Pecore che ascoltano
Lโaccento della IV domenica di Pasqua cade sempre su Gesรน come pastore. Il Gesรน che ha guidato i suoi discepoli durante la sua vita itinerante e di annuncio del Regno di Dio, ha formato una comunitร , ha fatto di alcune persone eterogenee, in buona parte modeste, a volte litigiose, a volte gelose, spesso poco intelligenti, una comunitร . Di queste pecore riottose e malate, alcune deboli, altre forti e prepotenti, ha fatto il piccolo gregge, capace di essere un segno del Regno di Dio nella storia. E al di lร di tutti i miracoli narrati dai vangeli, questo รจ il miracolo veramente grande, la sconcertante impresa che Gesรน ha portato a termine, certo, pagandone un alto prezzo. Lโannuncio di Gesรน quale pastore รจ espresso, in questa domenica, mediante alcuni versetti tratti da quel capitolo decimo del IV vangelo al cui cuore vi รจ appunto la rivelazione di Gesรน โbuon pastoreโ, il pastore per eccellenza. Quale autentico pastore, Gesรน svela anche quali siano le autentiche sue pecore: โLe mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguonoโ (Gv 10,27). Ascoltare e seguire sono dunque elementi che danno contenuto a quel โcredereโ che รจ legame decisivo e autentificante dellโuomo con il suo Signore. Non a caso Gesรน si รจ appena rivolto ai suoi avversari dicendo loro: โVoi non credete perchรฉ non fate parte delle mie pecoreโ (Gv 10,26).
Nei versetti immediatamente precedenti il brano evangelico odierno, per due volte Gesรน apostrofa i suoi interlocutori come persone che non credono (vv. 25.26) e che dunque non fanno parte del suo gregge. Certo, nel IV vangelo, dove la divinitร del Figlio รจ particolarmente sottolineata, il verbo puรฒ essere tradotto con โcredereโ, ma nel concreto della vita di Gesรน con la sua comunitร , quel movimento interiore era un movimento di fiducia, il movimento essenziale perchรฉ vi possa essere relazione, comunione e comunitร . Non bastano certo lโaffetto o la relazione personale per fare una comunitร , ma la fiducia รจ conditio sine qua non.
E il Gesรน giovanneo, piรน che mai dotato della capacitร profetica di intuire i pensieri nascosti del cuore degli uomini, mostra luciditร nel manifestare anche diffidenza: la sua fiducia nel Padre suscita in lui anche la capacitร di riconoscere la fiducia carente o mal posta. Dice il quarto evangelista: โMentre (Gesรน) era a Gerusalemme durante la festa di Pasqua, molti credettero nel suo nome vedendo i segni che egli compiva. Ma lui, Gesรน, non si fidava di loro perchรฉ conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno gli desse testimonianza sullโuomo. Egli infatti conosceva quello che cโรจ nellโuomoโ (Gv 2,23-25). La fiducia in Dio non fa nascere in Gesรน solo fiducia negli umani, ma anche vigilanza, discernimento, luciditร e atteggiamenti critici. Gesรน diffida della fiducia che alcuni mettono in lui.
Alcuni โcredettero nel suo nome vedendo i segni che compivaโ dice Gv 2,23 e Gesรน non pone fiducia nella loro fede. La sfiducia in queste persone รจ completamente interna alla fede in Dio. Fede che sarebbe invece smentita da un atteggiamento superficialmente credulo e fiducioso. La sfiducia di Gesรน รจ motivata dal fatto che Gesรน conosce โciรฒ che cโรจ nellโuomoโ (cf. Gv 2,25). Non si tratta di nulla di magico o di straordinario, ma di intelligenza umana affinata dallโesercizio e che sa discernere e comprendere. Gesรน sa entrare nellโaltro, coglierne i movimenti profondi, intuire ciรฒ che sta pensando e le motivazioni nascoste del suo parlare e agire. Se lโatto di fiducia combina sempre elementi di conoscenza e di ignoranza, di sapere e di non-sapere, la conoscenza che Gesรน ha del cuore di tanti lo porta a discernere le motivazioni che li animano e a leggerle in veritร . Questa attitudine รจ essenziale al vero pastore. Cosรฌ Gesรน diffida di una adesione a lui fondata sullโattesa di miracoli (cf. Gv 6,26) e diffida di chi lo cerca per farne un capo politico (cf. Gv 6,15).
Cedere a questa ricerca avrebbe significato, per Gesรน, entrare a far parte della lunga serie dei cattivi pastori. Gesรน non accorda fiducia alle folle che stravolgono i suoi gesti di gratuitร , segni dellโamore sovrabbondante di Dio, in un meccanismo di do ut des in cui esse accordano potere a chi dona loro cibo e sussistenza. Gesรน non agisce con la logica di governatori e re che chiedono potere e legittimazione in cambio di elargizioni di beni. Gesรน non agisce come i capipopolo seduttori e manipolatori che abbisognano di un seguito per essere dei leader. Insomma, la capacitร di fiducia di Gesรน si accompagna alla sua capacitร di dire di no. E anche questo rientra nelle qualitร del buon pastore.
La rivelazione di Gesรน quale pastore inviato da Dio, si staglia sul sottofondo di una storia di fallimento dei pastori storici di Israele, cioรจ delle guide del popolo che sono venute meno al loro compito e hanno badato a pascere se stesse piรน che il popolo. Tuttavia, Gesรน fatica a trovare credito quale pastore buono. Eppure ci sono due elementi del vivere di Gesรน che dovrebbero essere eloquenti: le sue parole e le sue azioni. Gesรน non si impegna in una autopromozione o in unโopera di convincimento della bontร del suo agire. Egli dice che ci sono parole e gesti che sono davanti a tutti e di fronte a cui ciascuno puรฒ decidere e decidersi: โLe opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianzaโ (Gv 10,25). Gesรน non agisce per un proprio tornaconto, ma nel nome del Padre che lo ha inviato. La sua coscienza lo rende libero. E sa discernere anche chi sono le sue pecore: coloro che lo ascoltano e lo seguono e a cui egli dร vita. Quale vita egli dร alle sue pecore? โLa vita eternaโ, dice il v. 28, ovvero la comunione con lui che inizia giร qui e ora. La comunione in cui ciascuno trova pace, serenitร , vita.
Ma che chiede una fiducia che non tutti riescono, vogliono o possono dare. Credere piรน a lui che a se stessi, seguire lui e non dare da sรฉ la direzione alla propria vita. Questo implica la fiducia nel Signore. Cosรฌ si entra nella vita ricevuta, nella coscienza della vita come dono, nella vita che il Signore dona continuamente ai credenti, e che essi ricevono grazie al loro ascolto e alla loro sequela. Questa vita รจ la comunione con lui e, al contempo, con il Padre, perchรฉ โio e il Padre siamo unoโ. Se Gesรน non perde nessuno di coloro che il Padre gli ha affidato รจ perchรฉ egli rimane nella relazione con il Padre e in questa relazione di amore entra e abita ogni credente. Noi invece, cattivi pastori, facciamo ciรฒ che Gesรน non fa: noi sappiamo perdere i doni ricevuti, sappiamo perdere lโamore, sappiamo perdere lโaltro. Perdiamo lโaltro perchรฉ usciamo dalla relazione con il Signore e ci chiudiamo nellโegoismo. Forse, non diventiamo piรน cattivi, ma facciamo ugualmente il male senza essere cattivi. E cosรฌ mentre perdiamo lโaltro, smarriamo anche noi stessi e il senso del nostro vivere che si situa nella relazione con il Padre e con i fratelli e le sorelle.
Il contrario di questo perdere non รจ guadagnare, ma rimanere. Si tratta di rimanere nellโamore e nella parola del Signore, in Lui, come il tralcio rimane nella vite e vive della vita che riceve dalla pianta. Ai discepoli รจ chiesto di rimanere nella fedeltร a Gesรน, accanto a lui. Basterebbe credere al suo amore per noi, senza neanche che si parli di un nostro amore per lui. Questa รจ la fiducia.
Il carattere di โpastoreโ di Gesรน consiste nella relazione con il Padre e con le sue pecore, dunque con Dio e con i credenti. โPastoreโ รจ un titolo relazionale, non funzionale. โIo e il Padre siamo unoโ; โIo conosco le mie pecoreโ. Al cuore dellโessere pastore nella chiesa vi รจ la relazione personale con il Signore, dunque la dimensione spirituale nutrita dalla fede e dalla preghiera, e la relazione con le persone fatta di conoscenza, amore, ascolto, dedizione, dono della vita.
Vi รจ nei vv. 28-29 come un gioco delle mani per cui la mano di Gesรน e la mano di Dio si identificano. Nel IV vangelo la mano รจ simbolo dellโamore dato e ricevuto: โIl Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosaโ (Gv 3,35); Gesรน, โsapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle maniโ (Gv 13,3), compรฌ il gesto dellโamore radicale, simbolo del dono della sua vita per i discepoli. La mano aperta del Padre per donare tutto al Figlio diviene la mano aperta del Figlio che tutto riceve dal Padre e che il Figlio stesso mostra, quale Crocifisso Risorto, a Tommaso affinchรฉ egli riconosca al tempo stesso lโamore del Padre e del Figlio (โMio Signore e mio Dioโ: Gv 20,28). E chiedendogli di stendere, a sua volta, la sua mano, Gesรน gli chiede di entrare nel mistero dellโamore trinitario visibilizzato dalla mano trafitta.
Davvero, il buon pastore รจ colui che dona la vita per le sue pecore e proprio in questa donazione e perdita di sรฉ egli, donando lโamore, custodisce le sue pecore nellโamore. A noi di tendere la nostra mano nel gesto di chi mendica e si dispone a ricevere la comunione nella confessione della propria povertร . Il credente, dice Gesรน, nessuno potrร rapirlo dalla sua mano. Potremmo accostare questa espressione a quella paolina che dice: โChi ci separerร dallโamore di Cristo? [โฆ] Nรฉ morte, nรฉ vita, nรฉ angeli, nรฉ principati, nรฉ presente, nรฉ avvenire, nรฉ potenze, nรฉ altezza, nรฉ profonditร , nรฉ alcunโaltra creatura potrร mai separarci dallโamore di Dio in Cristo Gesรน, nostro Signoreโ (cf. Rm 8,35.38-39). Rimanendo in quellโamore si fa esperienza del dono della vita che viene da Dio e della comunione con lui.
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A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose



