Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 17 Ottobre 2021

683

Nostri desideri e promesse di Dio

Gesรน sta salendo verso Gerusalemme e il clima che abita in coloro che lo seguono e accompagnano รจ di sgomento e paura (Mc 10,32). Gesรน prende in disparte di Dodici e ripete per la terza volta che il suo destino prossimo comporta sofferenza, violenza subita, morte e resurrezione dopo tre giorni (Mc 10,32-34). Questo terzo annuncio, a differenza dei primi due (Mc 8,31; 9,31), รจ molto piรน drammatico e impressionante: Gesรน specifica che egli sarร  โ€œcondannato a morteโ€, โ€œconsegnato ai paganiโ€, โ€œderisoโ€, โ€œsputacchiatoโ€, โ€œflagellatoโ€, prima di essere โ€œuccisoโ€ (Mc 10,33-34). Alla luce di tutto questo, lโ€™episodio immediatamente successivo in cui i due fratelli Giacomo e Giovanni gli si avvicinano avanzando la pretesa di godere di posti di onore nella sua gloria, sembra mostrare una sorta di rimozione, un non ascolto totale, una assoluta non ricezione delle parole di Gesรน. Tra Gesรน e chi lo segue, o almeno Giovanni e Giacomo, si รจ scavato un abisso: รจ come se vi fosse una impermeabilitร  alle parole di Gesรน, quasi una impossibilitร  di accogliere quanto Gesรน dice e trarne le conseguenze. Dalla domanda dei due fratelli emerge che essi hanno resecato dal loro ascolto di Gesรน tutto quanto riguarda sofferenza e dolore e hanno trattenuto soltanto, ma incompreso e distorto nel suo significato, lโ€™aspetto della gloria (cf. Mc 8,38). Di fatto, Giacomo e Giovanni interpretano la gloria di cui Gesรน ha parlato come glorificazione della loro persona. E non integrano assolutamente la dimensione della morte come preludio alla resurrezione. Colpisce anche lโ€™atteggiamento intraprendente, energico, deciso, dei due discepoli. Frutto di una dimestichezza con Gesรน che data fin dagli inizi (Mc 1,19-20)? Di certo, espressione di un carattere impetuoso e irruento, intransigente e rigorista che meritรฒ loro il soprannome di โ€œfigli del tuonoโ€ (Mc 3,17). Carattere di cui i vangeli ci conservano diverse testimonianze: Mc 10,38; Lc 9,54.

La loro domanda, poi (โ€œNoi vogliamo che tu ci faccia ciรฒ che ti chiederemoโ€), esprime la distorsione piรน frequente della preghiera cristiana: se la preghiera, come appare dal Padre nostro, dispone il discepolo a fare la volontร  del Signore (โ€œsia fatta la tua volontร โ€: Mt 6,10), la domanda dei due discepoli va nel senso contrario: si chiede che Dio faccia ciรฒ che noi vogliamo. La preghiera allora non รจ piรน dialogo tra due libertร , ma imposizione umana a un Dio che non รจ piรน il Signore, ma colui che deve soddisfare i nostri bisogni. Non รจ piรน il Signore, ma un idolo. Occorre che il cristiano impari a domandare, perchรฉ la domanda esaudita รจ quella che chiede โ€œnel nome del Signoreโ€. Ha scritto magnificamente Dietrich Bonhoeffer: โ€œTutto ciรฒ che dobbiamo chiedere a Dio e dobbiamo attendere da lui si trova in Gesรน Cristo. Occorre cercare di introdurci nella vita, nelle parole, negli atti, nelle sofferenze, nella morte di Gesรน, per riconoscere ciรฒ che Dio ha promesso e realizza sempre per noi. Dio infatti non realizza tutti i nostri desideri, ma realizza le sue promesseโ€. Lโ€™esaudimento della preghiera รจ nella nostra umanitร  resa piรน simile allโ€™umanitร  di Gesรน di Nazaret.

Con la loro incosciente richiesta, i due figli di Zebedeo non dimostrano solo la loro incomprensione delle parole che Gesรน ha appena pronunciato sul suo futuro di sofferenza e morte ma rivelano anche di vivere la comunitร  come finalizzata alla loro personale riuscita: essi devono ancora operare il passaggio da โ€œla comunitร  per meโ€ (โ€œper noiโ€: Mc 10,35) a โ€œio per la comunitร โ€. Devono ancora operare il passaggio dallo stadio infantile e autocentrato in cui gli altri sono visti solamente in riferimento a sรฉ, allo stadio adulto in cui la comunitร  e gli altri sono fratelli e sorelle al cui servizio porsi con libertร . Sono nella fase immatura di chi si serve dalla comunitร  invece di servire la comunitร . E devono ancora imparare che non la comunitร  in quanto tale puรฒ essere il fine cui tendono, ma il Regno che va oltre la comunitร  stessa. La scorretta o parziale comprensione di Cristo diviene distorsione ecclesiologica. La dimensione fraterna puรฒ essere vissuta solo quando la comunitร  e la chiesa sono poste nel loro orizzonte escatologico.

Il modo con cui i due si rivolgono a Gesรน fa intuire una richiesta audace, perfino temeraria. In Matteo questa richiesta รจ rivolta a Gesรน dalla madre di Giacomo e Giovanni essendo loro presenti (Mt 20,20)! A suggerire forse un rapporto famigliare non risolto che rende problematico lโ€™abbandono e il radicamento in una realtร  comunitaria che รจ attraversata da dinamiche altre rispetto a quelle domestiche e famigliari. Ecco dunque che Gesรน risponderร  ai due fratelli: โ€œVoi non sapete quello che chiedeteโ€ (Mc 10,38). Il richiamo di Gesรน alla coppa da bere e allโ€™immersione da ricevere (โ€œPotete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?โ€: Mc 10,38), cioรจ alla morte cruenta che lo attende, corregge la comprensione che essi hanno di lui, ma i due sembrano ancora nellโ€™incoscienza quando rispondono che essi possono certamente fare ciรฒ che Gesรน sta loro chiedendo: in realtร  non hanno la benchรฉ minima idea di ciรฒ che Gesรน sta loro prospettando, ovvero la partecipazione al destino di sofferenza che sarร  anche il suo e che essi hanno appena rigettato.

รˆ tuttavia interessante che Gesรน abbia consentito ai due di esprimere il loro desiderio, sia entrato anche nella loro incomprensione ben sapendo il differente significato accordato da lui e da loro alle medesime parole (โ€œIl calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati โ€œ: Mc 10,39), anche se poi tale desiderio dei discepoli dovrร  trovare una radicale reinterpretazione nella realtร . Gesรน poi riconosce che ci sono cose che spettano a Dio e non a lui e che lui non puรฒ promettere ciรฒ che non รจ in suo potere di donare (Mc 10,40). Ma con quelle parole Gesรน va anche oltre i due discepoli e ricorda che la chiesa vive del suo innesto nella morte vivificante di Cristo grazie al battesimo e allโ€™eucaristia. Innesto che le conferisce una forma altra rispetto alle istituzioni mondane: non il potere, ma il servizio รจ la sua logica interna. Da Gesรน Servo (โ€œIl Figlio dellโ€™uomo non รจ venuto per farsi servire, ma per servireโ€: Mc 10,45) nasce una chiesa serva.

La centralitร  dellโ€™eucaristia come formante la chiesa va esattamente in questo senso: lโ€™eucaristia tende a plasmare dei servi del Signore, ben piรน e ben prima che delle persone che โ€œfanno dei serviziโ€. Del resto le tradizioni neotestamentarie sulla Cena del Signore, rappresentano lโ€™istituzione eucaristica come profondamente influenzata dalla figura veterotestamentaria del โ€œServo del Signoreโ€ (lโ€™โ€˜ebed โ€˜Adonaj di cui ci parlano i cosiddetti Canti del Servo presenti nel Deutero-Isaia). Ed รจ a tale figura che si riferiscono le parole di Gesรน che attestano che il Figlio dellโ€™uomo รจ venuto per servire e dare la sua vita in riscatto per molti (cf. Mc 10,45; Is 53,10-12).

La narrazione evangelica prosegue rilevando che lโ€™iniziativa dei due fratelli ha suscitato un conflitto allโ€™interno della comunitร : โ€œgli altri dieci si sdegnarono con loroโ€ (Mc 10,41). Concorrenzialitร , gelosie e rivalitร  sono presenti nel gruppo dei Dodici, tanto che Gesรน li convoca e li istruisce sulla logica che deve abitare le comunitร  cristiane, opposta a quella che vige nei poteri di questo mondo. Gesรน discerne immediatamente che la pretesa di posti privilegiati da parte di due discepoli e anche la reazione degli altri dieci che si sentono feriti dalle loro pretese, rivela una situazione mondana inaccettabile in una comunitร  cristiana. Ecco allora la parola forte di Gesรน: โ€œTra voi non รจ cosรฌโ€. Questa parola pone un criterio discriminante tra chiesa e non-chiesa. La qualitร  della vita di una comunitร  cristiana la si valuta a partire dalla qualitร  delle relazioni interne. Dunque, dalla qualitร  delle relazioni fraterne.

Ma qui si dice anche di piรน. La prima testimonianza politica della chiesa consiste nella sua strutturazione interna, nellโ€™organizzazione delle sue strutture di autoritร  e nel modo di vivere lโ€™autoritร , che devโ€™essere conforme a quanto vissuto da Cristo e da lui richiesto ai discepoli. La parola di Gesรน stigmatizza le logiche dei poteri mondani, ma soprattutto si rivolge alla chiesa: alla tentazione della mimesi dei meccanismi mondani, Gesรน oppone la differenza cristiana fondata sul farsi servi gli uni degli altri. Se la chiesa รจ la testimone di Cristo Servo nella storia tra la croce e la parusia, allora la sua forma la mostra quale comunitร  non omologata, nรฉ asservita. Insomma, con una battuta, la chiesa non รจ uno Stato: โ€œTra voi, non รจ cosรฌโ€. Essa invece รจ, secondo le belle parole del card. Carlo Maria Martini, โ€œcomunitร  alternativaโ€: โ€œLa chiesa si sente spinta non solo a formare i suoi figli, ma a lasciarsi formare essa stessa vivendo al suo interno secondo modelli di relazioni fondate sul vangelo, secondo quelle modalitร  che sono capaci di esprimere una comunitร  alternativa. Cioรจ una comunitร  che, in una societร  connotata da relazioni fragili, conflittuali e di tipo consumistico, esprima la possibilitร  di relazioni gratuite, forti e durature, cementate dalla mutua accettazione e dal perdono reciprocoโ€.


A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose