Lectio divina 29 aprile 2018 – Suore di Casa Raffael

Domenica della Quinta Settimana di Pasqua (Anno B)

Lectio:

  • Prima Lettera di Giovanni 3, 18 – 24
  • Giovanni 15, 1 – 8

1) Orazione iniziale

O Dio, che ci hai inseriti in Cristo come tralci nella vera vite, donaci il tuo Spirito, perché, amandoci gli uni gli altri di sincero amore, diventiamo primizie di umanità nuova e portiamo frutti di santità e di pace.

2) Lettura: Prima Lettera di Giovanni 3, 18 – 24

Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.

In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa.

Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito.

Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

3) Commento  su Prima Lettera di Giovanni 3, 18 – 24

Le prime due letture di oggi mettono in evidenza la presenza e l’azione dello Spirito, che in un caso (Atti) aiuta la Chiesa primitiva a consolidarsi nel timore del Signore e crescere numericamente e nella lettera di Giovanni a credere in Gesù e a riconoscere il Dio che è in noi.

Giovanni nella sua lettera indica i criteri di autenticità dell’amore: i fatti (non a parole, né con la lingua), nella verità. Ci ricorda inoltre che Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. A volte siamo prigionieri del nostro cuore (il nostro mondo interiore), che, proprio perché giudica, impedisce di guardare noi stessi e di guardare gli altri con lo sguardo di Dio. L’ invito è ad avere un cuore grande e misericordioso come quello di Dio. Il comandamento che Dio ci ha dato è: credere in Gesù, amare tutti coloro che il Signore mette sulla nostra strada, non solo a parole (ne sappiamo trovare sempre delle bellissime, ma che a volte nascondono l’ipocrisia), ma con azioni e in verità.

Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. In questo conosceremo che siamo dalla verità davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. – Come vivere questa Parola?

Farsi seguire a livello antropologico non è male. Quando la scienza è vera scienza può aiutare a conoscersi. Però qui c’è ben di più. Chi ha detto che l’uomo è creato per amare come l’uccello è fatto per volare, ha asserito una gran cosa. Ma che cosa significa amare? Spesso si va su percorsi ingannevoli. Diciamo di voler amare, ma quando l’amore ci scomoda e vuole lo scotto di sacrificio, imbocchiamo altre strade illusionistiche e ingannevoli.

Amare con le scelte coraggiose dentro il quotidiano, amare dimenticando i ricatti dell’ego, amare mettendo da parte pretese, giustificazioni e memoria di offese. Amare buttando via pregiudizi, diffidenze e paure.

Sì, è soprattutto la paura di essere feriti e di perdere qualcosa di noi che ci impedisce di amare nella concretezza dei fatti: quel perdono, quel sorriso, quell’espressione sincera di encomio e di incoraggiamento, quell’aiuto di tempo o di prestazioni a dare, se appunto mettiamo a tacere le nostre personali esigenze. Quella prossimità, quel com-patire (= soffrire con l’altro)

S. Giovanni dice un’espressione bellissima: dice che entriamo nella lieta consapevolezza di essere nati dalla verità. Certo, forse qualche errore ci scappa. Non tutto nasce perfetto perché anche l’amore è un’arte che esige il suo apprendistato. Attenzione però! In ogni modo noi potremo stare sereni dentro il nostro cuore. Certo, esso è pur sempre piccolino, ma che importa se Dio è infinitamente più grande di esso e si chiama AMORE?

In quiete contemplativa passiamo del tempo a perderci nell’oceano dell’amore. E preghiamo:

O Tu che ti chiami e sei l’Amore senza sponde, scaccia in noi ogni illusione di falso amore. O Tu che hai dato la vita per amore, aiutaci, oggi, ad amare coi fatti e nella verità.

Ecco la voce di un Padre apostolico Clemente di Roma: Chi potrà mai spiegare in che consiste il vincolo dell’amore di Dio? Chi sarà in grado di illustrare esaurientemente la sua bellezza e la sua intensità? Ineffabile è il vertice a cui ci eleva: l’amore ci unisce a Dio.

4) Lettura: dal Vangelo secondo Giovanni 15, 1 – 8

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.

Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.

Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

5) Riflessione  sul Vangelo secondo Giovanni 15, 1 – 8

Gesù usa oggi l’immagine della vite per parlare di sé e dei suoi rapporti con noi. Egli è la vite, cioè la fonte dell’agire buono, noi siamo i tralci: solo se rimaniamo in Lui possiamo portare frutto. Il Padre, che è il vignaiolo, pota la vite perché porti più frutto, cioè, fuor di metafora, ci corregge perché possiamo amare di più. La fonte dell’amore è Gesù, senza di Lui non possiamo portare frutto; ma per fare questo dobbiamo accettare la purificazione operata da Dio tramite la sofferenza cioè i perfezionamenti che Egli ci porta. Non è un fine la sofferenza ma un mezzo che possiamo accettare per fare bene. È la legge del chicco di grano che deve morire per far nascere la spiga. Accettiamo questa legge e porteremo molto frutto per chi incontreremo! Nessuno nasce capace di amare ma tutti possiamo imparare e fare dei passi avanti se stiamo uniti a Gesù. Amare è la vocazione di ogni uomo e se vogliamo farlo dobbiamo appoggiarci a Lui, che ci sostiene. Percorriamo il cammino dall’egoismo all’amore con Lui, il Signore.

Amore, coraggio, libertà, frutti di Dio.

Nel brano tutto ruota attorno ad una immagine concreta e ad un verbo: la vite e dei tralci, il verbo «rimanere». Cristo vite, io tralcio: io e lui la stessa cosa! Stessa pianta, stessa vita, unica radice, una sola linfa.

Lui in me e io in lui come figlio nella madre, madre nel figlio.

Dio è in me, non come un padrone, ma come linfa vitale.

Dio è in me, come radice che invia energia verso tutti i rami. Dio è in me per prendersi cura più a fondo di me. In Cristo il vignaiolo si è fatto vite, il seminatore si è fatto seme, il vasaio si è fatto argilla, il Creatore si è fatto creatura. Non solo Dio con noi, ma Dio in noi. Se ci guardiamo attorno, conosciamo tutti delle persone che sembrano mettere gemme, le vedi germogliare e fiorire. E capisci che sono inserite in qualcosa di vivo!

Rimanete in me. Una sola condizione; non condizionamento, ma base della mia esistenza: nutrirmi della linfa della mia vite. Non sono parole astratte, sono le parole che usa anche l’amore umano. Rimanere insieme, nonostante tutte le distanze e i lunghi inverni, nonostante tutte le forze che ci trascinano via. Il primo passo è fare memoria che già sei in lui, che lui è già in te. Non devi inventare niente, non devi costruire qualcosa. Solo mantenere quello che già è dato, prenderne coscienza: c’è una energia che scorre in te, proviene da Dio, non viene mai meno, vi puoi sempre attingere, devi solo aprire strade, aprire canali a quella linfa.

All’inizio della primavera sui tralci potati affiora una goccia di linfa’ che luccica sulla punta del ramo. Mio padre mi portava nella vigna dietro casa e mi diceva: è la vite che va in amore! Quella goccia di linfa mi parla di me e di Dio, dice che c’è un amore che sale dalla radice del mondo e mi attraversa; una vita che viene da Dio e va in amore, in frutti d’amore. Dice a me, piccolo tralcio: «Ho bisogno di te per una vendemmia di sole e di miele».

Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.

Il dono della potatura… Potare non significa amputare, significa dare vita, qualsiasi contadino lo sa. Rinunciare al superfluo equivale a fiorire. Perché gloria di Dio non è la sofferenza ma il molto frutto.

