Il tempo rivela il cuore
La parabola evangelica di questa domenica รจ una sorta di visione teologica di una fase della storia della salvezza. Essa parla allegoricamente dellโevento pasquale messianico simbolizzate nelle nozze del figlio del re (v. 2); poi parla del rifiuto opposto ai missionari cristiani da parte di Israele rappresentato dagli invitati indifferenti o violenti fino allโomicidio (vv. 3-6); quindi della distruzione di Gerusalemme nel 70 d. C. (il re irato che fa perire gli uccisori e incendia la loro cittร : v. 7); poi parla dellโestensione della missione cristiana ai pagani, ai gentili, simbolizzati dagli invitati che si trovano ai crocicchi delle vie (vv. 8-10); infine fa riferimento al giudizio che incombe sui nuovi invitati, dunque sulla chiesa stessa (lโuomo che non ha lโabito nuziale: vv. 11-13). La chiesa, come Israele, รจ situata nellโorizzonte del giudizio. Anche tra i nuovi invitati che sono stati chiamati dopo che si era visto il rifiuto dei primi chiamati, vi sono quanti si mostrano indegni. Lโidea di Matteo รจ che, come Israele, anche la chiesa si trova sotto lโorizzonte del giudizio di Dio. Il testo insegna la reversibilitร della storia: ciรฒ che รจ avvenuto a Israele, puรฒ avvenire alla chiesa. Non รจ possibile alcuna lettura sostituzionista, cioรจ che intraveda la chiesa come sostituto di Israele. Certo, questo testo non รจ di immediata ermeneutica: non รจ semplice tradurlo in una parola rivolta a noi oggi. Possiamo tentare questa operazione sottolineando il fatto che qui noi siamo di fronte allโofferta di un dono, a una chiamata che chiede una risposta, unโadesione. Almeno cinque volte ricorre il verbo kalรฉo, che indica lโatto di chiamare. Cโรจ dunque una vocazione, una chiamata a partecipare alle nozze, gรกmos, termine che ricorre sette volte e che dunque svolge un ruolo centrale nel testo. Cโรจ un gioioso annuncio, un evangelo, ma alla gratuitร della chiamata corrispondono molte risposte deludenti e perfino incomprensibili. Il discorso si estende anche a chi ritiene di aver ricevuto una chiamata, una vocazione, e si trova di fronte al compito di fare del dono ricevuto una responsabilitร . Qui si innesta la nostra interpretazione della parabola.
La prima risposta che la chiamata riceve รจ il rifiuto della volontร : โgli invitati alle nozze non volevano venireโ (v. 3). Cโรจ una volontร negativa. Quella che qualcuno chiama โnolontร โ. Lโatto di volontร non riguarda poi soltanto il momento iniziale della risposta, ma tutto il tempo in cui tale risposta deve durare, e dunque tutta la vita. Lโatto di grazia mette in moto lโatto di volontร in chi vi risponde. Occorre non solo voler rispondere, ma voler continuare a rispondere ogni giorno alla chiamata, ovvero, dare memoria e continuitร alla volontร . Senza volontร la vocazione a cui si รจ risposto un tempo diviene un lasciarsi andare, un lasciarsi vivere. La volontร dona libertร , porta ciascuno a dire dei โsรฌโ e a opporre dei โnoโ. Essa chiede interioritร : la volontร la si decide in noi stessi. ร la capacitร di essere al tempo stesso chi comanda e chi obbedisce perchรฉ volere รจ rendersi obbediente a ciรฒ che si comanda a se stessi. E richiede fatica e sforzo. Certo, la volontร deve poggiare su un desiderio, su una passione, su una convinzione radicata e radicale, che coinvolge tutta la persona, soprattutto la sua dimensione emotiva, altrimenti presto o tardi fallirร , o condurrร la persona nella malattia psichica attraverso le strettoie e le violenze autoimposte del volontarismo. Lo sforzo buono, sorretto e motivato da un fine da perseguire, mostra la dimensione positiva di una dimensione spesso temuta e rimossa come la fatica. Cโรจ un soffrire buono e necessario perchรฉ finalizzato, orientato. Maurice Bรฉjart ha scritto: โLโarte vive di obblighi, che solo lโartista puรฒ e deve infliggersi; la libertร รจ illusione a un livello primario, la disciplina รจ indispensabile per trovare al termine di un percorso di ascesi, la vera libertร โ. E la psicanalista Franรงoise Dolto afferma: โNoi abbiamo bisogno di piacere, ma รจ la sofferenza, non il piacere che ci plasmaโ.
Un altro atteggiamento che puรฒ subentrare nella risposta alla chiamata รจ quello evidenziato nel v. 5: โEssi, non curandosene, andarono chi al proprio campo, chi al proprio commercioโ. ร la negligenza: illi autem neglexerunt (v.5). ร la trascuratezza e la superficialitร di chi non stima adeguatamente il dono ricevuto, la possibilitร di vita che gli รจ stata dischiusa e vi preferisce i propri angusti orizzonti, le proprie piccole attivitร , i propri interessi. In che consiste la negligenza? Anzitutto essa รจ non vigilanza, รจ lโintontimento di chi vive come se avesse a disposizione un tempo infinito e perciรฒ non sa valorizzare il momento presente, ma vive in una dimensione โsospesaโ, come in continuum atemporale. E vive in una lentezza esasperante, senza urgenze, senza fuoco, senza passione. Recuperare lโantica saggezza che suggeriva lโesercizio spirituale di vivere ogni giorno come fosse lโultimo (facendo del ricordo della morte un principio positivo che conduce allโessenza della vita) oppure come fosse il primo (facendo di ogni nuova giornata una riedizione della nascita, sรฌ da rompere con le visioni abitudinarie e convenzionali e ritrovare la freschezza dello stupore di chi vede il mondo per la prima volta) e compiere tale esercizio nella fede del Dio creatore e datore di vita e del Signore che verrร alla fine del mondo e del tempo, potrebbe ridare adesione al reale al credente chiamato a vivere il tutto dellโamore per Dio e per gli uomini nel frammento del momento presente, lโunico su cui si ha veramente una presa. Se non si รจ vigilanti si rischia di annegare nel quotidiano, nella superficialitร del quotidiano, in quella catastrofe che il quotidiano puรฒ divenire. โCome furono i giorni di Noรจ, cosรฌ sarร la venuta del Figlio dellโuomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noรจ entrรฒ nellโarca e non si accorsero di nulla finchรฉ venne il diluvio e travolse tutti: cosรฌ sarร anche la venuta del Figlio dellโuomoโ (Mt 24,37-39). Prima di annegare nel diluvio, la generazione di Noรจ รจ annegata nella propria incoscienza, nella non vigilanza, nellโinconsapevolezza. ร annegata in un quotidiano divenuto orizzonte totalizzante e stordente, un presente, come dice la nostra parabola, fatto di affari propri assolutizzati e ritenuti la cosa piรน importante di tutte anche se sono solo inezie. Non รจ nella profonditร che si annega, ma nella superficialitร .ย […]
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A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose
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