Lectio Divina del 15 Agosto 2018 – Ordine dei Carmelitani

1.  LECTIO
 

a)   Orazione iniziale:

Spirito Santo, Spirito di sapienza, di scienza, di intelletto, di consiglio, riempici, ti preghiamo della conoscenza della Parola di Dio, riempici di ogni sapienza e intelligenza spirituale per poterla comprendere in profondità. Fa che sotto la tua guida noi possiamo comprendere il vangelo di questa solennità mariana. Spirito santo abbiamo bisogno di te, il solo che continuamente modella in noi la figura e la forma di Gesù. E ci rivolgiamo a te, Maria, Madre di Gesù e della Chiesa, che hai vissuto la presenza inebriante e totalizzante dello Spirito Santo, che hai sperimentato la potenza della sua forza in te, che l’hai visto operante nel tuo Figlio Gesù sin dal grembo materno, apri il nostro cuore e la nostra mente, perché siano docili all’ascolto della Parola di Dio.

 

b)  Lettura del vangelo:

39In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in  fretta  una  città  di  Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce:

«Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? 44Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore».

46Allora Maria disse:

«L’anima mia magnifica il Signore

47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

48perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

49Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente. e Santo è il suo nome:

50di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.

51Ha spiegato la potenza del suo braccio,

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

52ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;

53ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. 54Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia,

55come aveva promesso ai nostri padri,

ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».

56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

c)   Momenti di silenzio orante:

 

Il silenzio è una qualità di chi sa ascoltare Dio. Impegnati a creare in te un atmosfera di pace e di silenziosa adorazione. Se sei capace di stare in silenzio davanti a Dio potrai ascoltare il suo respiro che è Vita.

2.  MEDITATIO
 

a)   Chiave di lettura: Benedetta tu fra le donne

Nella prima parte del vangelo odierno risuonano le parole di Elisabetta, «Benedetta tu fra le donne», precedute da un movimento spaziale. Maria lascia Nazaret, collocata al nord della Palestina, per recarsi al sud, a circa centocinquanta chilometri, in una località che la tradizione ha identificato con l’attuale Ain Karem, poco lontana da Gerusalemme. Il muoversi fisico mostra la sensibilità interiore di Maria, che non è chiusa a contemplare in modo privato ed intimistico il mistero della divina maternità che si compie in lei, ma è proiettata sul sentiero della carità. Ella si muove per portare aiuto alla sua anziana cugina. Il recarsi di Maria da Elisabetta è connotato dall’aggiunta ‘in fretta’ che sant’Ambrogio interpreta così «Maria si avviò in fretta verso la montagna, non perché fosse incredula della profezia o incerta dell’annunzio o dubitasse della prova, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall’intima gioia… La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze». Il lettore, però, sa che il motivo vero del viaggio non è indicato, ma lo può ricavare attraverso delle informazioni desunte dal contesto. L’angelo aveva comunicato a Maria la gravidanza di Elisabetta, già al sesto mese (cfr. v. 37). Inoltre il fatto che ella si fermerà tre mesi (cfr. v. 56), giusto il tempo perché il bambino possa nascere, permette di ritenere che Maria intendeva portare aiuto alla cugina. Maria corre e va là dove la chiama l’urgenza di una necessità, di un bisogno, dimostrando, cosi, una spiccata sensibilità e concreta disponibilità.

 

Insieme con Maria, portato in grembo, Gesù si muove con la Madre. Da qui è facile evincere il valore cristologico dell’episodio della visita di Maria alla cugina: l’attenzione è soprattutto su Gesù. A prima vista potrebbe sembrare una scena concentrata sulle due donne, in realtà, ciò che è importante per l’evangelista è il prodigio presente nel loro concepimento. La mobilitazione di Maria tende, in fondo, a far incontrare le due donne.

 

Appena Maria entra in casa e saluta Elisabetta, il piccolo Giovanni ha un sussulto. Secondo alcuni il sussulto non è paragonabile agli spostamenti del feto, sperimentati da ogni donna incinta. Luca usa un verbo greco particolare che significa propriamente ‘saltare’. Volendo interpretare il verbo, un po’ liberamente, lo si può indicare con ‘danzare’, escludendo così l’accezione di un fenomeno solo fisico. Qualcuno ha pensato che quella ‘danza’ la si potrebbe considerare una forma di ‘omaggio’ che Giovanni rende a Gesù, inaugurando, non ancora nato, quell’atteggiamento di rispetto e di sudditanza che caratterizzerà la sua vita: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale non son degno di sciogliere i legacci dei suoi sandali» (Mc 1,7). Un giorno lo stesso Giovanni testimonierà «Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l’amico dello sposo che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv 3,29-30). Così commenta s. Ambrogio:

«Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia». Una conferma di questa interpretazione la troviamo nelle stesse parole di Elisabetta che, riprendendo al v. 44 lo stesso verbo greco già impiegato al v. 41, precisa: «Ha esultato di gioia nel mio grembo». Luca, con questi particolari, ha voluto evocare il prodigio verificatosi nell’intimità di Nazaret. Solo ora, grazie al dialogo con un’interlocutrice, il mistero della divina maternità lascia la sua segretezza e la sua dimensione individuale, per diventare un fatto noto, oggetto di apprezzamento e di lode.

Le parole di Elisabetta «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?» (vv. 42-43). Con un’espressione semitica che equivale a un superlativo («fra le donne»), l’evangelista vuole attirare l’attenzione del lettore sulla funzione di Maria: essere la «Madre del Signore». E quindi a lei viene riservata una benedizione («benedetta tu») e una beatitudine beata. In che consiste quest’ultima? Esprime l’adesione di Maria alla volontà divina. Maria non è solo destinataria di un arcano disegno che la rende benedetta, ma pure persona che sa accettare e aderire alla volontà di Dio. Maria è una creatura che crede, perché si è fidata di una parola nuda e che ella ha rivestito col suo «sì» di amore. Ora Elisabetta le riconosce questo servizio d’amore, identificandola «benedetta come madre e beata come credente».

 

Intanto Giovanni percepisce la presenza del suo Signore ed esulta, esprimendo con quel movimento interiore la gioia che scaturisce da quel contatto salvifico. Di tale evento si farà interprete Maria nel canto del Magnificat.

 

b)  Un canto di amore:

 

In questo canto Maria si considera parte degli anawim, dei ‘poveri di Dio’, di coloro che ‘temono Dio’ riponendo in Lui ogni loro fiducia e speranza e che sul piano umano non godono nessun diritto o prestigio. La spiritualità degli anawim può essere sintetizzata dalle parole del Salmo 37,79: «Nel silenzio sta innanzi a Dio e in lui spera», perché «coloro che sperano nel Signore possederanno la terra».

Nel Sal 86,6 l’orante, rivolgendosi a Dio, dice: «Dona al tuo servo la tua forza»: qui il termine ‘servo’ esprime il suo essere sottomesso, come anche il sentimento dell’appartenenza a Dio, di sentirsi sicuro presso di lui.

I poveri, nel senso strettamente biblico, sono coloro che ripongono in Dio una fiducia incondizionata; per questo sono da considerarsi la parte migliore, qualitativa, del popolo d’Israele.

Gli orgogliosi, invece, sono coloro che ripongono tutta la loro fiducia in se stessi.

Ora, secondo il Magnificat, i poveri hanno mille motivi per rallegrarsi, perché Dio glorifica gli anawim (Sal 149,4) e abbassa gli orgogliosi. Un’immagine presa dal NT, che traduce molto bene l’atteggiamento del povero dell’AT, è quella del pubblicano che con umiltà si batte il petto, mentre il fariseo compiacendosi dei suoi meriti si consuma nell’orgoglio (Lc 18,9-14). In definitiva Maria celebra quanto Dio ha operato in lei e quanto opera in ogni credente. Gioia e gratitudine caratterizzano questo inno alla salvezza che riconosce grande Dio ma che pure fa grande chi lo canta.

 

c)   Alcune domande per meditare:

 

–     La mia preghiera è innanzitutto espressione d’un sentimento o celebrazione e riconoscimento dell’azione di Dio?

–   Maria è raffigurata come la credente nella Parola del Signore. Quanto tempo dedico all’ascolto della Parola di Dio?

–  La tua preghiera si alimenta alla Bibbia, come ha fatto Maria? Oppure sono dedito al devozionalismo che produce a getto continuo preghiere incolori e insapori? Sei convinto

che ritornare alla preghiera biblica è sicurezza di trovare un alimento solido, scelto da Maria stessa?

–   Sei nella logica del Magnificat che esalta la gioia del dare, del perdere per trovare, dell’accogliere, la felicità della gratuità, della donazione?

 

 

3.  ORATIO
 

a) Salmo 44 (45), 10-11; 12; 15b-16

 

Il salmo, in questa seconda parte, glorifica la regina. Nella liturgia odierna questi versetti sono applicati a Maria e ne celebrano la grandezza e la bellezza.

 

Figlie di re stanno tra le tue predilette; alla tua destra la regina in ori di Ofir.

 

Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio, dimentica il tuo popolo

e la casa di tuo padre.

Al re piacerà la tua bellezza.

 

Egli è il tuo Signore: prostrati a lui.

Con lei le vergini compagne a te sono condotte;

guidate in gioia ed esultanza entrano nel palazzo del re.

 

b) Preghiera finale:

 

La preghiera che segue è una breve meditazione sul ruolo materno di Maria nella vita del credente: «Maria, donna che sa gioire che sa esultare, che si lascia invadere dalla consolazione piena dello Spirito santo, insegnaci a pregare perché possiamo anche noi scoprire la fonte della gioia. Nella casa di Elisabetta, tua cugina, sentendoti accolta e capita nel tuo intimo segreto, prorompesti nell’inno di esultanza del cuore, parlando di Dio, di te in rapporto a Lui, e della inaudita avventura già avviata di essere madre di Cristo e di noi tutti, popolo santo di Dio. Insegnaci a dare un ritmo di speranza e fremiti di gioia alle nostre preghiere, a volte logorate da amari piagnistei e intrise di mestizia quasi d’obbligo. Il Vangelo ci parla di te, Maria, e di Elisabetta: ambedue custodivate nel cuore qualcosa, che non osavate o non volevate manifestare a nessuno. Ciascuna di voi, però, si sentì compresa dall’altra, quel fatidico giorno della visitazione e aveste parole e preghiera di festa. Il vostro incontro divenne liturgia di ringraziamento e di lode al vostro ineffabile Dio. Tu, donna della gioia profonda, cantasti il Magnificat, rapita e stupita di quanto il Signore andava operando nell’umile sua serva. Magnificat è il grido, l’esplosione della gioia, che scoppia dentro ciascuno di noi, quando si sente accolto e compreso».

 

4.  CONTEMPLATIO
 

La vergine Maria, tempio dello Spirito Santo, ha accolto con fede la Parola e si è consegnata interamente alla potenza dell’Amore. A motivo di ciò è diventata icona dell’interiorità, cioè tutta raccolta sotto lo sguardo di Dio e abbandonata alla potenza dell’Altissimo. Maria tace di sé, perché tutto in lei possa parlare delle meraviglie del Signore nella sua vita.

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