È come se Gesù dicesse: non ho bisogno di sacrifici ma di grappoli buoni; non di penitenze, ma che tu fiorisca. Nessuna vite sofferente porta buon frutto. Prima di tutto devo essere sano e gioioso io. Così Dio mi vuole.

Il nome nuovo della morale evangelica è «frutto buono», con dentro il sapore di Dio. Che ha il gusto di tre cose sulla terra: amore coraggio e libertà. Non c’è amore senza libertà, libertà non c’è senza coraggio. E amore libertà e coraggio sono la linfa e i frutti di Dio in noi.

Una linfa d’amore che porta la vita.

Avevamo sempre pensato che Dio fosse il buon padrone del campo, il contadino operoso e fiducioso.

Ma ora Gesù afferma qualcosa di assolutamente nuovo: «Io sono la vite, voi i tralci». In Cristo il vignaiolo si è fatto vite, il seminatore si è fatto seme, il vasaio argilla, il Creatore creatura.

Tra poco cominceranno a profumare i fiori della vite, i più piccoli tra i fiori. All’inizio della primavera, il vignaiolo attende che la linfa’, salita misteriosamente lungo il tronco, si affacci alla ferita del tralcio potato, come una goccia, come una lacrima. All’apparire di quella lacrima sui tralci, mio padre diceva: è la vite che va in amore!

Se la stessa linfa scorre in Cristo vite e in me tralcio, allora anche la mia vita porterà, attraverso vene d’amore, frutti buoni.

C’è una linfa’ che sale dalla radice del mondo, ad un misterioso segnale della terra e del sole, e in alto apre la corteccia che sembrava secca e morta e la incide di fiori e di foglie. E per un miracolo, che neppure arriva più a stupirci, trasforma il calore del sole in profumo e il buio della terra in colore.

Quella linfa’, quella goccia d’amore, che tante volte ho visto tremare sulla punta del tralcio, è umile immagine di Dio, dice che un amore percorre il mondo, sale lungo i ceppi di tutte le vigne, di tutte le vite. E perfino le mie spine ha fatto rifiorire. Viene da prima di me e va oltre me. Viene da Dio, e dice a questo piccolo tralcio: «Ho bisogno di te per una vendemmia di sole e di miele». Ho bisogno di te, anche di un grappolo solo, perché senza i vostri tralci la vite è sterile.

Parole centrale oggi: «rimanete in me», noi siamo già in Dio, Dio è già in noi, siamo percorsi da Lui, non c’è da cercarlo lontano, è qui, è dentro, scorre nelle vene dell’essere.

E poi «portare frutto», il nome nuovo della morale evangelica non è sacrificio ma fecondità, non ubbidienza ma espansione, non rinuncia ma centuplo. Non di penitenze c’è bisogno, ma di frutti con dentro un buon sapore di vita, a dissetare l’arsura delle cose.

Nessun albero consuma i propri frutti, nessuna vite; essi sono portati, sono offerti per la gioia e l’alimento delle altre creature. Questa è la perfezione: maturare e dimenticarsi nel dono.

6) Momento di silenzio

perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

7) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione.

  • Quali sono state le potature o i momenti difficili nella mia vita che mi hanno aiutato a crescere? Quali le potature o momenti difficili che abbiamo avuto nella nostra comunità e che ci hanno aiutato a crescere?
  • Ciò che mantiene la pianta unita e viva, capace di dare frutti, è la linfa che la percorre. Qual è la linfa che percorre la nostra comunità e che la mantiene viva, capace di produrre frutti?

8) Preghiera: Salmo 21

A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.

Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre!

Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli.

A lui solo si prostreranno
quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.

Ma io vivrò per lui,
lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!».

9) Orazione Finale

Padre, nella tua volontà è la nostra pace. Tu, che ci hai fatto la grazia di diventare tuoi discepoli, fa’ che, rimanendo uniti a te, possiamo portare molto frutto a lode della tua gloria.

 

Suore di Casa Raffael

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