La grande forza di un Messia mite
Con la domenica delle Palme, il tempo di Quaresima sfocia nel tempo della Passione. E noi, con questa domenica, entriamo nella settimana santa in cui seguiremo nella fede il cammino percorso da Gesรน nellโultima fase della sua vita, negli ultimi giorni della sua esistenza. E questo cammino inizia proprio con lโingresso di Gesรน a Gerusalemme, la cittร santa: questโanno lo ascoltiamo nella versione di Matteo, che lo pone sotto il segno del compimento della parola profetica (cf. Mt 21,4-5). La citazione di Zc 9,9 colloca Gesรน sulla scia del re โgiusto, salvato e umileโ (secondo il testo ebraico) di cui parla il testo profetico. Ma รจ significativo che lโincipit del passo di Zaccaria, che invitava alla gioia Gerusalemme (โEsulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemmeโ), sia sostituito da Matteo con una citazione di Is 62,11: โDite alla figlia di Sionโ (Mt 21,5a). In questo modo lโingresso di Gesรน nella cittร diviene una parola rivolta a Sion, un annuncio che la interpella, ma a cui la cittร stessa non risponderร con la gioia, bensรฌ con il turbamento e la diffidenza: โTutta la cittร fu agitata, dicendo: โChi รจ costui?โโ (Mt 21,10). La pagina evangelica ci suggerisce che gli eventi della vita e della storia, colti alla luce della Scrittura, diventano una parola che chiede un discernimento al credente.
E il discernimento devโessere particolarmente affinato per cogliere il senso di questo ingresso che appare estremamente modesto, quotidiano. Gesรน ripete un gesto altre volte compiuto: manda due discepoli davanti a sรฉ nel villaggio in cui stanno per entrare (cf. Lc 9,51-52; Lc 10,1); dร disposizioni perchรฉ prelevino una cavalcatura; quindi, salito sullโasina, entra in Gerusalemme. Gesti e parole del quotidiano, ma in questo quotidiano – dice Matteo – si compie la Scrittura. Questo testo, che viene narrato come compimento delle Scritture, come apice del cammino di Gesรน verso Gerusalemme, si presenta con tratti minimalistici. Perchรฉ questa importanza accordata a un semplice camminare, a unโasina e a un puledro, allo slegarli, al condurli a Gesรน, allo spiegare ai padroni chi รจ che ne ha bisogno e che saranno prontamente restituiti? Siamo di fronte a ciรฒ a cui nessuno sfugge: il quotidiano. Nulla infatti esiste al di fuori del quotidiano. Quel quotidiano fatto di ripetitivitร , di atti sempre da rifare e di parole sempre da ridire e che ci possono logorare se non li vivifichiamo dallโinterno. Matteo parlerร in 24,37-39 del quotidiano come catastrofe, come luogo di possibile naufragio, di smarrimento di sรฉ, in cui si perisce, quando parlerร della generazione dei contemporanei di Noรจ che annegarono nella loro incoscienza (โnon si accorsero di nullaโ: Mt 24,39), nella loro non vigilanza, nel loro trascinarsi giorno dopo giorno mangiando, bevendo, lavorando, vendendo e comprando, sposandosi e generando. Prima di annegare nel diluvio, la generazione di Noรจ, stando al testo di Matteo, รจ annegata nella propria incoscienza, nella non vigilanza, nellโinconsapevolezza di ciรฒ che si stava preparando. ร annegata in un quotidiano divenuto orizzonte totalizzante e stordente, capace di intontire e inebetire, perchรฉ vissuto senza consapevolezza. Non รจ nella profonditร che si annega, ma nella superficialitร . La catastrofe di unโesistenza si puรฒ celare nelle pieghe apparentemente innocue del quotidiano.
Il discernimento รจ richiesto anche per cogliere in profonditร il senso di questo gesto di Gesรน. Che cosa avviene veramente? Che cosa esprime veramente Gesรน in questo modo? Che cosa Gesรน sta dicendo alla cittร di Gerusalemme? Il testo presenta una scena di intronizzazione regale. O meglio, questa scena รจ analoga allโingresso di un re nella sua cittร come avveniva comunemente nellโantichitร . E Gesรน mostra padronanza di sรฉ e della situazione: egli ordina, comanda, dispone. Ma tutta questa autorevolezza รจ a servizio di un sentire e pensare che presiede al suo agire a che lo porta a scegliere consapevolmente la via della mitezza come sigillo caratterizzante il suo mimo profetico di ingresso regale in Gerusalemme. Infatti, Matteo cita lโoracolo di Zaccaria mantenendo solamente lโattributo della mitezza del re che entra nella cittร santa e omettendo gli altri due attributi elencati in Zc 9,9. La mitezza del โMessiaโ Gesรน (cf. Mt 11,29) consiste nella rinuncia alle prerogative regali, allโuso della forza, al potere pressochรฉ illimitato, per scegliere consapevolmente la via dellโinermitร , della non-violenza, del rispetto, dellโagire pacifico. Se questo re รจ โdeboleโ, lo รจ grazie a una โgrande forzaโ che ha presieduto alla sua precisa scelta: la scelta di rinunciare alla forza e al potere. Sรฌ, siamo di fronte a un gesto profetico. Entrando nella cittร su un puledro dโasina, Gesรน sta indicando la via ai suoi discepoli: la via della mitezza, della rinuncia consapevole a una forza che potrebbe schiacciare gli altri, che potrebbe prevaricare e sopraffare e che deve essere limitata per far spazio agli altri. Gesรน รจ qui un profeta che compie un mimo profetico usando la scenografia dellโingresso di un re nella sua cittร per dire altro. La signoria che Gesรน dimostra รจ legata a questa signoria su di sรฉ che lโha portato a essenzializzare nella mitezza la vera qualitร messianica. E che lo porta a scegliere lโasino, di cui non รจ nemmeno proprietario, ma che prende a prestito promettendo di restituirlo (v. 3). E che lo porta a compiere gesti presenti nelle Scritture, ma che ovviamente prendono un significato nuovo quando divengono carne ed evento. Gesรน sta compiendo la Scrittura, sta cioรจ dando la sua carne, la sua persona, la sua voce e i suoi gesti, la sua intelligenza e le sue energie alla parola di Dio. Gesรน sta parlando con la sua vita. E la vita di una persona parla la parola di Dio solo quando obbedisce a tale parola. Lโautorevolezza รจ liberata dallโobbedienza. E in tale obbedienza si trova anche lโinfinita libertร di Gesรน. Quella libertร che ora lo guida a compiere questo gesto che alcuni misconoscono, che altri guardano con sufficienza e con distacco (โChi รจ costui?โ: v. 10), e subito dopo lo porta a compiere nel tempio atti che solo i bambini, nella loro semplicitร e immediatezza, sapranno discernere nella loro portata messianica: la cacciata dei venditori e la guarigione di ciechi e storpi nel tempio (Mt 21,12-17). E proprio quei gesti che Gesรน compie con sovrana libertร , scateneranno il precipitare degli eventi che lo porteranno alla morte.
Per Matteo, non solo il cammino di Gesรน verso la cittร diventa una parola rivolta alla cittร stessa, ma Gesรน stesso รจ ormai solo parola, รจ realizzazione della parola della Scrittura nella sua persona, nei suoi gesti. Il Gesรน che entra in Gerusalemme รจ ormai lโuomo divenuto parola di Dio, compimento della Scrittura. Potremmo dire, profeta, sรฌ (โQuesti รจ il profeta Gesรนโ: v. 11), ma anche molto di piรน di un profeta. ร parola che interpella. ร parola infinitamente libera, dotata di quella libertร che lo guiderร nei giorni successivi a inoltrarsi sulle vie che lo condurranno al processo e al patibolo. Dove piรน che mai Gesรน starร nel silenzio per far udire la parola che la sua persona esprime in ogni suo gesto.
La reazione di misconoscimento e incomprensione della cittร nei confronti di questo re che col suo agire smentisce le caratteristiche regali รจ significativa di una possibilitร permanente per il cristiano e per la chiesa: sentire come estraneo a sรฉ proprio il Cristo rivelato dai vangeli, il Cristo povero, il Cristo mite, il Cristo che non si impone. Insomma, il Cristo che sceglie come cavalcatura non il cavallo, ma lโasino. Quel โChi รจ costui?โ della cittร incredula, deve divenire per il cristiano e per la chiesa la controdomanda: โChi sono io?โ, โQuale immagine del Signore guida la mia prassi cristiana?โ. ร alla luce della mitezza diquel Messia, della povertร diquel re, dellโinermitร diquel Veniente che i cristiani e le chiese sono chiamate a verificare la loro prassi. Il paradosso ha funzione di rivelazione, ma puรฒ divenire motivo di inciampo.
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Matteo sottolinea, piรน di tutti gli altri evangelisti, la presenza di una folla numerosa allโingresso di Gesรน in Gerusalemme: โfolla numerosissimaโ (v. 8); โla follaโ (vv. 9.11). Gran quantitร di gente che precede e che segue, partecipazione popolare, confessioni di fede, invocazioni liturgiche, gesti di omaggio per colui che sta entrando in Gerusalemme: sembrano le scene di un evento coronato da successo. Sembra un Gesรน uomo di successo (esiste anche il successo religioso, assolutamente identico nelle dinamiche a quello mondano). Ma con tutto questo stride la presenza silente di Gesรน. Emerge una domanda: le folle capiscono ciรฒ che avviene? Capiscono ciรฒ che รจ veramente essenziale capire? Capiscono Gesรน e il suo agire? Capiscono la parola che Gesรน sta pronunciando? Sanno ricevere la lezione di libertร che Gesรน sta dando loro? Capiscono la mitezza messianica? Lโepisodio in cui di nuovo entrerร in scena una grande folla tumultuante che chiede a Pilato di rilasciare Barabba e di condannare Gesรน (in Mt 27,20-24), suggerisce una risposta negativa. Allโinizio della settimana santa, il cammino di Gesรน interpelli anche noi, i nostri cammini personali, il nostro cammino ecclesiale, interpelli i modi e le forme del nostro camminare da cristiani tra gli uomini. Se รจ un cammino verso la libertร di Cristo o se segue logiche asservite ai modi di pensare e di sentire che non furono di Cristo, ma che sono sempre e soltanto mondane.
A cura di Luciano Manicardi – Fonte
