Speranza e responsabilitร
Che cosa celebriamo nella solennitร dellโAscensione del Signore? Innanzitutto il compimento della missione del Figlio: โSono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al padreโ (Gv 16,28). Il mistero dellโamore di Dio per lโuomo, manifestato come discesa e abbassamento nellโincarnazione, trova la sua pienezza nellโAscensione, con cui il Figlio porta nella vita trinitaria la carne umana e ci conduce a confessare che alla destra del Padre siede ormai un corpo umano, la carne di Cristo che รจ anche la nostra carne, la condizione della nostra umanitร . Nel Cristo asceso โquale primogenito tra molti fratelliโ (Rm 8,29) cโรจ la caparra della nostra destinazione ultima, cโรจ la memoria della nostra chiamata alla piena โpartecipazione alla natura divinaโ (2Pt 1,4). Cosรฌ lโAscensione celebra anche il mistero della salvezza a cui siamo chiamati: la vita in Dio per sempre nel Figlio. E infine nellโAscensione contempliamo il compimento di una parola della Scrittura. Il Cristo che sale al cielo e siede alla destra del Padre adempie al comando โSiedi alla mia destraโ (Sal 110,1) rivolto da Dio al re-messia nellโAntico Testamento e che accompagnava lโascesa al trono e la presa di possesso, da parte del nuovo re, del palazzo regale che si trovava appunto alla destra del Tempio, della dimora di Dio. LโIncarnazione e lโAscensione sono allora i due poli di un unico mistero di obbedienza del Figlio alla volontร di amore e di salvezza universale del Padre.
Ora, dellโevento dellโAscensione ci parla soprattutto Luca (nel vangelo: Lc 24,50-51 e anche negli Atti degli Apostoli: At 1,2.9-11), ma anche lโevangelista Marco, in una menzione concisa allโinterno della finale aggiunta al testo originario del vangelo. Cosรฌ dice il secondo vangelo: โIl Signore Gesรน, dopo aver parlato agli Undici, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dioโ (Mc 16,19). โDopo aver parlatoโ: il Cristo ascende al cielo dopo aver lasciato una parola ai discepoli. Il suo distacco dai discepoli non รจ muto, ma accompagnato da parole. Qui si parla delle parole rivolte agli Undici, ma di certo i discepoli dovranno ricordare tutte le parole che Gesรน ha rivolto loro durante gli anni della loro vita itinerante vissuta insieme. Gesรน lascia le parole che diverranno gli scritti evangelici. Le sue parole sono la sua ereditร che egli lascia ai discepoli e di cui essi sono ora responsabili.
Le parole poi, dice Qoelet, โsono come frecceโ (Qo 12,11): esse indicano, orientano, danno un senso e una direzione. Sono dunque unโaltra forma di presenza del Signore. Forma che implica la memoria e lโinterpretazione da parte dei discepoli. Si tratta di ricordare ciรฒ che il Signore ha detto e di interpretalo per viverlo nel nuovo contesto. Di certo, nel testo odierno di Marco, tra le parole pronunciate da Gesรน immediatamente prima della sua ascensione al cielo, vi รจ il comando di andare e annunciare il vangelo ovunque: la missione e la predicazione della chiesa coprono il โvuotoโ dellโassenza fisica di Gesรน. โAndate in tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creaturaโ (Mc 16,15). Sta alla chiesa visibilizzare il volto di Cristo nel tempo in cui lโascensione lโha sottratto alla
vista, nel tempo tra la Pasqua e la Parusia. Sta alla chiesa renderlo presente tra gli uomini. โLa sorte di Dio ci รจ affidata nella misura in cui, portatori di Dio in questo mondo, รจ dal nostro atteggiamento che dipenderร la conoscenza e lโimmagine che gli uomini si faranno di Dio. Dio stesso potrร essere buono, giusto e salvatore di un certo uomo soltanto se, in quel dato momento e in quelle date circostanze, io sarรฒ buono e giusto con quellโuomo esercitando cosรฌ nei suoi confronti, in qualche modo, quella potenza di salvezza che mi รจ stata comandata da Dio. Come dicevano i Padri della chiesa, noi siamo le mani e le braccia di Dioโ (Adolphe Geschรฉ).
