Che dici di te stesso?
Il brano evangelico della terza domenica di Avvento โ la domenica Gaudete, tradizionalmente posta sotto il segno della gioia per lโapprossimarsi della memoria dellโevento dellโincarnazione โ, in questa annata liturgica B รจ formato da uno stralcio del prologo del IV vangelo, 1,6-8, e dai vv. 19-28 sempre del primo capitolo, che danno inizio al racconto giovanneo. Ciรฒ che unisce i due brani รจ il tema della testimonianza di Giovanni il Battista nei confronti di Gesรน: il IV vangelo ama presentare Giovanni con la categoria della testimonianza. Dopo aver presentato il Verbo, la Parola che era presso Dio e che รจ vita e luce degli uomini, l’autore del IV vangelo sente il bisogno di parlare di Giovanni il Precursore, di colui che venne come lampada a preparare la strada alla Luce, a Cristo luce del mondo. Il IV vangelo ci mostra l’inestricabile rapporto tra il Messia e chi lo precede, tra la Luce e chi l’annuncia senza essere la luce, tra la Parola e la voce che non รจ il Logos, tra colui che dirร Io sono (Gv 4,26; 6,20.35.41.48.51; 8,12; ecc.) e colui che dice Io non sono (โIo non sono il Cristoโ: Gv 1,20). Il rapporto tra Giovanni e Gesรน puรฒ essere evocato con lโespressione: lucem demonstrat umbra, cioรจ: l’ombra รจ la prova della luce. Sono due dimensioni che non possono stare l’una senza l’altra, come non puรฒ stare l’ombra senza ciรฒ di cui รจ ombra, ma sono in vitale relazione reciproca. Nรฉ si tratta di due dimensioni assolute, perchรฉ come รจ invivibile il buio pesto, cosรฌ รจ altrettanto insopportabile la luce abbagliante. Giovanni dunque come ombra del Messia, cioรจ come colui che lo accenna, lo abbozza, lo prefigura.
Nei vv. 6-8 Giovanni รจ presentato come uomo mandato da Dio. Non si narra la vocazione, non si danno notazioni biografiche, non si accenna alla situazione storica: si dice solo che รจ stato inviato da Dio. Anche Giovanni avrร avuto un percorso, un cammino esistenziale, ma il IV vangelo non ne dice nulla, e si limita allโessenziale: era un uomo di Dio. Questo essere inviato da Dio lascia tuttavia spazio ad almeno tre cose che di lui si possono dire: il nome, la missione, ciรฒ che lui non รจ. Questo รจ racchiuso nei vv. 6-8.
Anzitutto il nome: โIl suo nome: Giovanniโ (Gv 1,6). Il nome Jochanan significa โIl Signore fa graziaโ. Il suo nome rinvia alla grazia di Dio, al piegarsi di Dio sullโuomo che รจ lโatto misericordioso di Dio fonte di ogni vocazione e missione. ร lโatto sovrano con cui il Signore guarda dallโalto la creatura e se ne prende cura. Ed รจ ciรฒ che, intuito dallโuomo, sta alla radice della sua vocazione e della sua missione.
Quindi la missione: egli venne per la testimonianza, per dare testimonianza alla luce (Gv 1,7). Giovanni viene come testimone. Egli รจ il paradossale testimone che precede il Messia. Cosรฌ Giovanni diviene figura di ogni credente che รจ chiamato a essere testimone, ma certo, testimone che segue il Messia, che viene dopo il Signore.
Infine ciรฒ che lui non รจ: โNon era lui la luceโ (Gv 1,8). Egli era solo il testimone della luce. In veritร , non solo Giovanni, ma nessuno รจ la luce vera che illumina ogni uomo, se non il Cristo, e nessuno puรฒ dire in veritร โIo sonoโ, nemmeno la chiesa, ma solo il Cristo. Giovanni ci insegna che lโidentitร di ogni persona implica un limite, un negativo, un โnonโ. Ogni identitร รจ parzialitร , รจ rigetto di onnipotenza e accoglienze di un limite.
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Ma se questa รจ la presentazione nel prologo, ecco che lโinizio della parte in prosa del IV vangelo ci mostra Giovanni come colui che rende attivamente testimonianza al Veniente. Come rende testimonianza? โQuestaโ, dice il vangelo, โรจ la testimonianza di Giovanni quando i Giudei mandarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti per interrogarloโ. Se Giovanni รจ stato mandato da Dio (1,6), sacerdoti e scribi sono mandati dai Giudei (1,19), piรน precisamente, dai farisei (1,24). Il contrasto si impone. E nellโinterrogatorio di Giovanni il Precursore che apre il IV vangelo giร si intravede lโinterrogatorio che Gesรน stesso subirร ad opera del mondo e che attraversa lโintero IV vangelo per sfociare nel processo vero e proprio.
Giovanni poi appare come testimone anzitutto in quanto responsabile: egli risponde alle domande che gli sono poste. E risponde anzitutto di se stesso. Per poter parlare di Cristo occorre saper rispondere di sรฉ: โChe cosa dici di te stesso?โ (1,22). Non di argomenti teologici, ma di te stesso, non degli altri, ma di te stesso, non del mondo, ma di te stesso. Se il testimone รจ colui che suscita domande negli altri, non tanto colui che prende la parola per indirizzarsi agli altri, ma piuttosto una persona la cui vita รจ tale che agli altri accade, vedendolo, di interrogare se stessi sulla propria vita e di interrogare il testimone sullโorigine della sua diversitร , ecco che Giovanni non si sottrae alla domande che lo vagliano, lo mettono in crisi e indagano la sua singolaritร . Giovanni non si difende da queste domande, ma le affronta e vi risponde senza mentire. โEgli confessรฒ e non negรฒ e confessรฒโ (1,20): egli non mentรฌ. Giovanni accetta di rispondere di se stesso, accoglie le domande su di sรฉ non come aggressione o intrusione, ma come occasione di chiarezza su di sรฉ e di veritร davanti a tutti. Perchรฉ la missione รจ pubblica e il ministero, ogni ministero ecclesiale, non lo si vive nel nascondimento, come nella logica chiusa della setta, ma รจ giustamente esposto al giudizio e alla critica altrui. La testimonianza cristiana nasce nello spazio della responsabilitร , dove responsabilitร รจ capacitร di rispondere di sรฉ, del proprio ministero, delle motivazioni e delle modalitร del proprio servizio. ร la non-libertร che implica il rifiuto del dialogo, del confronto, della domanda, del presentare ad altri il proprio ministero e la propria condotta. La non-libertร che rifiuta tutto questo diventa irresponsabilitร e impossibilitร di testimoniare, perchรฉ a quel punto non si conosce in veritร nรฉ se stessi nรฉ colui di cui si dovrebbe testimoniare. Giovanni ci insegna che non abbiamo altra via verso la nostra veritร personale e la veritร della nostra relazione con il Signore, che non passi attraverso la crisi, la messa al vaglio di sรฉ, il confronto con lโaltro che ci interroga.
E tre sono essenzialmente le domande poste a Giovanni: โChi sei?โ (ripetuta tre volte: 1,19.21.22). Poi: โChe dici di te stesso?โ (1,22). Infine: โPerchรฉ battezzi?โ (1,25). Alla domanda โchi sei?โ del v. 19 il narratore aggiunge che Giovanni โconfessรฒ e non rinnegรฒ, e confessรฒโ dove la triplice ripetizione forse si riferisce alle tre risposte immediatamente successive: โIo non sono il Cristoโ, poi, alla domanda se lui sia Elia, โNon lo sonoโ, infine, alla domanda se sia il Profeta, โNoโ. Ma il verbo arnรฉomai (negare-rinnegare) suggerisce di vedervi un riferimento alla triplice sconfessione di Pietro, quando Pietro, interrogato a sua volta, ma non da una delegazione ufficiale inviata da Gerusalemme, bensรฌ da una serva portinaia (Gv 18,17), da servi e guardie (Gv 18,25), da un servo del sommo sacerdote (Gv 18,27), e interrogato sul suo essere discepolo di Gesรน, risponde prima โNon lo sonoโ (Gv 18,17), poi, ancora โNon lo sonoโ (Gv 18,25) e infine si dice solo che โrinnegรฒโ (Gv 18,27). Pietro mente. E mentire รจ misura di difesa di sรฉ, di sopravvivenza a qualcosa che viene sentito come troppo duro, tale da mettere in discussione il senso del proprio stare al mondo. Pietro pensa di proteggersi, di evitare il rischio di essere a sua volta arrestato, negando di essere discepolo di Gesรน. Pietro non รจ libero, e la sua menzogna lo mostra; Pietro รจ dominato dalla paura di perdersi e dallโansia di voler salvare se stesso. Se Pietro rinnega, Giovanni, al contrario, โnon rinnegรฒโ; se Pietro sconfessa Gesรน, Giovanni, al contrario, โconfessรฒโ. Se Pietro mente, Giovanni resta nella veritร .
Giovanni non si arroga un nome non suo, non prende il posto di un altro, e nega recisamente di identificarsi con le tre figure salienti dellโattesa giudaica dellโepoca: il Messia, lโElia che deve venire, il profeta escatologico. Giovanni, che pure ha visto indirizzarsi su di sรฉ attese colorate di tinte messianiche e che al dire di Gesรน stesso รจ stato profeta e piรน che profeta, sa abitare il proprio limite, sa integrare ciรฒ che lui non รจ nella sua identitร , sa cogliere fin dove lui puรฒ arrivare, sa obbedire. Dopo aver rifiutato la vertigine del porsi piรน in alto di se stesso, ecco che alla domanda che gli chiede di dirsi, egli risponde positivamente, rinviando alla fonte della sua obbedienza, la Scrittura: โIo, voce di chi grida nel deserto: spianate la via del Signoreโ (Gv 1,23). Ecco il luogo della sua pace: la parola del Signore obbedita e divenuta principio ordinatore della sua esistenza. Ecco allora che dopo aver negato e poi confessato, puรฒ dare la sua testimonianza al Messia in veritร , ovvero cogliendo se stesso in riferimento al Messia: โIo non sono degno di sciogliere il legaccio del suo sandaloโ (1,27). Io battezzo in acqua, lui in Spirito santo. Giovanni compie dunque la sua testimonianza, la sua confessione di fede coinvolta e partecipe del destino del suo Signore, nella piena coscienza della distanza fra sรฉ e il Messia. Nella conoscenza chiara di sรฉ, condizione necessaria per conoscere e confessare il Signore in veritร e non mentire su se stessi, non nascondersi a se stessi e ovviamente, agli altri. La testimonianza del Signore richiede questo processo di veritร personale.
A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose
