Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 25 Aprile 2021

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Un Pastore per tutti

La IV domenica di Pasqua ripete lโ€™annuncio che Cristo รจ morto e risorto attraverso lโ€™immagine del pastore. Immagine che, nellโ€™odierna pagina evangelica, diviene visione sintetica dellโ€™evento pasquale, culmine della storia di salvezza. Gesรน, che durante la sua vita รจ stato il pastore del piccolo gregge (Lc 12,32) del gruppo dei suoi discepoli, ha esposto la sua vita per amore dei suoi fino a morire per amore dei suoi (cf. Gv 10,11-15: riferimento alla morte di Cristo); la sua morte poi sfocia nella resurrezione che prolunga ed estende il suo ministero di pastore a livello universale (Gv 10,16-18: riferimento alla resurrezione). In effetti, il testo evangelico parla di โ€œaltre pecore che non sono di questโ€™ovileโ€ (Gv 10,16) e che sono chiamate a divenire un unico gregge: il riferimento รจ alla resurrezione di Cristo che fa lโ€™unitร  dei figli di Dio dispersi. Non si deve poi dimenticare che il Risorto รจ il pastore che narra Dio guidando le sue pecore al di lร  della morte, come dice il Salmo 48,15 (secondo il testo ebraico), e non a caso la raffigurazione del buon pastore con la pecora in spalla si trova spesso nelle catacombe.

Per due volte Gesรน ripete l’autorivelazione: โ€œIo sono il buon pastoreโ€ (Gv 10,11.14). Lโ€™aggettivo kalรฒs, letteralmente, โ€œbelloโ€, significa che Gesรน รจ veramente degno del titolo di pastore, in quanto adempie pienamente la sua funzione. Proclamandosi โ€œbuon pastoreโ€ Gesรน afferma di assumere completamente su di sรฉ la responsabilitร  e il peso del gregge di Dio. L’โ€œIo sonoโ€ iniziale ha valore di promessa e di impegno: Gesรน attesta che sarร  oggi, come ieri e in futuro, il pastore delle sue pecore. Egli promette la sua indefettibile presenza accanto ai suoi. Il termine kalรณs รจ usato nel IV vangelo in riferimento al vino delle nozze di Cana (2,10) e alle opere compiute da Gesรน (10,32.33). In entrambi i casi esso indica realtร  afferenti al tempo messianico: il vino dei tempi messianici e le opere messianiche. Insomma, questo aggettivo mette in luce l’opera salvifica compiuta dal Pastore messianico. Di fronte a questa pregnante valenza teologica, รจ ovvio che l’aggettivo kalรณs non indica una qualitร  soggettiva di Gesรน come la sua bontร . Tale titolo รจ poi esplicitato dalla frase che attesta che il buon pastore โ€œdepone la sua vita per le pecoreโ€ (Gv 10,11). Questa espressione si trova altre tre volte nei vv. successivi (Gv 10,14.17.18) e sembra la versione giovannea dell’espressione sinottica โ€œdare la vita perโ€ (cf. Mc 10,45; Mt 20,28). Nell’AT troviamo un’espressione analoga per indicare il rischio a cui qualcuno espone la propria vita (Gdc 12,3; 1Sam 19,5; 28,21; Gb 13,14), per salvare una persona o il proprio popolo: David rischiava la vita per proteggere il gregge che doveva pascolare (1Sam 17,34ss.). Tuttavia nel testo giovanneo l’espressione ha ormai un senso tecnico caro e indica la morte di croce. Gesรน dunque รจ veramente il Pastore perchรฉ giunge alla morte di croce per gli uomini. L’atto in cui culmina l’essere pastore di Gesรน รจ il dono della propria della vita per le pecore, atto che Gesรน compie nella massima libertร . La valenza salvifica di questo atto รจ sottolineata dal fatto che la morte di croce รจ la rivelazione dell’amore del Padre: โ€œDa questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noiโ€ (1Gv 3,16).

L’azione salvifica del buon Pastore รจ posta in rilievo dall’azione, con esito nefasto per le pecore, del salariato (meglio che โ€œmercenarioโ€). Non essendo pastore, a lui non sta a cuore delle pecore stesse e, all’avvicinarsi di una minaccia per il gregge, egli non espone se stesso al rischio della vita, ma fugge e abbandona le pecore al loro destino (vv. 12-13). Non si tratta di cercare dei personaggi storici in cui identificare sia il salariato (v. 12-13) che il lupo (v. 12), ma di cogliere nel comportamento del salariato il contrappunto negativo del comportamento del buon pastore e, nell’avvicinarsi del lupo, l’approssimarsi di una situazione di pericolo per il popolo. In particolare il verbo โ€œdisperdereโ€ (v. 12) evoca il passato sventurato di Israele, la dispersione tra le genti, gli esili e le deportazioni subite. Se il salariato โ€œabbandonaโ€ le pecore, Gesรน invece, all’approssimarsi dell’ora cruciale della Passione, promette ai suoi che non li abbandonerร , che non li lascerร  orfani (cf. Gv 14,18); se il salariato non impedisce che le pecore siano โ€œrapiteโ€ (v. 12), il Pastore Gesรน assicura che nessuno potrร  โ€œrapireโ€ i suoi dalla sua mano, perchรฉ รจ il Padre stesso che gliele ha date, e lui e il Padre sono โ€œunoโ€ (cf. Gv 10,28-29). Se anche il gruppo dei discepoli sarร  disperso nel momento critico dell’arresto e della passione di Gesรน (cf. Mc 14,27; Mt 26,31: โ€œPercuoterรฒ il pastore e le pecore saranno disperseโ€), il Risorto, come pastore in cerca delle sue pecore disperse, raggiungerร  e ridarร  unitร  ai discepoli e continuerร  a guidarli camminando davanti a loro (cf. Mc 14,28; Mt 26,32: โ€œDopo che sarรฒ risuscitato, vi precederรฒ in Galileaโ€). Se il salariato non si sente legato alle pecore, invece Gesรน sente come โ€œsuoiโ€ i discepoli e per loro รจ disposto a deporre la vita.

Il rapporto fra Pastore e pecore รจ espresso nei termini di conoscenza reciproca nei vv. 14-15: Gesรน รจ buon pastore perchรฉ conosce le sue pecore e queste conoscono lui, cosรฌ come lui conosce il Padre e il Padre conosce lui. Questa conoscenza implica un coinvolgimento personale, una comunione vissuta. Si tratta di una conoscenza dinamica che avviene all’interno di una relazione esistenziale. Anche la relazione di appartenenza, per cui Gesรน parla dei โ€œsuoiโ€, nasce dalla conoscenza prioritaria di Gesรน per le sue pecore, conoscenza che รจ amore. I discepoli, a loro volta, conoscono Gesรน, e la loro conoscenza รจ frutto della โ€œfedeโ€ in Gesรน, fede che porta il credente a partecipare alla vita divina in Gesรน e ad avere comunione con lui e con il Padre. Questo legame di alleanza che unisce Gesรน ai suoi discepoli รจ basato sul saldo fondamento della conoscenza reciproca tra il Padre e il Figlio (v. 15). Il โ€œcomeโ€ del v. 15 ha valore fondativo, costitutivo. La conoscenza che unisce Gesรน alle sue pecore รจ della stessa natura di quella che lo unisce a Dio. In questo modo, il discorso sul buon pastore acquisisce sempre maggiore densitร  teologica, distaccandosi progressivamente dal piano del riferimento storico per elevarsi al piano della rivelazione cristologica. E proprio il riferimento alla morte di Cristo spiega l’apertura universalistica del discorso nel v. 16. Gesรน parla di โ€œaltre pecore, non appartenenti a questo recintoโ€, cioรจ al giudaismo, che egli deve guidare: si tratta dei credenti provenienti dalla gentilitร . Uno degli effetti della morte di Cristo รจ il raduno dei figli di Dio dispersi, la creazione di un unico gregge formato da persone provenienti non solo dal giudaismo, ma anche da tutti i popoli: โ€œQuando sarรฒ innalzato da terra, io attirerรฒ tutti a meโ€ (Gv 12,32). Quando, in Gv 10,16 si usano i verbi al futuro โ€œascolterannoโ€ e โ€œdiventerannoโ€, รจ evidente che si intravede l’ingresso dei gentili nella chiesa, evento che si produrrร  dopo la Pasqua. Gesรน รจ dunque pastore universale: la narrazione del martirio di Policarpo parla di Gesรน Cristo come โ€œPastore della chiesa universale sparsa su tutta la terraโ€ (Martirio di Policarpo 19,2).

รˆ poi importante sottolineare che Gesรน parla dell’unicitร  del Pastore, non dell’ovile, come erroneamente inteso in diversi manoscritti della traduzione latina di Gerolamo (et fiet unum ovile) suscitando, soprattutto in epoca rinascimentale, interpretazioni che vi individuavano indebitamente un riferimento alla sede petrina. Giustamente p. Ignace de la Potterie scrive: โ€œGiovanni non avrebbe mai detto che Pietro era l’unico pastore!โ€. Inoltre il verbo usato da Giovanni nel v. 16 (โ€œdiventerannoโ€), suppone che tale unitร  e comunione sarร  crescente e progressiva, fino ad aprirsi a una prospettiva escatologica. Non stupisce pertanto ciรฒ che dice l’Apocalisse: โ€œL’Agnello che sta in mezzo al trono sarร  il loro Pastore, e li guiderร  alle sorgenti della vitaโ€ (Ap 7,17).

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L’evoluzione del discorso trova il suo compimento nei vv. 17-18, in cui non vi รจ piรน alcun accenno alle immagini pastorali, ma solo affermazioni teologiche sul rapporto tra il Padre e il Figlio, e sulla morte-resurrezione di Cristo descritta come evento con cui Cristo depone e poi riprende la propria vita. Gesรน aveva giร  accennato alla propria morte come deposizione della vita, ma ora vi aggiunge l’accenno alla resurrezione con le parole sul riprendere la vita. Cosรฌ l’intero discorso su Gesรน buon pastore sfocia nella contemplazione del compimento dell’opera di salvezza. Che รจ anche la rivelazione massima dell’amore del Padre verso il Figlio e per tutti gli uomini. Croce e resurrezione sono il segno supremo dell’amore di Dio per gli uomini. Il compimento del piano di salvezza divino รจ l’adempimento del comandamento ricevuto dal Padre: un adempimento avvenuto in piena libertร , come sottolinea l’affermazione che Gesรน ha il potere (exousรญa) di deporre la vita e il potere di riprenderla. Questo โ€œpotereโ€, che dice la sovrana libertร  di Gesรน, Gesรน lo manifesta all’interno di unโ€™assoluta obbedienza nei confronti del Padre: l’obbedienza libera perchรฉ nasce dall’amore ed รจ motivata dall’amore. La sua obbedienza amorosa nei confronti del Padre diviene donazione libera e amorosa della vita per gli uomini. Il mistero del Pastore si sintetizza nell’evento della salvezza che รจ mistero di amore.

A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose