Li vide e li chiamรฒ
La pagina evangelica della III domenica dellโOrdinario presenta una successione, un passaggio di testimone. Gesรน, che era stato un discepolo di Giovanni Battista (โColui che viene dietro a me รจ piรน forte di meโ, Mt 3,11), una volta che Giovanni รจ stato arrestato, e solo allora, gli subentra proseguendo il suo annuncio, come un vero discepolo nei confronti del suo maestro. Al tempo stesso, Gesรน comincia a fare discepoli chiamando uomini alla sua sequela (โVenite dietro a meโ, Mt 4,19) e diventando lui stesso un maestro. Gesรน inizia il suo ministero situandosi in continuitร con il suo predecessore. In effetti, le parole della sua predicazione sono le stesse di Giovanni: โConvertitevi, perchรฉ si รจ avvicinato il Regno dei cieliโ (Mt 4,17; cf. Mt 3,2). Tuttavia, in quelle parole pronunciate da Giovanni lโaccento cadeva sulla conversione, pronunciate da Gesรน invece, sulla vicinanza del Regno: Gesรน stesso, nella sua persona, narra il regnare di Dio, รจ il Dio che regna sullโumanitร di una persona. Ora, lโunicitร e la novitร di ognuno rendono necessariamente nuovo lo stesso e identico messaggio annunciato da persone diverse. Qui, con Gesรน, la novitร รจ di ordine rivelativo. Infatti, se Gesรน รจ il successore di Giovanni che ne accoglie lโereditร , egli la vivifica anche innovandola radicalmente con la sua presenza messianica. La tradizione vive della sua trasmissione e la trasmissione consente alla tradizione di non estinguersi, di non atrofizzarsi, rinnovandosi: la tradizione vive del proprio rinnovamento e muore del proprio ingessarsi in forme impermeabili al mutamento. La continuitร con Giovanni diviene subito, infatti, novitร dellโagire di Gesรน: egli chiama con estrema autoritร alla sua personale sequela, con unโautorevolezza inedita e sconosciuta a Giovanni.
Lโarresto di Giovanni Battista segna la fine del suo ministero pubblico e lโinizio del ministero di Gesรน. Il rapporto di discepolato tra Gesรน e Giovanni fa sรฌ che ciรฒ che poteva essere solo una fine diventi un nuovo inizio. Matteo annota che il luogo interiore e spirituale in cui la fine diventa inizio รจ il ritiro: Gesรน โsi ritirรฒ nella Galileaโ (cf. Mt 4,12). Gesรน fa anacoresi, si ritira e nella solitudine e nel silenzio del ritiro prende coscienza della situazione, la legge realisticamente, riconosce la fine del ministero di Giovanni e assume la sua responsabilitร di discepolo decidendo lโinizio del proprio ministero. Il ritiro, cioรจ la solitudine e il silenzio del ritiro, diviene lโalveo di gestazione da cui nasce un Gesรน rinnovato. Il ritiro appare luogo di elaborazione della perdita, di confronto con la paura, di assunzione della solitudine, di lettura della realtร alla luce della Parola di Dio (cf. la citazione del passo di Isaia in Mt 4,15-16), di accoglienza di unโereditร e infine di elaborazione della decisione nella piena assunzione della propria responsabilitร . Responsabilitร che รจ certo, nei confronti di se stesso, della propria veritร personale, ma anche nei confronti di Dio, di Giovanni e delle persone che, senza Giovanni, abitavano in zone tenebrose, prive della luce che Giovanni irradiava. Persone che, per Matteo, non sono solamente dei figli dโIsraele, ma anche dei pagani: la โGalilea delle gentiโ (Mt 4,15) comprendeva infatti una popolazione mista di ebrei e pagani. La luce postpasquale della resurrezione si riflette sul Gesรน che si stabilisce a Cafarnao, anticipando la manifestazione del Risorto in Galilea (cf. Mt 28,16-20).
Il cambiamento che Gesรน instaura nella sua vita, dando inizio al suo ministero pubblico, รจ segnato anche da un cambiamento geografico. Gesรน si sposta da Nazaret, la โsua patriaโ (Mt 13,54), a Cafarnao, che diventerร โla sua cittร โ (Mt 9,1). Gesรน si stanzia in una zona piรน a nord di Nazaret, una zona limitrofa, una zona piรน marginale e quasi vive lui in prima persona quella rottura che chiederร poi a quanti lo vogliono seguire: rottura con la famiglia e con il lavoro per una vita itinerante. Di Giacomo e Giovanni si dice che โlasciarono la barca e il loro padre e lo seguironoโ (Mt 4,22).
Questo inizio (โDa allora Gesรน cominciรฒโฆโ, Mt 4,17) appare come lโavvento di una novitร , come una nascita, un venire alla luce. Lโinizio della sua predicazione รจ lโinizio dellโilluminazione che Gesรน irradia. Ma Gesรน stesso, possiamo dire, viene alla luce, nasce ad una nuova fase della sua vita che comporta, come abbiamo giร visto, una serie di rotture. Lโinizio di cui Gesรน รจ protagonista appare come il risplendere di una luce che spunta fra le tenebre, come una vita che sgorga da una morte. Matteo illumina il passaggio di Gesรน da Nazaret a Cafarnao con la citazione di Isaia in cui si afferma che la zona del nord dโIsraele โ dove erano stanziate le tribรน di Zabulon e di Neftali, in passato umiliate sotto la mano del sovrano assiro che le assoggettรฒ, le smembrรฒ in tre distretti e ne deportรฒ la popolazione โ conoscerร una liberazione (Is 8,23b-9,1). Se Isaia intravede una salvezza sul piano storico e politico, Matteo, affermando che Gesรน si stabilisce in quella medesima regione, suggerisce che Gesรน รจ la salvezza di Dio fatta persona e parla di una salvezza sul piano teologico. Se la salvezza operata un tempo da Dio per le zone settentrionali dโIsraele appare come una rinascita a popolo di gente ridotta precedentemente a non-popolo, la venuta di Gesรน in Galilea provoca la rinascita di alcuni uomini galilei, dei pescatori, a pescatori di uomini, a discepoli di Gesรน. La salvezza viene qui colta nella sua dimensione esistenziale. La luce che Gesรน รจ, si irradia e suscita una chiamata alla sequela e un invio in missione: la salvezza รจ una nuova nascita, un venire alla luce.
La chiamata che Gesรน rivolge รจ a seguirlo, perchรฉ egli รจ sempre in movimento. Nel nostro passo Matteo annota che Gesรน โcamminavaโ (Mt 4,18), โandava oltreโ (Mt 4,21), โpercorrevaโฆโ (Mt 4,23). Gesรน รจ lโuomo che cammina. Ha scritto Christian Bobin a proposito di Gesรน: โCammina. Senza sosta cammina. Va qui e poi lร . Trascorre la propria vita su circa sessanta chilometri di lunghezza, trenta di larghezza. E cammina. Senza sosta. Si direbbe che il riposo gli รจ vietato โฆ Se ne va a capo scoperto. La morte, il vento, lโingiuria: tutto riceve in faccia, senza mai rallentare il passo. Si direbbe che ciรฒ che lo tormenta รจ nulla rispetto a ciรฒ che spera. Che la morte รจ nulla piรน di un vento di sabbia. Che vivere รจ come il suo cammino: senza fineโ. Camminare, infatti, gesto umano elementare e basilare, รจ esperienza del corpo e dello spirito, รจ forma di conoscenza del mondo secondo una modalitร umile e paziente, รจ ri-creazione dello spazio e del tempo nella mitezza. Camminare non riguarda solo lo spazio, ma รจ anche intrattenere un rapporto amichevole con il tempo e con gli altri: camminando, Gesรน vede due coppie di fratelli e rivolge loro la parola e li chiama dietro a sรฉ. Il cammino diviene occasione di creazione di una comunitร .
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Ed ecco che la โluce sorta per chi abitava in regione di morteโ si manifesta attraverso lo sguardo e la parola di Gesรน. Gesรน โvedeโ (Mt 4,18) Pietro e Andrea, quindi โvedeโ Giacomo e Giovanni (Mt 4,21). Lo sguardo esprime la luminositร dellโintero corpo, dellโanimo, della persona (โSe il tuo occhio รจ semplice, tutto il tuo corpo sarร luminosoโ, Mt 6,22), e diviene capace di illuminare, di proiettare luce su chi รจ visto. Lo sguardo di Gesรน non si limita a vedere coloro che lui chiamerร alla sua sequela, ma riesce a far vedere a loro il loro futuro, apre una prospettiva di futuro in cui impegnare lโintera propria vita. Il vero sguardo non si limita a vedere, oggettivando colui che รจ guardato, ma dร la vista, soggettivando colui che รจ visto e conducendolo a vedersi lui stesso al futuro. E cosรฌ รจ della parola, luce e lampada per i passi dellโuomo (cf. Sal 119,105; Pr 6,23), capace di indicare una via da percorrere. Insomma, lo sguardo e la parola di Gesรน danno vita. Suscitano vita, creano possibilitร di futuro, illuminano di luce nuova la vita che una persona stava vivendo offrendole un nuovo punto di vista da cui osservarla e dunque osservarsi e scegliersi.
Attraverso lo sguardo e la parola di Gesรน passa la sua chiamata (Mt 4,18-22). La chiamata chiede allโuomo di realizzare il proprio nome (Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni) nella sequela di Cristo; di ordinare la propria umanitร alla luce di Cristo, del suo cammino e della sua promessa (โVi farรฒ pescatori di uominiโ, Mt 4,19); di lasciare tutto con atto di libertร e di impegnare anche il futuro in un โsรฌโ che viene detto in un momento preciso e di cui non si possono sapere le conseguenze (โsubito โฆ lo seguironoโ, Mt 4,20.22).
La โgrande luceโ vista da chi era nelle tenebre trova cosรฌ una concretizzazione nelle vite di alcuni uomini precisi: ciรฒ che in Gesรน illumina, ieri come oggi, รจ la sua umanitร , la pratica della sua umanitร , la forma del suo vivere. E ciรฒ che da lui viene illuminato รจ lโumanitร di chi si pone a seguirlo, di chi si affida a lui con lโatto di fede. Ciรฒ che in Gesรน illumina รจ anche ciรฒ che viene illuminato in ogni essere umano. Gesรน insegna lโinfinita dignitร dei senza dignitร ; insegna la responsabilitร di cura nei confronti di chi conosce lโumano opacizzato e menomato dalla malattia, dalla violenza, dalla miseria; Gesรน mostra che lโumano รจ il luogo di culto autentico (cf. Mt 4,23). Lumen Christi: la luce, realtร eminentemente relazionale, mentre rivela Dio, rivela anche lโuomo.
A cura di Luciano Manicardi – Fonte
