Luciano Manicardi, Commento al Vangelo di domenica 7 Giugno 2020

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Amare donando

Lโ€™intenzione della liturgia nella domenica successiva alla Pentecoste, che pone al suo cuore la Trinitร , รจ quella di una celebrazione dossologica dellโ€™azione del Dio trinitario che in realtร  รจ sempre al cuore di ogni celebrazione per cui si pone il problema della specificitร  di questa festa. Tuttavia, al di lร  degli aspetti problematici che questa celebrazione pone, celebrazione accolta nel calendario romano da papa Giovanni XXII nella prima metร  del XIV secolo anche se le prime tracce risalgono al IX-X secolo, noi possiamo cogliere un messaggio importante dalle letture bibliche che in essa ci sono presentate. Queste, infatti, e soprattutto la pagina evangelica, orientano verso la contemplazione del Dio estroverso, del Dio che si comunica allโ€™uomo, del Dio il cui amore รจ per il mondo, insomma del Deus pro nobis. Del resto, come si รจ espresso un teologo, il dogma trinitario non รจ altro che โ€œlo sforzo ostinato di andare sino in fondo allโ€™affermazione giovannea per cui โ€˜Dio รจ amoreโ€™ (1Gv 4,8)โ€ (Rรฉmi Brague).

Ora, il Dio celebrato in questa domenica della Trinitร , il Dio biblico, il Dio narrato dal volto umano di Gesรน di Nazaret, รจ il Dio che diviene, che muta. E diviene e muta perchรฉ รจ un Dio in relazione e che, nella relazione, ama. E lโ€™amore fa divenire, mette in cammino. Quando si dice, parlando della Trinitร , che Dio รจ amore e relazione in se stesso, cosa si indica se non che Dio ha una vita in se stesso, una vita interiore? E che la storia come contatto e relazione con altri, con il popolo, con gli umani, porta Dio a divenire: divenire mite, capace di perdono, umano. La storia di Dio nella Scrittura รจ la Scrittura del Dio che diviene umano, questa รจ lโ€™incarnazione, la enanthrรณpesis, il farsi umano di Dio. Dio diviene umano, comโ€™รจ umano Gesรน di Nazaret, il Figlio su cui riposa lo Spirito di Dio e dunque la vera narrazione trinitaria.

Il Dio trinitario รจ il Dio in relazione con gli uomini ma anche e contemporaneamente che vive la dimensione interiore della relazione. Parlare di Trinitร  di Dio non รจ affatto dunque entrare in meandri teologici astratti e troppo alti, ma significa dire che il Dio biblico ha una storia, vive in una storia, si dice e si dona a umani e che questa storia incide su Dio, questi umani incidono su Dio. Non a caso il brano evangelico odierno inizia letteralmente con queste parole: โ€œCosรฌ infatti Dio amรฒ il mondo, che diede il suo unigenito Figlioโ€. Cosรฌ, si sottolinea la modalitร  dellโ€™amore che รจ anche contenuto: si parla di una forma, ma in realtร  anche di un contenuto. Una modalitร  che รจ un divenire. Non รจ solo una forma esteriore, questa modalitร , ma coinvolge il modo di essere di Dio. Il cosรฌ della modalitร  dellโ€™amore di Dio rinvia a quanto detto nei versetti precedenti che parlano della necessitร  dellโ€™innalzamento del Figlio dellโ€™uomo (cf. Gv 3,14-15), fondandola sulla continuitร  con il gesto di Mosรจ che innalzรฒ il serpente nel deserto affinchรฉ chiunque lo guardasse, avesse vita. Cโ€™รจ dunque un cosรฌ, una forma dellโ€™amore di Dio che รจ anzitutto fedeltร . Fedeltร  di Dio al popolo con cui si รจ legato in alleanza, alla storia condotta con il popolo, ai nomi umani, Abramo, Isacco, Giacobbe, e ciascuno dei volti e dei nomi dei figli dโ€™Israele a cui Dio ha legato il suo Nome. Una fedeltร  in cui la misura della misericordia sovrasta di gran lunga la misura del giudizio (cf. Es 34,6-7). Si tratta di fedeltร  a colui che รจ infedele e di amore per colui che non vi corrisponde: la fedeltร  e lโ€™amore di Dio diventano la sua responsabilitร  nei confronti degli uomini peccatori. Lโ€™amore di Dio per lโ€™uomo รจ unilaterale. Solo cosรฌ lโ€™amore di Dio รจ davvero per il mondo, per lโ€™umanitร  tutta, per ogni essere umano. E solo cosรฌ il suo amore, unilaterale e incondizionato, non condanna, ma salva, come sottolinea il brano evangelico odierno. Cosรฌ Dio amรฒ. La forma verbale del verbo amare, forma passata, rinvia a un evento storico preciso: la morte in croce di Gesรน (cf. Rm 5,8). Lโ€™amore di Dio manifestato sulla croce assume la forma dello scandalo, dellโ€™eccesso che, nella sua unilateralitร  e smisuratezza, sconvolge i parametri umani di reciprocitร , corrispondenza e contraccambio dellโ€™amore. Il dono sovrabbondante insito nellโ€™evento della croce รจ il perdono di Dio, lโ€™amore che Dio giร  predispone per colui che pecca e che peccherร . Cosรฌ Dio amรฒ. Il Dio che ama รจ anche il Dio che soffre. Donare il Figlio รจ mettere a rischio la propria paternitร  pur di non rinunciare a cercare comunione con gli uomini. Il Dio trinitario รจ il Dio che non sta senza lโ€™uomo. E lโ€™uomo, situandosi per fede in Cristo e lasciandosi guidare dallo Spirito abita lโ€™agape, lโ€™amore, e cosรฌ conosce la comunione con Dio. Con il Dio che รจ amore. Lโ€™agape, infatti, รจ il cuore della vita trinitaria. E qui cogliamo lโ€™ultimo momento di questo itinerario del divenire di Dio narrato nellโ€™incarnazione, nella vita e morte di Gesรน di Nazaret. Ovvero, questo atto di amore divenuto persona e vita di Gesรน di Nazaret, divenuto in lui narrazione esistenziale, chiede un divenire, una conversione anche da parte dei credenti.

