Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 10 Agosto 2025

Domenica 10 Agosto 2025 - XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C
Commento al brano del Vangelo di: Lc 12,32-48

Data:

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Il cuore custodito

Il brano del libro della Sapienza che costituisce il passo veterotestamentario di questa domenica (Sap 18,3.6-9) presenta una rilettura degli eventi dellโ€™esodo, in particolare, nei vv. 6-9, della notte pasquale. Lโ€™espressione โ€œquella notteโ€ di Sap 18,6 (ekeรญne e nรฝx) si trova tale e quale solo in Es 12,42 LXX a indicare appunto quella notte diversa da tutte le altre, la notte pasquale, la notte della salvezza per antonomasia.

Ebbene, in quella notte i figli dโ€™Israele ebbero โ€œcome guida di un viaggio sconosciutoโ€ (Sap 18,3) โ€œuna luce grandissimaโ€ (18,1), donata da Dio: una colonna di fuoco che รจ un sole che non nuoce (18,3) come potrebbe nuocere il sole in pieno giorno. E che il viaggio aspro e difficile dellโ€™esodo dallโ€™Egitto sia anche โ€œsconosciutoโ€ รจ legato al fatto che Dio fece fare ai figli dโ€™Israele non la via piรน breve, ma unโ€™altra strada (Es 13,16-17).

E se nellโ€™esodo Dio guidรฒ il suo popolo โ€œcome un greggeโ€ (Sal 77,21), il testo evangelico di questa domenica dice che il โ€œpiccolo greggeโ€ (Lc 12,32) dei discepoli di Gesรน รจ anchโ€™esso chiamato a tenersi desto e pronto, โ€œi fianchi cinti e le lucerne acceseโ€ (Lc 12,35; cf. Es 12,11), per compiere il viaggio notturno, il nuovo esodo, verso la luce e la salvezza (Lc 12,32-48).

Alla veglia di coloro che attendono la salvezza dei giusti (Sap 18,7) corrisponde, nella parabola evangelica, lโ€™attesa di coloro che, svegli, si tengono pronti ad accogliere il padrone che torna dalle nozze, la vigilanza dei discepoli che tengono viva la fiamma dellโ€™attesa del Signore credendo, nonostante tutto, alla promessa della sua venuta (Lc 12,35-40).

Il legame tra prima lettura e vangelo รจ riscontrabile anche nel comune riferimento alla sapienza. La colonna di fuoco che guida lโ€™esodo dei figli dโ€™Israele dallโ€™Egitto รจ identificata alla sapienza in Sap 10,17 (โ€œ[essa] li guidรฒ per una strada meravigliosa, divenne per loro riparo di giorno e luce di stelle nella notteโ€) e โ€œil tesoro nei cieliโ€ (Lc 12,33) di cui parla Gesรน รจ immagine della sapienza che va preferita, come ricchezza superiore e inarrivabile, a oro e argento, perle e preziosi (Pr 3,13-15; 8,10-11).

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Della prima lettura vale la pena sottolineare il fatto che, in linea con testi come Dt 16,5; Es 12,21 e Es 12,27: โ€œรˆ il sacrificio della Pasqua per il Signoreโ€, la Pasqua viene vista come sacrificio (Sap 18,9), ma un sacrificio offerto da tutto il popolo, a sottolinearne il carattere sacerdotale.

Nel contesto della notte pasquale si parla di un โ€œpattoโ€ (traduzione probabilmente da preferire a โ€œleggeโ€) sancito dai figli dโ€™Israele cosรฌ che la dimensione celebrativa si connette a una concreta dimensione di solidarietร  e fraternitร  che unisce lโ€™intero popolo.

La pericope evangelica si apre con lโ€™invito che Gesรน rivolge ai discepoli a โ€œnon temereโ€. Unita allโ€™appellativo denso di affettuosa tenerezza โ€œpiccolo greggeโ€, lโ€™esortazione suona come consolazione e invito allโ€™abbandono confidente, in piena continuitร  con le esortazioni a โ€œnon preoccuparsi (v. 22), … non inquietarsi (โ€œnon state a domandarviโ€: v. 29), โ€ฆ non essere in ansia (v. 29)โ€ fondate sulla cura provvidente di Dio che si manifesta nel mondo della natura.

Siamo qui di fronte allo sguardo di Gesรน capace di contemplazione, di imparare dagli uccelli del cielo e dallโ€™erba del campo, dai gigli e dai corvi. E la tenerezza dello sguardo di Gesรน si manifesta nel paragonare i pochi e poveri suoi discepoli a un gregge, al gruppo mite di pecore che abbisogna di guida, nutrimento, orientamento.

E se subito dopo chiede ai discepoli vigilanza e sobrietร  (vv. 35-48), cosรฌ come altrove chiede di pregare per chi li maltratta, di amare il nemico, di far del bene a chi li odia, di benedire chi li maledice (Lc 6,27-28), di amarsi gli uni gli altri (Gv 13,34), di farsi servi di tutti nella comunitร  (Mc 10,43-44), Gesรน chiede anche di โ€œguardare i corvi โ€ฆ di guardare come crescono i gigliโ€ (Lc 12,24.27), di โ€œosservare gli uccelli del cieloโ€ (Mt 6,26) di โ€œimparare la parabola dalla pianta di ficoโ€ (Mc 13,28).

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Colui che formula il comando di amare il nemico รจ lo stesso che chiede di contemplare gli animali, i fiori e le piante. Sono scindibili i due aspetti? O non devono piuttosto essere integrati?

Unico รจ il cuore di chi pronuncia quelle parole e, se anche alcune sono eticamente piรน impegnative, non per questo si devono sminuire o trascurare le altre. Lo sguardo contemplativo sulla natura insegna la dimensione simbolica del reale e diviene sguardo che trasfigura il reale, o meglio, lo vede in profonditร .

E come Gesรน vede la cura di Dio che nutre i corvi che non seminano e non mietono, cosรฌ vede il suo esiguo e anche mondanamente inconsistente e insignificante gruppo di seguaci, quale piccolo gregge destinatario del dono di Dio: โ€œal Padre vostro รจ piaciuto dare a voi il regnoโ€ (v. 32).

Proprio quella piccolezza abitata dalla fede rende i discepoli di Gesรน il luogo dove Dio puรฒ regnare. E perchรฉ il regnare di Dio possa sempre piรน trasparire nel gruppo dei discepoli, ecco che Gesรน esorta alla liberalitร , alla generositร , al dare in elemosina: condividere i beni รจ per Luca un segno concreto del regnare di Dio nella comunitร  dei credenti.

Poco prima Gesรน aveva messo in guardia dallโ€™accumulare tesori per sรฉ e non arricchire davanti a Dio (12,21), ora invita a crearsi un tesoro nei cieli, non ad arricchire su questa terra accumulando beni che illudono solamente di sicurezza, esposti come sono al logoramento e alla precarietร .

Qual รจ il nesso che unisce questi ammonimenti (vv. 33-34) alle parabole successive centrate sul tema della vigilanza in vista della venuta del Signore (vv. 36-38; 39-40; 42-46)?

Non รจ facile vivere lโ€™attesa: essa assomiglia a un vuoto che sentiamo il bisogno di colmare per placare lโ€™ansia e lโ€™angoscia, lโ€™horror vacui. Del resto la venuta nella gloria del Signore รจ lโ€™articolo di fede che ha meno impatto nella vita concreta dei credenti.

Ora, come i figli dโ€™Israele non seppero sostenere il prolungarsi dellโ€™assenza di Mosรจ salito sul Sinai e si fabbricarono il vitello dโ€™oro (Es 32,1), simbolo combinato di ricchezza e di potere, cosรฌ i cristiani possono non sopportare la non-venuta del Messia e divenire idolatri assolutizzando le cose penultime (anzitutto denaro e ricchezze) e finendo nel disordine e nellโ€™aggressivitร , nella violenza e negli eccessi (Lc 12,45).

Dove si situa il punto di equilibrio? Nella vigilanza: essere pronti e svegli (vv. 35.37.40), intenti al proprio compito e dediti al proprio servizio (v. 43).

รˆ grazie alla vigilanza che il cuore viene custodito nellโ€™essenziale, resta attento al Signore, non si lascia tiranneggiare dai pensieri che lo distraggono e gli fanno deviare il cammino.

E se il tesoro dellโ€™uomo รจ lร  dove si trova anche il suo cuore (v. 34), ecco che la vigilanza, che รจ rapporto equilibrato con se stessi, con il proprio corpo, con le cose, con gli altri, con Dio, รจ lโ€™atto fondamentale che consente al credente di vivere con equilibrio lโ€™oggi nellโ€™attesa del Signore, la storia nella prospettiva escatologica.

Colui invece che si lascia andare e si ottunde, smarrendo luciditร  e presenza a se stesso, arriva a stravolgere anche il rapporto con gli altri lasciando campo aperto a forze disgreganti e distruttive.

Il Signore proclama beato il servo che, alla sua venuta, sarร  trovato intento al suo servizio (v. 37). Ovvero il servo che trova la sua gioia nel servire i fratelli e le sorelle. Chi ama, ama servire le persone amate.

E per lui รจ una gioia anche se costa fatica. Ma ecco la sorpresa: i servi fedeli che il Signore alla sua venuta troverร  vigilanti vedranno il Signore stesso farsi loro servo (v. 37) nel banchetto escatologico.

Sorpresa, in realtร , fino a un certo punto. Infatti, il rovesciamento dei ruoli riprende ciรฒ che il Signore Gesรน ha sempre fatto durante tutta la sua vita: farsi servo dei suoi servi.

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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