Il cuore custodito
Il brano del libro della Sapienza che costituisce il passo veterotestamentario di questa domenica (Sap 18,3.6-9) presenta una rilettura degli eventi dellโesodo, in particolare, nei vv. 6-9, della notte pasquale. Lโespressione โquella notteโ di Sap 18,6 (ekeรญne e nรฝx) si trova tale e quale solo in Es 12,42 LXX a indicare appunto quella notte diversa da tutte le altre, la notte pasquale, la notte della salvezza per antonomasia.
Ebbene, in quella notte i figli dโIsraele ebbero โcome guida di un viaggio sconosciutoโ (Sap 18,3) โuna luce grandissimaโ (18,1), donata da Dio: una colonna di fuoco che รจ un sole che non nuoce (18,3) come potrebbe nuocere il sole in pieno giorno. E che il viaggio aspro e difficile dellโesodo dallโEgitto sia anche โsconosciutoโ รจ legato al fatto che Dio fece fare ai figli dโIsraele non la via piรน breve, ma unโaltra strada (Es 13,16-17).
E se nellโesodo Dio guidรฒ il suo popolo โcome un greggeโ (Sal 77,21), il testo evangelico di questa domenica dice che il โpiccolo greggeโ (Lc 12,32) dei discepoli di Gesรน รจ anchโesso chiamato a tenersi desto e pronto, โi fianchi cinti e le lucerne acceseโ (Lc 12,35; cf. Es 12,11), per compiere il viaggio notturno, il nuovo esodo, verso la luce e la salvezza (Lc 12,32-48).
Alla veglia di coloro che attendono la salvezza dei giusti (Sap 18,7) corrisponde, nella parabola evangelica, lโattesa di coloro che, svegli, si tengono pronti ad accogliere il padrone che torna dalle nozze, la vigilanza dei discepoli che tengono viva la fiamma dellโattesa del Signore credendo, nonostante tutto, alla promessa della sua venuta (Lc 12,35-40).
Il legame tra prima lettura e vangelo รจ riscontrabile anche nel comune riferimento alla sapienza. La colonna di fuoco che guida lโesodo dei figli dโIsraele dallโEgitto รจ identificata alla sapienza in Sap 10,17 (โ[essa] li guidรฒ per una strada meravigliosa, divenne per loro riparo di giorno e luce di stelle nella notteโ) e โil tesoro nei cieliโ (Lc 12,33) di cui parla Gesรน รจ immagine della sapienza che va preferita, come ricchezza superiore e inarrivabile, a oro e argento, perle e preziosi (Pr 3,13-15; 8,10-11).
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Della prima lettura vale la pena sottolineare il fatto che, in linea con testi come Dt 16,5; Es 12,21 e Es 12,27: โร il sacrificio della Pasqua per il Signoreโ, la Pasqua viene vista come sacrificio (Sap 18,9), ma un sacrificio offerto da tutto il popolo, a sottolinearne il carattere sacerdotale.
Nel contesto della notte pasquale si parla di un โpattoโ (traduzione probabilmente da preferire a โleggeโ) sancito dai figli dโIsraele cosรฌ che la dimensione celebrativa si connette a una concreta dimensione di solidarietร e fraternitร che unisce lโintero popolo.
La pericope evangelica si apre con lโinvito che Gesรน rivolge ai discepoli a โnon temereโ. Unita allโappellativo denso di affettuosa tenerezza โpiccolo greggeโ, lโesortazione suona come consolazione e invito allโabbandono confidente, in piena continuitร con le esortazioni a โnon preoccuparsi (v. 22), … non inquietarsi (โnon state a domandarviโ: v. 29), โฆ non essere in ansia (v. 29)โ fondate sulla cura provvidente di Dio che si manifesta nel mondo della natura.
Siamo qui di fronte allo sguardo di Gesรน capace di contemplazione, di imparare dagli uccelli del cielo e dallโerba del campo, dai gigli e dai corvi. E la tenerezza dello sguardo di Gesรน si manifesta nel paragonare i pochi e poveri suoi discepoli a un gregge, al gruppo mite di pecore che abbisogna di guida, nutrimento, orientamento.
E se subito dopo chiede ai discepoli vigilanza e sobrietร (vv. 35-48), cosรฌ come altrove chiede di pregare per chi li maltratta, di amare il nemico, di far del bene a chi li odia, di benedire chi li maledice (Lc 6,27-28), di amarsi gli uni gli altri (Gv 13,34), di farsi servi di tutti nella comunitร (Mc 10,43-44), Gesรน chiede anche di โguardare i corvi โฆ di guardare come crescono i gigliโ (Lc 12,24.27), di โosservare gli uccelli del cieloโ (Mt 6,26) di โimparare la parabola dalla pianta di ficoโ (Mc 13,28).