Cristo, come dono di Dio, รจ sacramento e narrazione dellโ€™amore di Dio e, nellโ€™itinerario da Dio allโ€™uomo, lโ€™amore del Padre (il Donatore) diviene lโ€™amore del Figlio (il Dono che dona se stesso) e diviene amore nellโ€™uomo (il donatario). Il dono che Cristo รจ, รจ asimmetrico, non cerca reciprocitร : โ€œCome il Padre ha amato me, cosรฌ io ho amato voiโ€ (Gv 15,9); โ€œCome io ho amato voi, cosรฌ voi amatevi gli uni gli altriโ€ (Gv 13,34): il movimento della donazione divina non diviene un circolo asfittico e chiuso nellโ€™infernale bipolaritร  โ€œio-tu, tu-ioโ€ sempre esposta al rischio della violenza e della sopraffazione, ma resta aperto a un terzo di cui tende a far fiorire la soggettivitร  e a servire la vita. Questo dono รจ decentrante rispetto al Donatore e si risolve in vita del donatario. Lโ€™amore che tale dono narra non รจ totalitario e obbligante, non pretende gratitudine, ma rispetta la libertร  e la vita dellโ€™uomo. La salvezza, non la condanna, รจ il fine dellโ€™invio del Figlio da parte del Padre (cf. Gv 3,17). Questa รจ lโ€™intenzione paterna di Dio, il senso del suo amore che si esprime nel dono del Figlio. E questo agire divino รจ normante per la chiesa. Anchโ€™essa รจ mandata tra gli uomini non per giudicarli, ma per essere segno di salvezza e per narrare loro lโ€™unica cosa salvifica e necessaria: la misericordia di Dio. Di fronte a uomini che spesso sentono la vita come condanna, la chiesa ha il compito di narrare la misericordia divina, di fare opera di liberazione, di dare senso, respiro e vivibilitร .

Il dono del Figlio รจ volto a dare vita, non morte, agli uomini (cf. Gv 3,16). Cristo, in quanto dono per la vita degli uomini, ha vissuto la sua intera esistenza donando la propria vita, e cosรฌ ha generato alla vita, ha trasmesso e suscitato vita. E questo รจ culminato nella morte di croce, che Giovanni chiama โ€œinnalzamentoโ€ (3,14). Come Mosรจ, obbedendo al comando misericordioso di Dio, innalzรฒ il serpente nel deserto perchรฉ chi lo guardava trovasse vita e guarigione, cosรฌ lโ€™innalzamento del Figlio dellโ€™uomo รจ il compimento della misericordia divina per la salvezza dei credenti (cf. 3,14-15; Nm 21,4-9). Se nel serpente innalzato il credente era condotto a riconoscere il proprio peccato guardando in faccia il simulacro di chi lo aveva punito con i suoi morsi, nel Cristo innalzato il credente vede la misericordia di Dio che perdona i suoi peccati manifestando un amore unilaterale e universalmente salvifico.

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La pro-esistenza di Cristo non ha evitato il rifiuto che gli รจ stato opposto. Se la salvezza รจ destinata a tutti, solo alcuni accedono alla fede e alla conoscenza del dono di Dio in Cristo. Tale dono puรฒ essere misconosciuto e rigettato. Ma questo rifiuto non sopprime la qualitร  di dono che il Cristo รจ: conferma che esso รจ a servizio della libertร  del donatario. Qui si rivela che il dono di Dio โ€“ gratuito ma non neutrale โ€“ diviene appello alla fede. Non a caso la prima menzione dellโ€™amore di Dio nel quarto vangelo (3,16) รจ accompagnata da cinque rimandi alla fede (o alla non-fede) dellโ€™uomo (3,15.16.18). E la distinzione tra adesione e non adesione diviene, nel prosieguo del testo giovanneo, discernimento tra luce e tenebre, tra opere fatte โ€œin Dioโ€ (3,21) e opere maligne (3,19: fatte nel Maligno). Questa distinzione non si situa sul piano morale e comportamentale (non si tratta di opere buone e cattive), ma designa una presa di posizione negativa di fronte allโ€™inviato di Dio. E allora si comprende che lโ€™unica opera essenziale secondo il quarto vangelo sia la fede. La querelle tra fede e opere รจ cosรฌ risolta da Giovanni: โ€œQuesta รจ lโ€™opera di Dio: credere in colui che egli ha mandatoโ€ (Gv 6,29).

A cura di Luciano Manicardi – Fonte


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