Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 16 Ottobre 2022

525

Preghiera perseverante

Il vangelo di questa domenica รจ incorniciato da un riferimento alla preghiera (v. 1) e da uno alla fede (v. 8). In effetti, preghiera e fede stanno in un rapporto inscindibile: credere significa pregare. E se noi possiamo pregare solo grazie a una fede viva, รจ anche vero che la nostra fede resta viva grazie alla preghiera. Dopo il discorso escatologico rivolto ai discepoli (Lc 17,22-37), Gesรน continua a parlare loro con una parabola che vuole inculcare la necessitร  della costanza e perseveranza nella preghiera. Per questo racconta la parabola della vedova che continua a chiedere giustizia con ostinatezza a un giudice iniquo che non ha alcuna intenzione di perdere tempo con lei finchรฉ ottiene ciรฒ che vuole e che รจ nel suo diritto, prendendo per sfinimento il giudice. La morale consiste in un ragionamento a fortiori: se perfino il giudice disonesto ha fatto giustizia alla donna per la sua insistenza, โ€œDio non farร  forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?โ€ (v. 7). Il testo si presta a un insegnamento sulla preghiera.

Innanzitutto dalla parabola emerge che la preghiera rende forte una persona debole. Una vedova, che sembra non avere nemmeno figli, o quantomeno non se ne fa menzione, รจ in una posizione sociale ed economica non solo irrilevante, ma anche esposta a soprusi, abusi ed egoismi da parte di persone prepotenti. Una donna vedova รจ senza difesa e personifica la debolezza e la dipendenza. La donna nomina infatti un avversario (antรญdikos: v. 3) da cui vorrebbe ottenere protezione in sede giudiziaria, ma il giudice della cittร  (vv. 2.3), come specifica il Signore stesso, รจ un โ€œgiudice ingiustoโ€ (kritรจs tรชs adikรญas: v. 6). Come dire: dalla padella alla brace. Il vocabolario del testo (vv. 3.5.6.7.8) fa emergere un problema grave riguardante la giustizia. La vedova subisce ingiustizia da parte di prepotenti nellโ€™assoluta indifferenza di chi dovrebbe assicurare la giustizia. Non avendo mezzi economici e neppure relazioni su cui appoggiarsi, la donna fa ricorso allโ€™unica sua risorsa: lโ€™insistenza, lโ€™ostinazione. Essa โ€œandava da lui dicendo: โ€˜Fammi giustizia dal mio avversarioโ€™โ€ (v. 3): lโ€™imperfetto indica unโ€™attivitร  ripetuta, reiterata. La costanza della donna diviene insegnamento circa la potenza della preghiera: questa si manifesta anzitutto nel rendere forte chi รจ debole. La donna si impegna in una lotta impari e da cui non ha alcuna possibilitร  di uscire vincitrice. Eppure la preghiera puรฒ tirar fuori da una persona una forza e un coraggio che la persona da sรฉ non si saprebbe dare e che essa stessa si stupisce di avere o meglio, di ricevere, perchรฉ non proviene da lei. La forza di cui la preghiera irrobustisce chi la pratica รจ connessa alla fede.

Lโ€™ostinazione della donna rivela un altro elemento importante della preghiera: la sua perseveranza, il suo non venir meno. La preghiera abbisogna di tempo: pregare รจ dare tempo al Signore. E non a caso, nel nostro testo ricorre una gran quantitร  di espressioni temporali: โ€œsempreโ€ (v. 1), โ€œper lungo tempoโ€ (v. 4), โ€œpoiโ€ (lett.: โ€œdopo ciรฒโ€; v. 4); โ€œcontinuamenteโ€ (lett.: โ€œfino alla fineโ€; v. 5), โ€œgiorno e notteโ€ (v. 7); โ€œaspettare a lungoโ€ (altre traduzioni di un testo difficile: โ€œtarderร  nei loro riguardiโ€; โ€œtemporeggia con loroโ€; v. 7); โ€œprontamenteโ€ (v. 8). Ora, la preghiera deve arrivare a coprire tutto il tempo. La preghiera รจ chiamata a divenire quotidiana, quasi fosse il respiro della fede. Facendo eco allโ€™esortazione di Paolo a โ€œpregare ininterrottamenteโ€ (1Ts 5,17), Gesรน dice questa parabola per indicare la necessitร  di โ€œpregare sempreโ€, e aggiunge โ€œsenza stancarsi

maiโ€ (Lc 18,1). In realtร  la preghiera stanca sia il corpo (si pensi a Mosรจ in Es 17,11-12) che la volontร , ma si tratta di perseverare anche nella stanchezza e nella non voglia. Forse potremmo intendere il verbo greco usato da Luca (enkakeรฎn; in latino deficere) con โ€œscoraggiarsiโ€, โ€œtralasciareโ€. La vedova della parabola non si lascia scoraggiare dalle mancate risposte, dai silenzi, dalla percezione di rivolgersi a una volontร  decisa a non fare ciรฒ che lei chiedeva. E non smette di insistere. Nel verbo enkakeรฎn cโ€™รจ lโ€™idea di male, kakรฒs, di ostilitร , di situazione esterna che produce sofferenza, che fa star male. Ma in cui si rimane e non si diserta, non si abbandona, non si viene meno. Il verbo lo ritroviamo in 2Cor 4,1 in cui Paolo lo riferisce al suo perseverare nel ministero senza perdersi dโ€™animo, senza cioรจ scoraggiarsi pur nelle difficoltร  apostoliche e in mezzo ai problemi che le comunitร  gli procuravano. In 2Cor 4,16 Paolo afferma che non si scoraggia pur vedendo il suo crescente affaticamento, il suo invecchiamento, la sua maggiore debolezza, ma riesce ad accompagnare il declino di forze con lโ€™irrobustimento interiore. Irrobustimento dovuto alla fede nel Signore e alla preghiera che sempre accompagna Paolo nel suo lavoro apostolico e nei rapporti con i membri delle differenti comunitร  da lui fondate. In Gal 6,9 questo verbo รจ usato in parallelo con il verbo eklรฝein, โ€œdesistereโ€. Ci sono situazioni di ostilitร  aperta o latente che stancano, che tolgono forza e motivazioni, che inducono la tentazione apostatica, di abbandono, ed ecco che nella preghiera insistente e perseverante le ostilitร  portate da altri e da situazioni esterne (come nella nostra parabola dallโ€™avversario e dal giudice iniquo) diventano lโ€™occasione per trovare saldezza nel Signore. Non negli altri, ma nel Signore.

Lโ€™importanza accordata da Luca alla perseveranza รจ anche connessa alla situazione della comunitร  cristiana a cui si rivolge il terzo vangelo: una comunitร  in cui รจ ormai presente il fenomeno del rilassamento della fede e della preghiera. A distanza di qualche decennio dagli eventi della vita di Gesรน, la comunitร  conosce casi di mondanizzazione della fede e di abbandono (cf. Lc 8,13). Luca avverte: abbandonare la preghiera รจ lโ€™anticamera dellโ€™abbandono della fede. Il passare del tempo รจ la grande prova della fede e della preghiera. La preghiera insistente fa della fede una relazione quotidiana con il Signore. La fatica di perseverare nella preghiera รจ la fatica di dare del tempo alla preghiera, e il tempo รจ la sostanza della vita. Pregare รจ dare la vita per il Signore. La preghiera comporta un confronto con la morte e per questo spesso ci risulta ostica: pregando, non โ€œfacciamoโ€ nulla, non โ€œproduciamoโ€, ci vediamo sterili e inefficaci. Ma essa รจ lo spazio e il tempo che noi predisponiamo affinchรฉ il Signore faccia qualcosa di noi.

La preghiera della vedova che chiede giustizia indica anche gli aspetti di audacia e di determinazione della preghiera. La preghiera non si vergogna di chiedere, non esita a insistere, non cessa di bussare, non teme di importunare. La preghiera esige coraggio. Il coraggio della fede che conduce a non lasciar perdere, a non tralasciare, a non dire: โ€œNon serve a nullaโ€.

Alla luce di queste considerazioni sulla preghiera si comprende cosa significhi la โ€œnecessitร โ€ di cui parla Gesรน introducendo la parabola. Lโ€™espressione greca (deรฎn; latino: oportet) non ha nulla a che fare con una logica di dovere: pregare senza venir meno alla fatica e alla gioia della preghiera รจ semplicemente una necessitร  vitale. Grazie ad essa, la nostra esistenza quotidiana viene inserita nella storia di salvezza, nella storia cioรจ che la fede ci dice essere guidata da Dio. O meglio, grazie alla preghiera, noi prendiamo coscienza che la nostra quotidianitร , cosรฌ intersecata con vicende di male, di banalitร , di non senso, di mediocritร , puรฒ trovare un senso nella piรน ampia storia che Dio conduce con noi e con il mondo. La preghiera accorda il nostro respiro al respiro di Dio.

I vv. 6-8 operano il trapasso dalla parabola alla realtร  della vita di fede e della chiesa. La vedova ostinata diviene immagine della comunitร  cristiana in cui gli eletti, i battezzati, soffrono situazioni di emarginazione e ingiustizia e gridano a Dio giorno e notte. Gesรน, dopo aver mostrato che perfino un giudice iniquo arriva a fare giustizia cedendo allโ€™insistenza della vedova, afferma che a maggior ragione Dio farร  giustizia a chi grida a lui incessantemente e certo non tarderร . Credo che il verbo makrothymeรฎn (v. 7) vada inteso nel senso di tardare (โ€œnon tarderร  nei loro confrontiโ€, โ€œnon li farร  aspettare a lungoโ€) come appare anche nel passo di Sir 35,21-22, che presenta una tematica analoga e come ribadito in Lc 18,8 dicendo che Dio farร  giustizia โ€œprontamenteโ€ (en tรกchei). Qui emerge anche un insegnamento sulla dimensione escatologica della preghiera. Alla

domanda rivoltagli dai farisei โ€œQuando verrร  il Regno di Dio?โ€ (Lc 17,20), Gesรน ha risposto nel capitolo precedente (cf. Lc 17,21-37), ma ora completa la sua risposta con una contro-domanda: โ€œIl Figlio dellโ€™Uomo, quando verrร , troverร  la fede sulla terra?โ€ (Lc 18,8). Non si tratta di porre domande sulla venuta finale, ma di cogliere la venuta finale del Signore come domanda, e domanda che interpella i cristiani sulla fede. A noi che spesso ci chiediamo: โ€œDovโ€™รจ Dio?โ€, โ€œDovโ€™รจ la promessa della venuta del Signore?โ€ (2Pt 3,4), risponde il Signore che chiede conto a noi della nostra fede: โ€œDovโ€™รจ la vostra fede?โ€ (Lc 8,25). La venuta del Signore non รจ tema di astratte speculazioni teologiche, ma realtร  di fede da viversi e sperimentarsi come attesa e desiderio nella preghiera.

A cura di: Luciano Manicardi

Per gentile concessione del Monastero di Bose

- Pubblicitร  -