Vicini alla luce
La seconda domenica di Quaresima, presentando sempre il racconto della trasfigurazione di Gesรน, conduce il credente a operare il passaggio dal deserto della tentazione (messaggio della prima domenica di Quaresima) al monte della Trasfigurazione. Passaggio simbolico di un cammino quaresimale-pasquale che si compie in una trasformazione. E se vi รจ unโunicitร non imitabile nella trasfigurazione di Gesรน, in cui non รจ tanto la sua realtร che cambia, ma รจ la capacitร di vedere dei discepoli i quali riescono a scorgere in lui ciรฒ che lui รจ sempre e in veritร , tuttavia a un cambiamento siamo chiamati noi. Il cambiamento che passa attraverso la prova, lโessenzialitร , lo spogliamento. Cโรจ un passare attraverso le prove che la vita ci propone che non possono lasciarci indifferenti e che incidono su di noi.
Marco situa la Trasfigurazione di Gesรน sei giorni dopo la confessione di fede di Pietro, il primo annuncio della sua passione, morte e resurrezione e lโannuncio della passione del discepolo (Mc 9,2). Marco ricorda anche le ultime parole pronunciate da Gesรน sei giorni prima e che riguardano Pietro, Giacomo e Giovanni, ovvero i tre discepoli che Gesรน prese con sรฉ e portรฒ in alto sul monte dove poterono assistere alla sua trasfigurazione: โIn veritร vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenzaโ (Mc 9,1). Che cosa videro Pietro, Giacomo e Giovanni sullโalto monte? Videro Gesรน avvolto nella luce divina, ovvero, videro Gesรน come lโuomo su cui regna in pienezza Dio stesso, videro il regno di Dio nella sua potenza e maestositร .
In veritร , Gesรน non sta solo promettendo ai discepoli che essi vedranno da vivi il regno di Dio nella sua persona trasfigurata, ma sta anche dicendo loro che il cammino di sequela dietro a lui esige lโintegrazione della prospettiva della propria morte: โnon gusteranno la morte prima di aver visto โฆโ (cf. Mc 9,1). Anche il vedere il regno di Dio nella sua potenza non toglie la fragilitร della condizione umana e lo scacco della morte. Come Gesรน ha appena detto ai discepoli, a chiare lettere, che il cammino dietro a lui comporta per il discepolo sofferenza e perdite (Mc 8,34-38), cosรฌ ora sta ricordando che la sequela della sua persona si spinge fino alla morte, esige dunque che il credente diventi sempre piรน cosciente che in quella vita in cui cerca pienezza di senso e di gioia, troverร anche la morte, la fine della vita.
Ecco dunque che sei giorni dopo Gesรน conduce con sรฉ su un alto monte tre discepoli. Tra i tanti riferimenti che cercano di rendere maggiormente intelligibile la notazione โsei giorni dopoโ, vale la pena di ricordarne una. Nel testo di Esodo 24,9-18, in cui si parla della conclusione dellโalleanza, Mosรจ sale sul monte Sinai, e vi sale con tre personaggi: Aronne, Nadab e Abiu. La nube, segno della presenza di Dio, copre la montagna per sei giorni e al settimo giorno il Signore chiama Mosรจ, fa sentire la sua voce e manifesta la sua gloria, gloria che aveva lโaspetto di una fiamma luminosa. Le analogie con il racconto della trasfigurazione sono numerose. Gesรน, sul monte alto, fa unโesperienza di tale vicinanza e intimitร con Dio che il suo stesso aspetto si svela essere abitato dalla gloria e dalla luce divine.
Notiamo anche che i verbi di cui Gesรน รจ soggetto nel v. 2 (โprendere con sรฉโ e โportare suโ) suggeriscono lโiniziativa di Gesรน, quasi il suo sobbarcarsi i discepoli, come se li prendesse sulle spalle, e lโintrodurli in alto, quasi in un movimento iniziatico. Si tratta di un salire che tende a
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unโunitร , a una convergenza, a una comunione. I Padri della Chiesa hanno molto sottolineato il movimento ascensionale come essenziale per giungere a una comunione e contemplazione di Dio in Cristo. Certe spiegazioni mistiche hanno anche colto i tre personaggi come riferimento ad attributi o virtรน necessari per salire la montagna della contemplazione: Pietro indicherebbe la saldezza della fede, Giacomo la perseveranza e la costanza anche di fronte alla persecuzione, Giovanni rinvierebbe alla grazia e allโamore. Ma al di lร di queste letture allegoriche, รจ vero che cโรจ un comune innalzarsi, ma guidati da Gesรน, cโรจ un comune ascendere dei tre discepoli, ma trascinati da Gesรน. Gesรน li conduce verso un luogo in cui ciรฒ che conosceranno (e di cui Gesรน mostra di avere ben coscienza: 9,1), rasenterร lโindicibile, tanto che egli proibirร loro di dire a chicchessia ciรฒ che avevano visto (Mc 9,9). Vi รจ qualcosa di intimo e di unico che si verifica: la comunicazione della propria identitร e della propria unicitร da parte di Gesรน. La condivisione della sua solitudine piรน profonda. Qualcosa che rischia di essere micidiale anche per i discepoli. Che significa entrare in questa intimitร con Gesรน? Che significa per la propria vita, cogliere la gloria del Signore sul volto di colui che ha appena annunciato la propria passione e morte? Che significa per i discepoli essere messi a parte della veritร personale di Gesรน? Non significa forse uno sprofondare nel cammino di sofferenza dietro a lui? Sรฌ, i discepoli, cosรฌ vicini alla luce (il nome Tabor, che รจ il monte che a partire dal IV secolo รจ stato identificato dalla tradizione bizantina come il monte della Trasfigurazione, significa โvicino alla luceโ), comprendono oscuramente il destino di sofferenza e morte che รจ anche per loro, comprendono altresรฌ che possono integrare questa prospettiva di sofferenza e morte nel loro cammino dietro a Gesรน, comprendono ancora oscuramente che questa prospettiva รจ gravida anche di una promessa di resurrezione. Anche se per loro questa parola e questa prospettiva, โresurrezioneโ, come annota Marco, restano enigmatiche (Mc 9,10).
Ma comprendono anche, e meglio, chi stanno seguendo. Comprendono meglio lโidentitร di Gesรน. Richiesti in Mc 8,28: โChi dice la gente che io sia?โ, essi riferirono almeno tre risposte: โGiovanni Battista, Elia, uno dei profetiโ. Ora Gesรน assicura loro che lui non รจ Elia, anzi Elia compare vicino a lui nella visione sul monte. Gesรน assicura che lui non รจ Giovanni Battista, perchรฉ allude evidentemente a Giovanni quando dice che Elia รจ giร venuto e hanno fatto di lui ciรฒ che hanno voluto (Mc 9,13). Del resto, Marco ha giร raccontato lโimprigionamento e lโassassinio del Battista (Mc 6,17-29). Gesรน รจ colui con cui conversano Mosรจ ed Elia, anzi, per rispettare lโordine messo in atto da Marco, Elia e Mosรจ. A questo punto Pietro esprime con trasporto la sua felicitร , ma la esprime con parole belle, ma che vengono giudicate inadeguate dal narratore che si affretta a chiosare: โNon sapeva che cosa direโ perchรฉ erano preda della paura. La nube, segno della presenza di Dio, avvolge allora i discepoli e diviene lei una capanna, una dimora per coloro che volevano fare una capanna per Elia, Mosรจ e Gesรน. Gli eventi suggeriscono di passare dallโesterioritร allโinterioritร . Dalla nube viene una voce che chiede ascolto: โQuesti รจ il mio Figlio, lโamato: ascoltatelo!โ (Mc 9,7). E dopo la voce, ecco la visione di Gesรน solo, con loro soli. E non vedono piรน nessun altro. E mentre scendono dal monte Gesรน li invita a passare dal non-saper-che-cosa-dire al fare-silenzio. Al custodire in sรฉ ciรฒ che avevano visto. Come Maria che deve meditare in se stessa ciรฒ che ha visto e udito per arrivare a coglierne la portata, il senso, il significato (cf. Lc 2,19.51).
Lโesperienza della trasfigurazione viene cosรฌ suggellata dalla solitudine e dal silenzio. La trasfigurazione รจ certamente esperienza di grande e profonda comunione, ma il testo suggerisce che la comunione si stabilisce attorno a chi sa vivere la solitudine, a chi ha creato comunione in se stesso, a chi ha reso se stesso โcomunioneโ. Del resto anche allโinizio del racconto Marco sottolinea la dimensione di scarto e solitudine: โalta montagnaโ, โin disparteโ, โloro soliโ (Mc 9,2). Gesรน รจ solo con i discepoli, Gesรน ha portato loro soli, certo scegliendoli di mezzo al gruppo dei Dodici, ma il riferimento รจ forse a qualcosa di piรน profondo, a una dimensione in cui lโesperienza vissuta puรฒ venire comunicata. Cโรจ una solitudine che รจ la condizione stessa della comunione. E anche della comunicazione. Come se quel โsoloโ riferito a Gesรน designasse una dimensione di solitudine che nessuna vicinanza e intimitร puรฒ abolire. Del resto, pur nella prossimitร , vi รจ una grande distanza fra Gesรน e i discepoli, distanza emersa quando Gesรน ha rimproverato Pietro che mostrava di non capirlo e si rifiutava di accogliere lโannuncio della sua prossima passione e morte. Cosรฌ quel โsoliโ
con cui sono definiti i discepoli puรฒ far appello a una dimensione a cui saranno rinviati proprio dallโincontro sul monte. Scendendo dal monte Gesรน dirร loro di non comunicare a nessuno ciรฒ che avevano visto, e il silenzio della discesa dal monte รจ anche il segno di una solitudine ancor piรน profonda in cui essi sono invitati a entrare. Iniziata nella solitudine, la trasfigurazione termina nel silenzio. Perchรฉ spesso solo il silenzio consente di non deteriorare la qualitร dellโesperienza spirituale e delle relazioni, lโintensitร e la profonditร dei vissuti. La solitudine e il silenzio consentono cosรฌ al credente di entrare nella conoscenza di Gesรน e di partecipare della luce che dal suo volto promana e puรฒ illuminare il suo cammino costellato di difficoltร e di contraddizioni.
A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose
