Una sparizione che non abbandona
L’unicitร e l’unitร dell’evento pasquale, del mistero della morte e resurrezione di Cristo sono offerte pedagogicamente dalla liturgia alla nostra contemplazione e meditazione attraverso feste e celebrazioni differenziate. Cosรฌ l’Ascensione sottolinea il momento del distacco di Gesรน dai suoi, il suo staccarsi da loro con la tristezza dunque e il dolore che questo comporta per i discepoli, ma anche con la dimensione salvifica di questo andarsene. La storia di salvezza prosegue grazie all’andarsene di Gesรน: โร bene per voi che io me ne vada, perchรฉ se non me ne vado, non verrร a voi il Paraclito; se invece me ne vado io lo manderรฒ a voiโ (Gv 16,7). La Pentecoste invece sottolinea il momento della comunione rinnovata, ritrovata, ma comunione altra, grazie al dono dello Spirito. Lo Spirito, che era rimasto su Gesรน e in Gesรน nella sua vita, nel suo cammino storico, ora abita il credente che si trova a essere responsabile della presenza del Signore tra gli uomini.
La Presenza di Gesรน si compie nellโinvisibilitร dello Spirito. La Parola di Gesรน si compie nel silenzio dello Spirito. Questo significano le due promesse del Paraclito presenti nella pagina del IV vangelo: โรจ bene per voi che io me ne vada perchรฉ se non me ne vado non verrร a voi il Paraclitoโ (Gv 16,7); e ancora: โMolte altre cose ho da dirvi, ma per il momento non siete in grado di portarne il peso; ma quando verrร lui, lo Spirito della veritร , egli vi guiderร alla veritร interaโ (Gv 16,12-13). Colui che รจ stato alla scuola di Giovanni il Battista mostra di averne appreso la lezione. Come Giovanni ha saputo con serenitร affermare: โBisogna che io diminuisca e che lui crescaโ (Gv 3,30), cosรฌ ora Gesรน dice ai discepoli: โรจ bene per voi che io me ne vadaโ. Nessun protagonismo in queste parole, nessuna recriminazione o cinismo o ripicca, e neppure la stanchezza e la rabbia che potevano trasparire dalle parole di Gesรน stesso che, secondo i sinottici, aveva gridato: โGenerazione incredula, fino a quando starรฒ con voi? Fino a quando dovrรฒ sopportarvi?โ (Mc 9,41). No, solo lโamore, solo la considerazione di ciรฒ che รจ bene per gli altri: โรจ bene per voiโ. Non dice: โรจ bene per meโ. Quel โรจ bene per voiโ pronunciato da Gesรน mostra la libertร profonda di chi non ritiene sua nemmeno la propria vita e puรฒ condensare in poche battute lโesito di una vita e il senso di una morte: โNon io, ma lo Spirito, per voi, in obbedienza al Padreโ. Il compiersi della salvezza implica la sparizione del Salvatore (โnon mi vedrete piรนโ: Gv 16,10); il dispiegarsi della potenza della sua parola implica il suo entrare nel silenzio. E silenzio e invisibilitร del Signore sono il luogo del compiersi in noi, nel nostro cuore, nel nostro corpo, grazie alla fede, della vita trinitaria. Ecco il compiersi della parabola dellโinviato del Padre, del Maestro e guida dei discepoli: la sparizione, lโallontanarsi, lโandarsene รจ ciรฒ che dร compimento alla sua vita e vi infonde il marchio salvifico. Altrimenti Gesรน stesso non avrebbe fatto il bene dei discepoli, che devono invece, attraverso il dono dello Spirito assumere la piena responsabilitร della loro fede e del loro impegno storico. Lโallontanarsi di Gesรน, il suo andarsene definitivo รจ il segno della generativitร di Gesรน stesso: egli continua a dare vita ai suoi. Non รจ preoccupato di se stesso, di โsalvare se stessoโ, ma di fare il bene ai suoi.
Il compimento pasquale che noi contempliamo nella Pentecoste, dunque il compimento della salvezza di Dio per gli uomini, diviene per Gesรน, il compiersi del suo amore e della sua libertร in questo atto di sparizione che non abbandona. Questo ci รจ narrato dal compimento pasquale della vicenda umana e divina di Gesรน: lโinevitabile andarsene non รจ un abbandono. โNon vi lascerรฒ orfaniโ (Gv 14,18), dice Gesรน realizzando la promessa del Dio dโIsraele riportata da Isaia: โIo non li abbandonerรฒโ (Is 41,17). Ecco, la manifestazione ultima della nostra salvezza, umana e spirituale: salvati dal terrore primordiale e perenne dellโabbandono. Lโassenza di Gesรน รจ la sua presenza non visibile e silenziosa. Lo Spirito rende abitata questa invisibilitร e eloquente questo silenzio.
Lโinsostenibile tristezza dellโandarsene di chi si ama (โpoichรฉ vi ho detto che me ne vado la tristezza ha riempito il vostro cuoreโ: Gv 16,6)) e il peso insostenibile delle parole che dicono la necessitร del suo andarsene (โper ora non siete in grado di portarne il pesoโ: Gv 16,12) diventano sopportabili, sostenibili grazie allo Spirito che abita la nostra solitudine e parla nel silenzio. Qui la dimensione teologica profonda del nostro testo diviene spirituale. Lโinvisibilitร e il silenzio del Signore sono la nostra condizione di credenti. E sono il luogo dello Spirito. Luogo che non รจ dunque lโeclatante o lโapparizionistico o il prodigioso e il gridato, ma appunto, la solitudine e il silenzio. Siamo rinviati alla voce del silenzio sottile che parlรฒ ad Elia nella sua solitudine al monte Horeb e quando quella voce silenziosa vinse la sua convinzione di essere abbandonato e la sua tentazione di morte: โDopo il fuoco, ci fu la voce di un silenzio sottileโ (1Re 19,12; secondo il testo ebraico). Lo straordinario della nostra salvezza si compie nel nascondimento silenzioso e invisibile dellโascolto di una presenza interiore e nellโamore per colui che non vediamo.
E lo Spirito viene presentato anche come ermeneuta del silenzio di Gesรน, del suo non detto, come appare da ciรฒ che Gesรน afferma: โMolte cose ho ancora da dirvi, ma ora non potete portarne il peso. Ma quando verrร lo Spirito della veritร , egli vi guiderร in tutta la veritร โ (Gv 16,13). Lo Spirito condurrร i cristiani e le chiese nella storia verso tutta la veritร , che certamente ha pienezza escatologica ed รจ sempre a-venire, ma anche, come รจ possibile tradurre lโespressione greca, in tutta la veritร : en tรช aletheรญa pรกse. Cioรจ, vi farร percorrere i passi Gesรน nel vostro oggi, vi guiderร a seguire nel vostro hic et nunc le tracce di Gesรน, di Gesรน che รจ la veritร (cf. Gv 14,6), vi farร parlare e agire come lui, cioรจ in modo evangelico, di fronte alle situazioni che vi troverete a vivere (e che lui non ha mai vissuto, perchรฉ in Gesรน non vi รจ solo un non-detto, ma anche un non-agito, un non-vissuto), vi farร camminare come lui ha camminato. Vi farร pronunciare parole ispirate al suo vivere, vi farร compiere azioni e gesti compatibili con il suo sentire e pensare, vi farร vivere come lui ha vissuto. Vi farร avere โil sentire che fu in Cristo Gesรนโ (Fil 2,5), come dice Paolo; vi farร avere โi modi del Signoreโ, come dice la Didachรฉ (11,8). Ora, se Gesรน dice ai discepoli che essi non hanno la capacitร e la forza di portare il peso di tante parole che Gesรน potrebbe ancora dire, in realtร se guardiamo e ascoltiamo le parole pronunciate dai cristiani e dalle chiese nella storia dopo la Pentecoste, noi sentiamo tante parole che mai e poi mai Gesรน ha portato e pronunciato. Se un antico testo cristiano come lโA Diogneto ha potuto pronunciare una parola che traduce meravigliosamente lo spirito dellโevangelo e che รจ certamente sgorgata dallโazione dello Spirito della veritร , ovvero lโespressione che โA Dio non si addice la violenzaโ (A Diogneto VIII,5), non possiamo certo dire che i cristiani e le chiese abbiamo seguito sempre questa via, e camminato per questo sentiero, in questa veritร che รจ la narrazione di Dio operata da Gesรน e attestata dai vangeli. Come del resto non lo facciamo neppure noi con le nostre violenze piccole, mediocri, quotidiane, domestiche, famigliari e comunitarie. Con lโorganizzazione della violenza, che si nutre di menzogna e di storpiamento della veritร . La veritร che รจ sempre, basilarmente, elementarmente, adesione delle parole che si dicono ai fatti avvenuti. Ecco allora che lo Spirito della veritร รจ per noi, per i cristiani, per le chiese, anche Spirito di giudizio che spinge a pentimento noi che spesso siamo causa di sofferenza per altri. Lo Spirito della veritร รจ dunque anche Spirito di giudizio, di supplica e di conversione. Come sta scritto: โIn quel giorno io riverserรฒ su di loro uno spirito di grazia e di supplica: guarderanno a me che hanno trafittoโ (Zc 12,10). E guardando il Crocifisso vediamo la veritร che genera in noi compassione e pentimento.
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Ermeneuta del silenzio di Cristo, lo Spirito si manifesta anche come Spirito di infinita compassione per tutte le creature e le vite, per chi soffre e patisce ingiustizia, per chi รจ oppresso e muore. Lo Spirito, e dunque lโautentica azione spirituale, assume il tragico della vita e i drammi di tante esistenze. Lo Spirito di Dio รจ anche la compassione di Dio per โogni carneโ, per la creazione e le creature che gemono sotto il peso della morte, della sofferenza, del dolore, dellโingiustizia, del non-senso. Il soffio che il Signore effonde su ogni carne raggiunge anche chi rifiuta il soffio vitale, anche chi si toglie la vita, chi si perde nei meandri del non-senso, chi vaga nei sentieri della disperazione. E il soffio del Signore donato a Pentecoste crea la speranza autentica, quella cioรจ che tocca e attraversa la disperazione degli umani e ne assume la sfida e ne porta il peso. E infine, il soffio del Signore che chiede ai nostri cuori di divenire cuori di carne, vuole dilatare la nostra compassione a tutte le creature, anche agli animali, agli alberi, ai fiori e allโerba, alla creazione tutta segnata da caducitร e sofferenza. La venuta dello Spirito diviene cammino dellโuomo e tale cammino รจ segnato da una compassione senza confini.
A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose



