Sotto la guida del corpo
Lโodierna celebrazione del corpo e del sangue di Cristo puรฒ essere lโoccasione di una riflessione sul corpo allโinterno della fede cristiana. Il cristianesimo, infatti, forse piรน di ogni altra religione, ha fatto spazio al corpo, accordandogli un posto centrale allโinterno della salvezza, come ben espresso dallโespressione di Tertullianoย caro cardo salutis, โla carne รจ il cardine della salvezzaโ. Il cristiano รจ cosciente del fatto che egli non tanto โhaโ un corpo, ma lo โรจโ, e che sua vocazione รจ divenirlo. Nellโantropologia cristiana il corpo รจ rinvio alla dinamica – teologale, spirituale ed etica al tempo stesso – del dono e della responsabilitร , che รจ la dinamica stessa dellโimmagine e della somiglianza nel testo genesiaco cosรฌ basilare per lโantropologia biblica e per lโantropologia cristiana dellโhomo imago Dei.
Il Dio biblico รจ divenuto un corpo, il corpo di Gesรน di Nazaret. Con lโinaudito dellโincarnazione ormai il corpo รจ patrimonio comune di Dio e dellโuomo e spazio dellโincontro tra i due. Questo nucleo paradossale, che contesta ogni spiritualismo, afferma lโinfinita dignitร che il cristianesimo attribuisce al corpo umano, che appare il piรน degno luogo della presenza di Dio. Nel cristianesimo il corpo non รจ solo redento, ma โsoggettoโ della redenzione. Sul corpo si gioca la novitร cristiana rispetto al mondo pagano: โNon ci accorgiamo che ci volgiamo indietro quando sentiamo dire che lโanima รจ immortale, ma il corpo รจ corruttibile e non puรฒ rivivere piรน? Queste cose le sentivamo anche da Pitagora e da Platoneโ (Pseudo-Giustino,ย Sulla resurrezione, II sec. d. C.). Il corpo รจ la cifra che da sola รจ capace di dare intelligibilitร allโintero messaggio cristiano. Il corpo fisico in cui Gesรน ha narrato Dio e praticato la sua umanitร accogliendo poveri e peccatori e curando malati nel corpo e nella mente; il corpo che รจ la chiesa; lโeucaristia che, mediante la partecipazione alle โcose santeโ attraverso lโatto corporeo di mangiare, consente la partecipazione al corpo di Cristo e costituisce i credenti in un corpo fraterno e solidale (1Cor 10,17): tutto dice laย corporeitร della fede cristiana. Ha scritto il teologo Adolphe Geschรฉ: โNel cristianesimo tutto ruota attorno al corpo. Dal Verbo che si fece carne del prologo del IV vangelo allโeucaristia; dalle guarigioni di Gesรน al corpo che รจ la chiesa; dalla creazione alla resurrezione e allโescatologia. โฆ Il cristianesimo sarebbe un trattato eย una pratica del corpo. Dopo il Nuovo Testamento non รจ possibile parlare di Dio nรฉ dellโuomo nรฉ di morale nรฉ di vita eterna senza parlare ogni volta del corpo. Cosรฌ, tutto si dice e avviene, per cosรฌ dire,ย sub ductu corporis, sotto la guida del corpoโ.
La stessa โlogicaโ dei sacramenti รจ incarnata: la fede la si vive nel corpo, vero soggetto della vita spirituale: la preghiera, come insegnano i Salmi, รจ preghiera del corpo (โTutte le mie ossa diranno: Chi รจ come te, Signore?โ: Sal 35,10), e la liturgia coinvolge i sensi nella celebrazione del mistero. La rivelazione di Dio nel corpo di Gesรน di Nazaret significa anche la sua presenza nel corpo dellโaltro, soprattutto di quei poveri e piccoli con cui il Risorto si รจ identificato e che ha dotato di autoritร escatologica nei confronti della chiesa: โCiรฒ che avete fatto a uno solo di questi piccoli, lo avete fatto a meโ (Mt 25,40). La stessa vita teologale, la vita di fede, speranza e caritร , รจ decisamente corporea: essa chiede diย credereย lโincredibile: la resurrezione del corpo morto; chiede diย sperareย lโinsperabile: la morte della morte, la morte di ciรฒ che rende caduco il corpo; chiede diย amareย il corpo non amabile, il corpo sfigurato, che โnon ha apparenza nรฉ bellezzaโ (Is 53,2), il corpo del nemico. Sรฌ, il messaggio cristiano si puรฒ sintetizzare nellโespressione paolina: โil corpo รจ per il Signore e il Signore รจ per il corpoโ (1Cor 6,13).
La pagina evangelica odierna (che, invece di โmoltiplicazione dei paniโ potrebbe essere intitolata piรน precisamente โdistribuzione dei paniโ: Lc 9,16) si apre annotando lโattivitร di Gesรน che parla alle folle del Regno di Dio e guarisce i malati (9,11). Di fatto, siamo di fronte a un imprevisto: rientrati gli apostoli dalla missione, Gesรน li portรฒ con sรฉ in un luogo in disparte, certamente per pregare e stare con loro, ma la presenza della folla cheย loย seguรฌ (lui, Gesรน, non i discepoli; 9, 11: โlo seguironoโ), porta Gesรน ad accordare il primato allโaccoglienza e alla cura delle folle stesse (9,10-11). Gesรน non teme gli imprevisti e non si permette di rifiutare lโincontro con la folla in base a quanto giร precedentemente deciso. Sebbene anche quella scelta avrebbe potuto essere una decisione giustificata: โabbiamo giร decisoโ, โabbiamo giร stabilitoโ โฆ Se anche non รจ riportata nessuna reazione di malumore da parte dei discepoli a questo โcambio di programmaโ, tuttavia รจ vero che solo Gesรน รจ impegnato con le folle, non i discepoli. I quali interverranno solamente per invitare Gesรน a congedare le folle essendosi fatta lโora tarda. I discepoli agiscono in base a buon senso e realismo, ma Gesรน andrร oltre il buon senso e chiederร loro di provvedere loro stessi al nutrimento della gente.
Dunque la pericope inizia presentando Gesรน impegnato a dar vita alle folle bisognose di senso e di cura: egli annuncia la parola di Dio e guarisce i sofferenti. Sono le stesse azioni che hanno compiuto i discepoli nella missione in cui sono stati inviati da Gesรน: โLi mandรฒ ad annunciare il Regno di Dio e a guarire gli infermiโ (9,2). Con la scena della distribuzione dei pani dunque, Gesรน mostra ai discepoli che ciรฒ che fa lui รจ ciรฒ che essi stessi sono chiamati a fare e possono fare. Ne ricevono da lui lโabilitazione. Come Gesรน ha annunciato la parola e curato i malati e ne ha reso capaci i discepoli (โdiede loro forza e potere su tutti i demoni e di guarire le malattieโ: 9,1), ora accoglie e dร da mangiare alle folle invitando i discepoli a fare altrettanto. Gesรน, con grande libertร , integra lโinatteso e ne fa occasione di vangelo. Questo devono imparare i suoi discepoli. Nel IV vangelo Gesรน dirร : โChi crede in me, anchโegli compirร le opere che io compio e ne compirร di piรน grandiโ (Gv 14,12).
Lโattivitร di parola di Gesรน con le folle si sta protraendo al punto che ormai โil giorno cominciava a declinareโ (cf. Lc 24,29: โResta con noi perchรฉ si fa sera e il giorno รจ giร declinatoโ) ed ecco che intervengono i discepoli a chiedere il rinvio delle folle. Secondo lโevangelista Luca questa รจ la prima volta che i discepoli prendono lโiniziativa e si rivolgono a Gesรน (9,12). La risposta di Gesรน puรฒ sorprendere ma in filigrana vi si riconosce il rimando a un episodio riguardante il profeta Eliseo: โDa Baal-Salisร venne un uomo che portรฒ pane di primizie allโuomo di Dio: venti pani dโorzo e grano novello che aveva nella bisaccia. Eliseo disse: โDallo da mangiare alla genteโ. Ma il suo servitore disse: โCome posso mettere questo davanti a cento persone?โ. Egli replicรฒ: โDallo da mangiare alla gente. Poichรฉ cosรฌ dice il Signore: โNe mangeranno e ne faranno avanzareโ. Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signoreโ (2Re 4,42-44). Gesรน non tiene conto dellโobiezione dei discepoli che fa leva sulla sproporzione tra il poco cibo a disposizione e la quantitร enorme di persone da sfamare (9,13) e dร perfino indicazioni su come far sedere i โcirca cinquemila uominiโ (9,14).
ร possibile che il riferimento ai gruppi di cinquanta persone circa in cui Gesรน suddivide i presenti, sia un rimando a quello che doveva essere il numero medio dei partecipanti al banchetto eucaristico nelle chiese locali. Di certo, la prassi eucaristica ha influenzato la narrazione del gesto di Gesรน che prese i pani, alzรฒ gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzรฒ e li diede per la distribuzione a tutti (9,16). Il dialogo tra discepoli e Gesรน รจ eloquente anche per noi e interpella in profonditร lโagire ecclesiale. Quel โdate loro voi stessi da mangiareโ non puรฒ essere ridotto ad appello alla generositร nรฉ compreso come esortazione a mutare un sistema economico sociale fondato sulla proprietร privata in un regime basato sulla condivisione e nemmeno inteso come invito a unโefficiente e adeguata organizzazione assistenziale della caritร . Quel comando contesta lโindifferenza e il disimpegno verso lโaltro nel bisogno (โCongeda la folla perchรฉ vada nei villaggi per alloggiare e trovar ciboโ: Lc 9,12) e suscita lโobiezione dei discepoli che vedono la loro povertร come impedimento ad assolverlo (โNon abbiamo che cinque pani e due pesciโ: Lc 9,13). Il comando evangelico urta, ieri come oggi, contro i parametri di buon senso, razionalitร , efficienza che pervadono anche la chiesa. Paradossalmente, proprio la povertร che i discepoli vedono come ostacolo, รจ per Gesรน lo spazio necessario del dono e lโelemento indispensabile affinchรฉ quel โdar da mangiareโ non sia solo dispiegamento di efficienza umana, ma segno della potenza, della benedizione e della misericordia di Dio e luogo di instaurazione di fraternitร e di comunione.
Non a caso lโesito รจ sovrabbondanza, la sazietร di tutti: โTutti mangiarono a sazietร e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici cesteโ (9,17). E questa eccedenza รจ segno del dono di Dio, della sua presenza, della sua benedizione, dellโagire messianico.
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose



