Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 11 Giugno 2023

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Sotto la guida del corpo

โœ๏ธย Commento al brano del Vangelo di:ย ย โœย Gv 6,51-58ย –ย Corpus Domini

La festa odierna fa memoria del corpo e del sangue di Cristo. Ed รจ anzitutto una memoria cristologica: ricordiamo Gesรน nella sua umanitร , nel suo essere segnato da fragilitร  e caducitร  come ogni umano, ma anche nel suo saper vivificare la sua condizione di debolezza amando e facendo la volontร  del Padre. E cosรฌ ci insegna che debolezza e fragilitร  non sono di per sรฉ ostacolo allโ€™amore e al servizio, ma anzi ne sono il luogo e la possibilitร . Inoltre รจ una memoria ecclesiologica. Paolo lo ricorda nella seconda lettura: partecipando al banchetto eucaristico, i credenti comunicano al corpo e al sangue di Cristo, alla sua vita che si trasfonde in loro e li rende corpo. Ma lโ€™umanitร  di Gesรน ci rinvia anche a Israele e oggi noi facciamo memoria anche della carne e del sangue del popolo santo, il popolo a cui appartiene lโ€™ebreo Gesรน.

Sia il discorso di Gesรน nella sinagoga di Cafarnao (vangelo: Gv 6,51-58), sia il discorso che Paolo rivolge ai cristiani di Corinto (seconda lettura: 1Cor 10,16-17) sono innestati su una lettura tipologica della storia dโ€™Israele a cui rinvia direttamente la prima lettura (Dt 8,2-3.14b-16a). Memoria dโ€™Israele, memoria di Gesรน il Cristo, memoria della Chiesa, lโ€™odierna celebrazione presenta anche una valenza eucaristica (1Cor 10,17). Questa festa ricorda pertanto la centralitร  del corpo nella rivelazione cristiana. Ha scritto il teologo Adolphe Geschรฉ: โ€œNel cristianesimo tutto ruota attorno al corpo. Dal Verbo che si fece carne allโ€™eucaristia; dalle guarigioni di Gesรน al corpo che รจ la chiesa; dalla creazione alla resurrezione e allโ€™escatologia โ€ฆ Il tema della corporeitร , come interpretata dalle Scritture cristiane, potrebbe bastare a dare intelliggibilitร  a tutto il messaggio cristiano. Il cristianesimo sarebbe come un trattato e una pratica del corpo. Dopo il Nuovo Testamento non รจ possibile parlare nรฉ di Dio nรฉ dellโ€™uomo nรฉ di morale nรฉ di vita eterna senza parlare del corpo. Cosรฌ, tutto si dice e si fa, per cosรฌ dire,ย sub ductu corporis, โ€˜sotto la guida del corpoโ€™โ€.

Le tre letture presentano un messaggio comune inerente lโ€™appartenenza. Se il vangelo insiste sullโ€™appartenenza a Cristo legandola al โ€œmangiare meโ€, al nutrirsi di Cristo pane vivo, allโ€™ascoltare e interiorizzare la sua parola fino a porre in Cristo la propria fede, la seconda lettura parla dellโ€™appartenenza alla comunitร  trattando dellโ€™eucaristia (โ€œbenchรฉ molti, noi formiamo un corpo soloโ€); la prima lettura dal canto suo suggerisce che per non appartenere a sรฉ stessi, per essere cioรจ liberati dallโ€™orgoglio, si deve passare per la via delle umiliazioni.

La prima lettura รจ giocata sulla polaritร  umiliazione โ€“ orgoglio; essere umiliato โ€“ inorgoglirsi. Il brano del Deuteronomio inizia con lโ€™imperativo del ricordo. La memoria ci aiuta a fare qualcosa del nostro passato. Ricordare significa fare qualcosa di ciรฒ che si รจ vissuto. Far sรฌ che il passato diventi parte di noi senza distruggerci, ma costruendoci. Ciรฒ che viene ricordato, infatti, รจ anche materia dolorosa: la fame patita, la sete sofferta, gli animali pericolosi, scorpioni e serpenti velenosi. Il ricordo tesse in unitร  i fili diversi e sparsi di una vicenda e crea una narrazione, dร  un posto a elementi sconnessi o frammentari, perchรฉ arrivino a costituire un tutto unitario. Recuperando a un senso anche il dolore patito nel passato, si dร  un possibile senso allโ€™oggi e si crea la sopportabilitร  del presente.

La memoria ci rende appartenenti alla nostra storia, integra in noi quel passato che rischierebbe di tenerci in ostaggio e di essere un peso non integrato. E ciรฒ che non รจ integrato, disgrega e disintegra. Nel ricordo che Israele รจ invitato a vivere cโ€™รจ lโ€™esperienza della fame nel deserto, vista come umiliazione. โ€œIl Signore ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di mannaโ€ (v. 3); โ€œnel deserto il Signore ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri, per umiliartiโ€ (v. 16). La fame come umiliazione: essa infatti ci rende coscienti che siamo degliย esseri di bisogno, che non bastiamo a noi stessi. Il cibo รจ piรน forte di noi e noi ne abbiamo bisogno per vivere: tutto questo puรฒ essere visto come umiliazione. E dietro al cibo come umiliazione vi รจ un vissuto in cui non si รจ padroni del proprio destino, ma si dipende da altri. Allโ€™umiliazione si oppone lโ€™orgoglio, il voler controllare ciรฒ da cui dipendiamo.

La fede si innesta qui, nellโ€™accettare la debolezza creaturale, il corpo bisognoso che siamo, il corpo che รจ fatto di bisogni naturali, il corpo che รจ povero, non auto-sussistente, e sapere che, se abbiamo bisogno di nutrirlo, abbiamo bisogno di nutrire anche lo spirito con la parola di Dio. Il testo biblico parla di due dipendenze dellโ€™essere umano, entrambe da accettare. La dipendenza dal cibo e la dipendenza dal Signore e dalla sua parola. Entrambe sono vitali: siamo bisognosi di pane, ma anche della parola del Signore. โ€œNon di solo pane vive lโ€™uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dioโ€ (Dt 8,3). Al tempo stesso siamo bisognosi di parola del Signore, ma anche di pane. Lโ€™uomo biblico non รจ lโ€™essere che dice che โ€œsolo Dio mi bastaโ€, ma รจ colui che gioisce dei frutti della terra, del pane, dellโ€™olio e del vino, e ne ringrazia il Signore. Riconosce cioรจ il carattere di benedizione del cibo e nรฉ lo disprezza, nรฉ lo idolatra. Il cibo รจ memoria del Dio della benedizione. Lโ€™orgoglio isola, divide dagli altri e dalla realtร , mentre lโ€™esperienza dellโ€™umiliazione, del divenire coscienti della propria debolezza e dipendenza, ci apre alla libertร  di chi riconosce di esistere in quanto appartenente a un corpo.

Appartenenza che รจ significata nella seconda lettura dalla partecipazione eucaristica. Paolo ricorda, allโ€™interno di un discorso contro il rischio di cadere nellโ€™idolatria, che lโ€™eucaristia, il pane spezzato e il calice condiviso, danno forma al corpo che รจ la comunitร  cristiana. โ€œPoichรฉ vi รจ un solo pane, noi, che pure siamo molti, formiamo un solo corpoโ€ (1Cor 10,17). Questa la sfida difficile della comunitร : formare un solo corpo, in cui le membra sono differenti, hanno maggiore o minore visibilitร , funzioni diverse, pensieri diversi, e pure concorrono allโ€™unum del corpo. Questa รจ una sfida particolarmente difficile per il nostro oggi, in cui il senso dellโ€™appartenenza a un insieme, a unโ€™entitร  che superi lโ€™individualitร  รจ sentito come difficile o รจ apertamente rigettato. La stessa famiglia, sempre citata come cellula di base della societร , oggi รจ diventata la cellula di base dellโ€™individuo. Le entitร  collettive sono sempre piรน vissute come a servizio dellโ€™individuo, non il contrario. รˆ una sfida difficile perchรฉ il protagonismo individuale, la volontร  di emergere, di primeggiare sempre, confligge con lโ€™unitร  e lโ€™equilibrio del corpo comunitario, perchรฉ il pensiero di sรฉ ha spesso la meglio sul pensiero del noi, del corpo comune, perchรฉ lo stare al proprio posto viene spesso sentito come insopportabile e si vorrebbe occupare il posto di altri creando cosรฌ squilibrio nel corpo.

Infine, il testo di Giovanni si situa dopo la memoria del dono della manna durante il cammino nel deserto dei figli dโ€™Israele. Gesรน ha appena ammonito i suoi ascoltatori a non mormorare tra di loro (Gv 6,43) ripetendo il peccato dei figli dโ€™Israele nel deserto. La mormorazione รจ peccato che infrange lโ€™unitร  del corpo comunitario. Chi mormora non si sente legato agli altri, non si sente appartenente. Ora, il corpo comunitario sta insieme grazie alla parola del Signore che la fonda, ma anche grazie alle parole che i membri della comunitร  si scambiano e che possono edificare o distruggere. La vivibilitร  di una comunitร  cristiana รจ in buona parte connessa alla qualitร  e al tenore delle parole che vi circolano.

Per questo รจ essenziale la centralitร  dellโ€™ascolto della parola di Dio, del vangelo, per questo รจ vitale per ciascuno nutrirsi della parola di Dio, perchรฉ solo cosรฌ la comunitร  puรฒ strutturarsi sullโ€™unica base solida e puรฒ essere sottratta alle parole distraenti e dispersive che spesso sono il carattere delle parole scambiate in una comunitร . Spesso la vita comune, la vita ecclesiale รจ il luogo di quelle โ€œparole vaneโ€ che Gesรน stigmatizza (Mt 12,36). Per questo รจ anche cosรฌ la pratica del silenzio nella vita umana e cristiana, perchรฉ solo grazie al silenzio la parola acquisisce peso e sfugge al suo infausto destino di essere leggera, di essere chiacchiericcio, di essere divisiva o escludente, che uccide invece di dare vita. Del resto, secondo il discorso sul pane di vita in Gv 6, Gesรน รจ il pane di vita anzitutto in quanto Parola di Dio fatta carne,ย Lรณgosย che rivela perfettamente il Padre. Ma poi lo รจ anche in quanto cibo e bevanda eucaristici, in quanto corpo consegnato per amore che nel pane spezzato e nel vino versato trova il sigillo di una vita interamente donata per amore.

Pane e parole: forse in radice il compito spirituale del credente รจ imparare a parlare e a mangiare. Non suoni semplicistico o banale: parola e cibo sono i luoghi fondamentali di unโ€™appartenenza, sono gli elementi basilari che costruiscono una comunitร . Noi siamo legati gli uni agli altri dalla parola, e la tavola รจ il luogo che fonda la convivenza e rafforza i legami reciproci. Lรฌ, con la parola e con il pane, attorno a una tavola, si edifica un corpo comunitario e si cementa lโ€™appartenenza ad esso.

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A cura di: Luciano Manicardi

Per gentile concessione del Monastero di Bose