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Colui che formula il comando di amare il nemico รจ lo stesso che chiede di contemplare gli animali, i fiori e le piante. Sono scindibili i due aspetti? O non devono piuttosto essere integrati?
Unico รจ il cuore di chi pronuncia quelle parole e, se anche alcune sono eticamente piรน impegnative, non per questo si devono sminuire o trascurare le altre. Lo sguardo contemplativo sulla natura insegna la dimensione simbolica del reale e diviene sguardo che trasfigura il reale, o meglio, lo vede in profonditร .
E come Gesรน vede la cura di Dio che nutre i corvi che non seminano e non mietono, cosรฌ vede il suo esiguo e anche mondanamente inconsistente e insignificante gruppo di seguaci, quale piccolo gregge destinatario del dono di Dio: โal Padre vostro รจ piaciuto dare a voi il regnoโ (v. 32).
Proprio quella piccolezza abitata dalla fede rende i discepoli di Gesรน il luogo dove Dio puรฒ regnare. E perchรฉ il regnare di Dio possa sempre piรน trasparire nel gruppo dei discepoli, ecco che Gesรน esorta alla liberalitร , alla generositร , al dare in elemosina: condividere i beni รจ per Luca un segno concreto del regnare di Dio nella comunitร dei credenti.
Poco prima Gesรน aveva messo in guardia dallโaccumulare tesori per sรฉ e non arricchire davanti a Dio (12,21), ora invita a crearsi un tesoro nei cieli, non ad arricchire su questa terra accumulando beni che illudono solamente di sicurezza, esposti come sono al logoramento e alla precarietร .
Qual รจ il nesso che unisce questi ammonimenti (vv. 33-34) alle parabole successive centrate sul tema della vigilanza in vista della venuta del Signore (vv. 36-38; 39-40; 42-46)?
Non รจ facile vivere lโattesa: essa assomiglia a un vuoto che sentiamo il bisogno di colmare per placare lโansia e lโangoscia, lโhorror vacui. Del resto la venuta nella gloria del Signore รจ lโarticolo di fede che ha meno impatto nella vita concreta dei credenti.
Ora, come i figli dโIsraele non seppero sostenere il prolungarsi dellโassenza di Mosรจ salito sul Sinai e si fabbricarono il vitello dโoro (Es 32,1), simbolo combinato di ricchezza e di potere, cosรฌ i cristiani possono non sopportare la non-venuta del Messia e divenire idolatri assolutizzando le cose penultime (anzitutto denaro e ricchezze) e finendo nel disordine e nellโaggressivitร , nella violenza e negli eccessi (Lc 12,45).
Dove si situa il punto di equilibrio? Nella vigilanza: essere pronti e svegli (vv. 35.37.40), intenti al proprio compito e dediti al proprio servizio (v. 43).
ร grazie alla vigilanza che il cuore viene custodito nellโessenziale, resta attento al Signore, non si lascia tiranneggiare dai pensieri che lo distraggono e gli fanno deviare il cammino.
E se il tesoro dellโuomo รจ lร dove si trova anche il suo cuore (v. 34), ecco che la vigilanza, che รจ rapporto equilibrato con se stessi, con il proprio corpo, con le cose, con gli altri, con Dio, รจ lโatto fondamentale che consente al credente di vivere con equilibrio lโoggi nellโattesa del Signore, la storia nella prospettiva escatologica.
Colui invece che si lascia andare e si ottunde, smarrendo luciditร e presenza a se stesso, arriva a stravolgere anche il rapporto con gli altri lasciando campo aperto a forze disgreganti e distruttive.
Il Signore proclama beato il servo che, alla sua venuta, sarร trovato intento al suo servizio (v. 37). Ovvero il servo che trova la sua gioia nel servire i fratelli e le sorelle. Chi ama, ama servire le persone amate.
E per lui รจ una gioia anche se costa fatica. Ma ecco la sorpresa: i servi fedeli che il Signore alla sua venuta troverร vigilanti vedranno il Signore stesso farsi loro servo (v. 37) nel banchetto escatologico.
Sorpresa, in realtร , fino a un certo punto. Infatti, il rovesciamento dei ruoli riprende ciรฒ che il Signore Gesรน ha sempre fatto durante tutta la sua vita: farsi servo dei suoi servi.
Per gentile concessione del Monastero di Bose
