Amare donando
Lโintenzione della liturgia nella domenica successiva alla Pentecoste, che pone al suo cuore la Trinitร , รจ quella di una celebrazione dossologica dellโazione del Dio trinitario che in realtร รจ sempre al cuore di ogni celebrazione per cui si pone il problema della specificitร di questa festa. Tuttavia, al di lร degli aspetti problematici che questa celebrazione pone, celebrazione accolta nel calendario romano da papa Giovanni XXII nella prima metร del XIV secolo anche se le prime tracce risalgono al IX-X secolo, noi possiamo cogliere un messaggio importante dalle letture bibliche che in essa ci sono presentate. Queste, infatti, e soprattutto la pagina evangelica, orientano verso la contemplazione del Dio estroverso, del Dio che si comunica allโuomo, del Dio il cui amore รจ per il mondo, insomma del Deus pro nobis. Del resto, come si รจ espresso un teologo, il dogma trinitario non รจ altro che โlo sforzo ostinato di andare sino in fondo allโaffermazione giovannea per cui โDio รจ amoreโ (1Gv 4,8)โ (Rรฉmi Brague).
Ora, il Dio celebrato in questa domenica della Trinitร , il Dio biblico, il Dio narrato dal volto umano di Gesรน di Nazaret, รจ il Dio che diviene, che muta. E diviene e muta perchรฉ รจ un Dio in relazione e che, nella relazione, ama. E lโamore fa divenire, mette in cammino. Quando si dice, parlando della Trinitร , che Dio รจ amore e relazione in se stesso, cosa si indica se non che Dio ha una vita in se stesso, una vita interiore? E che la storia come contatto e relazione con altri, con il popolo, con gli umani, porta Dio a divenire: divenire mite, capace di perdono, umano. La storia di Dio nella Scrittura รจ la Scrittura del Dio che diviene umano, questa รจ lโincarnazione, la enanthrรณpesis, il farsi umano di Dio. Dio diviene umano, comโรจ umano Gesรน di Nazaret, il Figlio su cui riposa lo Spirito di Dio e dunque la vera narrazione trinitaria.
Il Dio trinitario รจ il Dio in relazione con gli uomini ma anche e contemporaneamente che vive la dimensione interiore della relazione. Parlare di Trinitร di Dio non รจ affatto dunque entrare in meandri teologici astratti e troppo alti, ma significa dire che il Dio biblico ha una storia, vive in una storia, si dice e si dona a umani e che questa storia incide su Dio, questi umani incidono su Dio. Non a caso il brano evangelico odierno inizia letteralmente con queste parole: โCosรฌ infatti Dio amรฒ il mondo, che diede il suo unigenito Figlioโ. Cosรฌ, si sottolinea la modalitร dellโamore che รจ anche contenuto: si parla di una forma, ma in realtร anche di un contenuto. Una modalitร che รจ un divenire. Non รจ solo una forma esteriore, questa modalitร , ma coinvolge il modo di essere di Dio. Il cosรฌ della modalitร dellโamore di Dio rinvia a quanto detto nei versetti precedenti che parlano della necessitร dellโinnalzamento del Figlio dellโuomo (cf. Gv 3,14-15), fondandola sulla continuitร con il gesto di Mosรจ che innalzรฒ il serpente nel deserto affinchรฉ chiunque lo guardasse, avesse vita. Cโรจ dunque un cosรฌ, una forma dellโamore di Dio che รจ anzitutto fedeltร . Fedeltร di Dio al popolo con cui si รจ legato in alleanza, alla storia condotta con il popolo, ai nomi umani, Abramo, Isacco, Giacobbe, e ciascuno dei volti e dei nomi dei figli dโIsraele a cui Dio ha legato il suo Nome. Una fedeltร in cui la misura della misericordia sovrasta di gran lunga la misura del giudizio (cf. Es 34,6-7). Si tratta di fedeltร a colui che รจ infedele e di amore per colui che non vi corrisponde: la fedeltร e lโamore di Dio diventano la sua responsabilitร nei confronti degli uomini peccatori. Lโamore di Dio per lโuomo รจ unilaterale. Solo cosรฌ lโamore di Dio รจ davvero per il mondo, per lโumanitร tutta, per ogni essere umano. E solo cosรฌ il suo amore, unilaterale e incondizionato, non condanna, ma salva, come sottolinea il brano evangelico odierno. Cosรฌ Dio amรฒ. La forma verbale del verbo amare, forma passata, rinvia a un evento storico preciso: la morte in croce di Gesรน (cf. Rm 5,8). Lโamore di Dio manifestato sulla croce assume la forma dello scandalo, dellโeccesso che, nella sua unilateralitร e smisuratezza, sconvolge i parametri umani di reciprocitร , corrispondenza e contraccambio dellโamore. Il dono sovrabbondante insito nellโevento della croce รจ il perdono di Dio, lโamore che Dio giร predispone per colui che pecca e che peccherร . Cosรฌ Dio amรฒ. Il Dio che ama รจ anche il Dio che soffre. Donare il Figlio รจ mettere a rischio la propria paternitร pur di non rinunciare a cercare comunione con gli uomini. Il Dio trinitario รจ il Dio che non sta senza lโuomo. E lโuomo, situandosi per fede in Cristo e lasciandosi guidare dallo Spirito abita lโagape, lโamore, e cosรฌ conosce la comunione con Dio. Con il Dio che รจ amore. Lโagape, infatti, รจ il cuore della vita trinitaria. E qui cogliamo lโultimo momento di questo itinerario del divenire di Dio narrato nellโincarnazione, nella vita e morte di Gesรน di Nazaret. Ovvero, questo atto di amore divenuto persona e vita di Gesรน di Nazaret, divenuto in lui narrazione esistenziale, chiede un divenire, una conversione anche da parte dei credenti.
Cristo, come dono di Dio, รจ sacramento e narrazione dellโamore di Dio e, nellโitinerario da Dio allโuomo, lโamore del Padre (il Donatore) diviene lโamore del Figlio (il Dono che dona se stesso) e diviene amore nellโuomo (il donatario). Il dono che Cristo รจ, รจ asimmetrico, non cerca reciprocitร : โCome il Padre ha amato me, cosรฌ io ho amato voiโ (Gv 15,9); โCome io ho amato voi, cosรฌ voi amatevi gli uni gli altriโ (Gv 13,34): il movimento della donazione divina non diviene un circolo asfittico e chiuso nellโinfernale bipolaritร โio-tu, tu-ioโ sempre esposta al rischio della violenza e della sopraffazione, ma resta aperto a un terzo di cui tende a far fiorire la soggettivitร e a servire la vita. Questo dono รจ decentrante rispetto al Donatore e si risolve in vita del donatario. Lโamore che tale dono narra non รจ totalitario e obbligante, non pretende gratitudine, ma rispetta la libertร e la vita dellโuomo. La salvezza, non la condanna, รจ il fine dellโinvio del Figlio da parte del Padre (cf. Gv 3,17). Questa รจ lโintenzione paterna di Dio, il senso del suo amore che si esprime nel dono del Figlio. E questo agire divino รจ normante per la chiesa. Anchโessa รจ mandata tra gli uomini non per giudicarli, ma per essere segno di salvezza e per narrare loro lโunica cosa salvifica e necessaria: la misericordia di Dio. Di fronte a uomini che spesso sentono la vita come condanna, la chiesa ha il compito di narrare la misericordia divina, di fare opera di liberazione, di dare senso, respiro e vivibilitร .
Il dono del Figlio รจ volto a dare vita, non morte, agli uomini (cf. Gv 3,16). Cristo, in quanto dono per la vita degli uomini, ha vissuto la sua intera esistenza donando la propria vita, e cosรฌ ha generato alla vita, ha trasmesso e suscitato vita. E questo รจ culminato nella morte di croce, che Giovanni chiama โinnalzamentoโ (3,14). Come Mosรจ, obbedendo al comando misericordioso di Dio, innalzรฒ il serpente nel deserto perchรฉ chi lo guardava trovasse vita e guarigione, cosรฌ lโinnalzamento del Figlio dellโuomo รจ il compimento della misericordia divina per la salvezza dei credenti (cf. 3,14-15; Nm 21,4-9). Se nel serpente innalzato il credente era condotto a riconoscere il proprio peccato guardando in faccia il simulacro di chi lo aveva punito con i suoi morsi, nel Cristo innalzato il credente vede la misericordia di Dio che perdona i suoi peccati manifestando un amore unilaterale e universalmente salvifico.
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La pro-esistenza di Cristo non ha evitato il rifiuto che gli รจ stato opposto. Se la salvezza รจ destinata a tutti, solo alcuni accedono alla fede e alla conoscenza del dono di Dio in Cristo. Tale dono puรฒ essere misconosciuto e rigettato. Ma questo rifiuto non sopprime la qualitร di dono che il Cristo รจ: conferma che esso รจ a servizio della libertร del donatario. Qui si rivela che il dono di Dio โ gratuito ma non neutrale โ diviene appello alla fede. Non a caso la prima menzione dellโamore di Dio nel quarto vangelo (3,16) รจ accompagnata da cinque rimandi alla fede (o alla non-fede) dellโuomo (3,15.16.18). E la distinzione tra adesione e non adesione diviene, nel prosieguo del testo giovanneo, discernimento tra luce e tenebre, tra opere fatte โin Dioโ (3,21) e opere maligne (3,19: fatte nel Maligno). Questa distinzione non si situa sul piano morale e comportamentale (non si tratta di opere buone e cattive), ma designa una presa di posizione negativa di fronte allโinviato di Dio. E allora si comprende che lโunica opera essenziale secondo il quarto vangelo sia la fede. La querelle tra fede e opere รจ cosรฌ risolta da Giovanni: โQuesta รจ lโopera di Dio: credere in colui che egli ha mandatoโ (Gv 6,29).
A cura di Luciano Manicardi – Fonte