Tuttavia, se la parola dellโannuncio a ogni creatura si riferisce certamente anzitutto agli esseri umani, รจ pur vero che dietro a quellโโogni creaturaโ possiamo vedere tutto ciรฒ che รจ uscito dalle mani creatrici di Dio. Possiamo vedere pertanto le creature animate e inanimate, anchโesse destinatarie della buona novella. โOgni creaturaโ abbraccia anche animali e piante, ruscelli e colli, erbe e fiori, insomma tutte le creature che sono dichiarate anchโesse destinatarie dellโannuncio pasquale che promette la trasfigurazione di questo mondo in cieli e terra nuovi. Ci sono una fratellanza e una sororitร che non si limitano agli umani, ma che comprendono tutte le creature. San Francesco lo sapeva bene, lui che nella sua predicazione si rivolgeva anche agli animali e che proclamava lโamicizia con tutti gli elementi del creato. Ma che significa annunciare il vangelo a ogni creatura? Sempre san Francesco afferma, rivolto ai suoi frati: โPredicate sempre il vangelo e, se fosse necessario, anche con le paroleโ. Predicare sempre significa che la predicazione non puรฒ essere unโattivitร solamente verbale, ma deve investire lโessere stesso della persona in tutte le sue modalitร espressive e relazionali. Significa diventare vangelo vivente: esprimere il vangelo con parole e silenzi, con gesti e sguardi, con tutto se stesso. Questo annuncio nasce da uno sguardo evangelizzato che vede in ogni realtร una traccia della presenza divina, uno sguardo che si lascia ferire dalla precarietร del fiore che appassisce, dalla sofferenza dellโanimale ferito, dalla pazienza della terra. Annunciare il vangelo a ogni creatura, ovvero entrare sempre piรน nella compassione verso per tutto ciรฒ che esiste, che vive e che muore. Questa estensione universale della presenza di Dio nel Cristo risorto e asceso al cielo, รจ suggerita da Paolo quando afferma: โChe significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiรน sulla terra? Colui che discese รจ lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli per essere pienezza di tutte le coseโ (Ef 4,9-10). Il Cristo risorto, divenuto spirito vivificatore al cuore delle umili realtร terrene, รจ ormai presente ovunque, riempie ogni spazio.
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Il modello poi della missione e della predicazione a cui il Risorto che ascende al cielo destina i discepoli, รจ Gesรน stesso che aveva iniziato il suo ministero predicando il Regno di Dio e chiedendo conversione e fede nel vangelo (cf. Mc 1,14-15). E poichรฉ il Risorto continua a precedere i discepoli (cf. Mc 16,7), la missione si configura come sequela di Cristo. Lโandare cui essi sono invitati altro non รจ che un seguire. Solo cosรฌ la missione sarร sacramento della presenza del Signore tra gli uomini. Come era la missione svolta dagli Undici, in cui era presente e attivo il Signore stesso. โGli Undici predicarono dappertutto, mentre il Signore cooperava (con loro) e confermava la parola con i segni che lโaccompagnavanoโ (Mc 16,20). Affermando che il Signore coopera con gli Undici nella loro missione e conferma la parola del loro annuncio, la chiesa primitiva esprime la sua fede nel Risorto quale soggetto della missione della chiesa. E poichรฉ la missione avviene con parole e gesti intimamente connessi, ecco che lโazione di sinergia e di conferma della parola attuata dal Signore si esplica in โsegniโ (Mc 16,20).
E se la missione della chiesa tende a suscitare lโadesione teologale, la fede nel Signore, essa avviene grazie alla fede. Gli inviati, i predicatori sono i primi chiamati alla fede. Nel testo evangelico si parla della cooperazione del Signore alla missione ecclesiale in termini analoghi a quelli che troviamo in At 14,3: โ(Paolo e Barnaba) parlavano fiduciosi nel Signore, che rendeva testimonianza alla predicazione della sua grazia e concedeva che per mezzo loro si operassero segni e prodigiโ. ร la fede in Gesรน risorto e asceso al cielo lo spazio di azione della grazia e di manifestazione della sua potenza e feconditร . Chiesa evangelizzatrice รจ, semplicemente, una chiesa credente.
Mentre dunque nel Cristo asceso al cielo il credente contempla la ricapitolazione in Dio di tutta lโumanitร , nella storia egli vede la missione della chiesa che annuncia il vangelo a ogni creatura. Questo, pertanto, il messaggio che dallโAscensione discende alla chiesa: speranza e responsabilitร . Speranza della trasfigurazione universale, responsabilitร di rendere presente Cristo a ogni creatura. Anzi, la speranza diviene la responsabilitร che i credenti hanno nei confronti di tutta lโumanitร . Lโevangelizzazione dischiusa dallโAscensione implica la capacitร di destare speranza, di aprire spiragli di senso nella vita e nella storia degli uomini. Implica la sovrana libertร di chi sa di essere cittadino del cielo, dove โil Cristo รจ seduto alla destra di Dioโ (Col 3,1), di chi รจ cosciente di essere โnel mondo, ma non del mondoโ (cf. Gv 17,11.14). E implica la fede che il battesimo รจ lโatto con cui Dio โci ha resuscitati con Cristo e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesรนโ (Ef 2,6). I battezzati sono dei con-risorti e dei con-ascesi al cielo con Cristo: questo aspetto della fede non รจ per nulla unโeresia di anticipazione, anzi, รจ il richiamo alla fede in Cristo, alla partecipazione alle energie della sua resurrezione, alla testimonianza escatologica che รจ compito della Chiesa. LโAscensione, infatti, รจ caparra della venuta nella gloria di Cristo: โQuesto Gesรน, che รจ stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerร un giorno allo stesso modo in cui lโavete visto andare in cieloโ (At 1,11).
A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose



