Chinarsi per rialzare
Il vangelo della V domenica di Quaresima dellโannata C contiene un intenso messaggio sul tema della misericordia. Il testo di Gv 8,1-11 afferma che la misericordia di Dio diventa la prassi in Gesรน e si manifesta nel modo di agire di Gesรน nel corso del suo incontro con la donna colta in adulterio e con i suoi accusatori che vorrebbero lapidarla. Il testo si apre con lโannotazione che Gesรน si reca al Tempio e insegna alla folla numerosa. Anzi il testo dice che โtutto il popoloโ (Gv 8,2) andava da lui. ร unโannotazione simile a quella di Lc 21,37-38: โDurante il giorno Gesรน insegnava nel Tempio; la notte usciva e pernottava allโaperto sul monte degli ulivi. E tutto il popolo di buon mattino andava da lui nel Tempio per ascoltarloโ. Cโรจ unโattivitร quotidiana di Gesรน di insegnamento nel Tempio, ma questa ripetitivitร viene sconvolta da un evento imprevedibile. Un evento che si presenta con i tratti della violenza. La predicazione di Gesรน รจ interrotta da un gruppo di scribi e farisei che trascinano davanti a lui una donna sorpresa in adulterio.
La violenza risiede giร nella mancanza di rispetto per il maestro che insegna e per la folla che lo ascolta: il violento ritiene che il proprio agire sia lโunico importante e dunque puรฒ e deve imporsi su quello degli altri. Il violento deve prepotentemente occupare la scena. Poi vi รจ la violenza fisica subita dalla donna che viene strattonata e trascinata e vi รจ la violenza morale e psicologica inferta alla donna con le parole che la svergognano. ร violenza esporre la donna al pubblico ludibrio e umiliarla gridando ai quattro venti il suo peccato: โQuesta donna รจ stata colta in adulterioโ (Gv 8,4). La violenza รจ nelle parole che si rifanno alla Torah in modo parziale e manipolatorio. La Torah, in Dt 22,22-24, prescrive siano uccisi sia lโuomo che la donna adulteri: โtutti e due dovranno morireโ. La violenza รจ nel pervertimento della parola di Dio e nella doppiezza che lโevangelista svela quando scrive che la domanda rivolta a Gesรน era un tranello, un modo per incastrare Gesรน o mettendolo contro la Torah se avesse raccomandato misericordia o costringendolo a smentire la sua predicazione della misericordia qualora avesse detto che occorreva lapidare la donna (Gv 8,6).
La violenza รจ in questa intenzione menzognera. Vi รจ un tratto unificante che sottostร a queste espressioni della violenza: il sentirsi e comportarsi da padroni. Costoro si sentono padroni della Torah tanto che la usano in modo interessato. Si comportano da padroni della donna che usano al solo fine di accusare Gesรน. Si sentono padroni del Tempio in cui irrompono senza riguardo per ciรฒ che vi sta avvenendo. Si sentono padroni di Gesรน al punto che con malizia gli si rivolgono chiamandolo maestro, ma in veritร avendo lโintenzione di metterlo in contraddizione con se stesso o con la Torah. ร il sentirsi e pensarsi come padroni che sta alla radice della violenza. Violenza che si manifesta ancora nel porre la donna โin mezzoโ (Gv 8,3), in posizione centrale, vista da tutti, stretta in una cerchia mortale.
Gesรน si rifiuta di rispondere, oppone loro il silenzio e li obbliga a spostare il loro sguardo. Si china sedendosi sui talloni e scrive con il dito per terra. Il gesto che Gesรน mette in atto e le parole che pronuncia sgorgano da unโintelligenza che mette in accordo volontร di Dio espressa dalle Scritture e miseria umana, da un cuore che sa che Dio non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva. A un ricorso alle Scritture che ne estrapola un dettaglio Gesรน oppone un riferimento alla volontร di Dio che sta dietro allโintera Scrittura; allo sfruttamento della donna Gesรน oppone un atteggiamento di profondo rispetto per la donna e la restituisce alla vita, a un futuro che ormai non aveva piรน. Nella Torah Gesรน cerca il volere di Dio e nella persona umana vede lโimmagine di Dio.
Nelle persone che incontra Gesรน non vede anzitutto il peccato, ma la sofferenza, anche la sofferenza per gli errori commessi e questo รจ alla radice della sua misericordia. Per questo il suo agire รจ quello della cura e della prossimitร , non della violenza. Con il suo gesto e con la postura che assume, Gesรน pone in atto una strategia della distanza per esprimere corporalmente il suo disaccordo: loro sono in piedi, lui li spiazza chinandosi; loro parlano, lui li spiazza tacendo; loro citano la Legge, lui li spiazza scrivendo con il dito per terra. Gesรน ascolta le loro parole, ma anche i loro gesti: essi pongono la donna nel mezzo, dicono pubblicamente il suo peccato, la denudano nellโanima. La violentano con parole e gesti. E Gesรน prende le distanze e dalle loro parole e dai loro gesti. Chinandosi, Gesรน si sottrae al faccia a faccia e li obbliga a guardarlo dallโalto in basso. Cosรฌ si fa vicino alla donna che รจ nel mezzo, accerchiata, aggredita e minacciata dal cerchio pronto a chiudersi su di lei. Lei nel mezzo (due volte: vv. 3.10), lui chinato (due volte: vv. 6.8). Con questo gesto Gesรน si schiera dalla parte del debole. Chinandosi, Gesรน assume una posizione di vittima sperimentando nel suo stesso corpo qualcosa di simile a ciรฒ che sta provando la donna. Cosรฌ, la solitudine abissale della donna viene in qualche modo consolata da Gesรน.
Il gesto, ripetuto due volte, ha una valenza simbolica: Gesรน si china (v. 6), scrive per terra con il dito (v. 6), scribi e farisei insistono a interrogarlo (v. 7), quindi si alza (v. 7) e parla loro dicendo: โchi รจ senza peccato getti per primo la pietra contro di leiโ (v. 7). Subito dopo Gesรน si china di nuovo (v. 8), scrive per terra (v. 8), scribi e farisei se ne vanno a uno a uno cominciando dai piรน anziani e lasciando solo Gesรน con la donna (v. 9), quindi Gesรน si alza (v. 10) e dice alla donna: โvaโ e non peccare piรนโ (v. 11). Gesรน compie un mimo profetico in cui fa riferimento alla duplice ascensione al monte Sinai di Mosรจ per ricevere le tavole della Legge scritte dal dito di Dio (cf. Es 32-34; cf. Es 31,18). Una prima volta Mosรจ, sceso dal monte, spezzรฒ le tavole perchรฉ il popolo le stava giร trasgredendo con il peccato del vitello dโoro (Es 32,19). Pertanto Mosรจ sale di nuovo e riceve le tavole una seconda volta insieme alla rivelazione del nome del Dio misericordioso e capace di perdono (Es 34,1-9).
Gesรน fa allusione allโevento del dono della Legge: la Legge non รจ solo donata, ma donata una prima e una seconda volta. La Legge รจ giร misericordia. Il peccato non porta Dio ad annullare lโalleanza, ma a reiterarla, a rinnovarla. Per Gesรน, il senso della ripetizione del suo gesto รจ il perdono. In effetti, in entrambi i casi in cui Gesรน si alza e pronuncia parole che hanno a che fare con il peccato: il peccato nascosto di scribi e farisei e lโeventuale peccato futuro della donna. Gesรน non parla del peccato che lei ha commesso, perchรฉ quello รจ giร perdonato. Alla donna dice: โNon peccare piรนโ. Questo รจ il mandato che dice la fiducia di Gesรน nella donna e che le chiede unโassunzione di responsabilitร . Il fatto poi che nel nostro testo il chinarsi preceda il rialzarsi a differenza della vicenda di Mosรจ che al Sinai prima รจ salito e poi รจ disceso, รจ un riferimento allโevento di colui che รจ disceso e poi รจ stato innalzato: ciรฒ che compie la Scrittura e rivela definitivamente il volto di Dio รจ il Cristo morto e risorto.
Gesรน dice: โChi รจ senza peccato scagli per primo la pietraโ. Per la Scrittura nessuno รจ senza peccato. Ma Gesรน chiede anche che ciascuno esca dalla logica del branco e rientri in se stesso. Gesรน chiede loro un atto di veritร in mezzo a quel mare di violenza e di inganno. Davanti a un gruppo di persone zelanti delle cose di Dio, Gesรน osa una parola nuova, una parola che assume lโumanitร dellโaccusata, ma anche degli accusatori. Pronunciando quelle parole, Gesรน corre un rischio: e se qualcuno la pietra la scaglia? Il gesto di misericordia di Gesรน non รจ esente da rischi. Gesรน sta facendo fiducia anche agli accusatori. La parola che Gesรน inventa tiene conto non solo della donna, ma anche degli accusatori, rinviandoli alla loro coscienza. Come si rifiuta di condannare la donna, cosรฌ non condanna neppure gli accusatori, ma li richiama alla loro veritร , a essere onesti con se stessi.
Quindi si china di nuovo e scrive ancora per terra davanti a loro, per completare il gesto che deve risultare eloquente per loro. E quando tutti se ne sono andati, Gesรน si alza e mostra ancora la sua umanitร . Non rivendica il successo della sua impresa, non lega la donna a sรฉ con il piรน sottile dei ricatti, lโeterna gratitudine, ma sembra addirittura accodarsi a ciรฒ che gli accusatori-peccatori, hanno fatto, anzi, non hanno fatto: โNessuno ti ha condannata? Neanchโio ti condannoโ. Neanchโio, come loro. E poi, la parola che la libera anche da lui: โVaโโ. Riprendi il tuo cammino, riprendi la tua vita a cui ti restituisco dandoti il permesso di non doverti legare a me, ma ricorda questo: โNon peccare piรนโ. Dicendole di non peccare piรน egli chiede alla donna di aiutare se stessa a vivere umanamente, appunto, non peccando โpiรนโ, non ripetendo ciรฒ che ha commesso, e invece ricominciando la sua vita (โdโora in poiโ). La parola di Gesรน crea un futuro, dร la possibilitร di ricomonciare dopo la caduta. Nessun passato o peccato รจ cosรฌ schiacciante da non consentire piรน di rialzarsi, di ricominciare, di rinnovare la propria vita.
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose



