alla sua povertร .

La sua mitezza e inermitร  introducono il ritratto di Gesรน nella pagina evangelica. Ma prima delle parole con cui Gesรน parla di se stesso definendosi โ€œmite e umile di cuoreโ€, Matteo ci presenta Gesรน in preghiera (Mt 11,25-27), ovvero nel luogo spirituale in cui trova la forza per essere mite, ovvero piรน forte della sua stessa forza cosรฌ da far spazio ad altri, e di essere umile, ovvero di non innalzarsi, non insuperbirsi, ma porsi allโ€™ultimo posto per poter sostenere gli altri. Umiltร  e mitezza sono dunque gli atteggiamenti che i discepoli devono imparare da Gesรน perchรฉ una vita cristiana ed ecclesiale possa sussistere.

Non sono sinonimi di debolezza, ma di forza. Forza esercitata su di sรฉ che diventa forza nei confronti degli altri. Dice la lettera agli Efesini: โ€œSopportatevi gli uni gli altri nellโ€™amore, con ogni umiltร  (tapeinofrosรฝne) e mitezza (praรฝtes)โ€ (Ef 4,2). Mitezza e umiltร  consentono diย portare altri restando loro sotto, di sopportare il peso degli altri, il peso della vita comunitaria. Mitezza e umiltร  si mettono a servizio della libertร  dellโ€™altro e impediscono gli atteggiamenti di dominio e di creazione di dipendenza. Commentando il passo di Gal 6,2, โ€œPortate i pesi gli uni degli altri: cosรฌ adempirete la legge di Cristoโ€, Dietrich Bonhoeffer ha scritto: โ€œLa legge di Cristo รจ una legge del โ€˜portareโ€™. Portare vuol dire sopportare, soffrire insieme. Il fratello รจ un peso per il cristiano โ€ฆ Solo se รจ un peso, lโ€™altro รจ veramente un fratello e non un oggetto da dominareโ€.

Gesรน dice anche che imparando da lui e avvicinandosi a lui si potrร  trovare riposo nella faticosa sequela. A commento vorrei lasciar parlare un testo di Guglielmo di Saint-Thierry che ci fornisce unโ€™esegesi vissuta e drammatica delle parole di Gesรน. Il giovane Guglielmo, desideroso di una vita monastica, entra nel monastero cistercense di Igny, ma dopo alcuni mesi ecco la crisi, ecco la lotta e, nella lotta, la grazia. Nelle sueย Meditativae orationesย egli scrive: โ€œMi hai sedotto, Signore, e sono stato sedotto; sei stato piรน forte e hai prevalso. Ho udito la tua voce che diceva. โ€˜Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darรฒ ristoroโ€™, Sono venuto a te, ho creduto a ciรฒ che hai detto; in cosa mi hai dato ristoro? Non faticavo e ora fatico, e sotto la fatica quasi vengo meno. Non ero oppresso e ora crollo sotto il carico.

Tu hai detto: โ€˜Il giogo รจ soave e il mio carico leggeroโ€™. Dovโ€™รจ quella soavitร ? Dovโ€™รจ quella leggerezza? Sento la stanchezza sotto il giogo, vengo meno sotto il carico โ€ฆ Il Signore gli risponde: Ti lamenti sotto il mio giogo, ti stanchi sotto il mio carico; รจ la caritร  che fa la soavitร  del mio giogo e la leggerezza del mio carico. Se tu avessi la caritร , sentiresti tale soavitร . Non puoi portare da solo il mio carico e il mio giogo ma se la caritร  si unisce a te, allora sentirai la soavitร . Riprende Guglielmo: Ho fatto quel che potevo. Se avessi potuto avere la caritร , giร  sarei perfetto. Ma se tu non me la doni, io non la posso avere e non reggo. Concedimi, Signore, la caritร . Rispose il Signore: Tu domandi la caritร  โ€ฆ Sappi che la caritร  รจ qualcosa di grande e che la si acquista a caro prezzo; Dio, infatti, รจ caritร ; quando ad essa giungerai non faticherai piรน. Di nuovo Guglielmo: Ma mentre ora non ho la caritร , chi mi aiuterร  a portare la mia fatica? E il Signore: Io lโ€™ho fatto fino ad ora e la porterรฒ ancoraโ€. Cosรฌ Guglielmo esce rafforzato dalla sua crisi che si รจ rivelata luogo di grazia.

E certo, nelle parole di Guglielmo molti possono scorgere esperienze analoghe vissute da loro. Lโ€™esperienza che il cristiano puรฒ arrivare a fare รจ che il giogo di Cristo piรน che essere portato, รจ lui che porta. In Cristo diviene esperienza ciรฒ che dice il profeta Isaia: โ€œIl Signore dร  forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossatoโ€ (Is 40,29). Ma imparare da Cristo significa anche entrare nellaย semplicitร , quella che accomuna Gesรน stesso ai piccoli (nรฉpioi) che sono destinatari della rivelazione divina (Mt 11,25). Di nuovo: in Cristo diviene esperienza ciรฒ che dice il Salmo: โ€œla rivelazione della tua parola illumina, dona intelligenza ai semplici (nรฉpioi)โ€ (Sal 119,130). E come su Gesรน si รจ posato il compiacimento divino (Mt 17,5) cosรฌ esso si posa sui semplici e sui piccoli, sui miti e sugli umili.

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Il โ€œsรฌโ€ che Gesรน rivolge al Padre (Mt 11,26) รจ ilย sรฌย al cuore di Dio che sceglie ciรฒ che รจ piccolo e che umanamente non si impone. รˆ lo stessoย sรฌย che traspare dietro le beatitudini dei miti e dei perseguitati, degli afflitti e dei pacificatori, dei misericordiosi e dei puri di cuore โ€ฆ E in quelย sรฌย che Gesรน pronuncia vediamo la fede di Gesรน, la sua adesione convinta al Signore, la motivazione che ha sostenuto e guidato la sua intera esistenza.

A cura di: Luciano Manicardi

Per gentile concessione del Monastero di Bose