p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 26 Giugno 2022

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p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.


Eliseo è chiamato in modo inatteso a seguire il profeta Elia che su di lui getta il mantello in segno di scelta e invio. La sua vita cambia, il mantello che lo avvolge segna l’inizio di un cammino nuovo: sarà uomo di Dio non impaurito di fronte ai potenti e la sua missione di profeta si manterrà sotto la parola di Dio. Il mantello indica così una chiamata ed un invio. D’ora in poi Eliseo lascia il suo lavoro, la cura dei buoi e si pone al servizio di Elia divenendone discepolo.

Alla morte del maestro Eliseo raccoglierà il suo mantello (2Re 2,13-14) e con esso aprirà ancora le acque, segno che la parola di Dio è fonte di liberazione per tutti, per chi si sente estraneo e lontano, oltre i confini (2Re cap. 5; cfr. Lc 4,27). Eliseo fu ‘uomo di Dio’ perché con i suoi gesti testimoniò che Dio è liberatore e vicino, un Dio diverso dalle logiche del potere umano. Quel mantello accolto su di sé apre la strada a rivivere il percorso di liberazione dell’esodo, opera di Dio, un percorso che è personale ed insieme collettivo e deve allargarsi a tutti.

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La fede biblica è segnata dal cammino, nel deserto. Lì avviene la scoperta della presenza di Dio vicino, pellegrino e nomade con il suo popolo. Nel cammino si incontra Dio che spinge ad andare sempre oltre, ad aprirsi al futuro come suo dono. Le prime testimonianze parlano di Gesù come “colui che è passato facendo del bene…” (cfr. At 10,38). Il suo cammino non è solo esteriore ma interiore: sulla strada Gesù incontra, dialoga, e coinvolge nel suo itinerario. La strada verso Gerusalemme è esperienza importante della vita di Gesù. Luca riporta che ad un certo punto Gesù ‘fece il viso duro’ e si diresse verso Gerusalemme: è un momento di scelta e di decisione non facile.

Gesù si dirige verso la città del potere religioso dove incontrerà il rifiuto e l’ostilità nell’acuirsi del conflitto contro di lui. Si dirige verso la città sede del tempio e della classe sacerdotale: lì vivrà la passione e subirà l’ingiusta condanna. Gesù si dirige ad affrontare lo scontro con il potere politico e religioso che si sentono minacciati dalla sua predicazione inerme. Gerusalemme è tuttavia anche il luogo della risurrezione, del dono di vita nuova, dell’inizio del cammino della comunità. La strada indica la chiamata di Gesù e quella dei discepoli che lo seguono: sono chiamata a condividere la sua vita, a generare una convivenza di pace.

Sulla strada varie persone chiedono a Gesù di seguirlo ed egli stesso rivolge l’invito ad alcuni con la parola: ‘seguimi’. Nei brevi dialoghi di questo brano sta al centro la questione del seguire Gesù. L’intera esperienza dei cristiani può essere sintetizzata nel ‘seguire’. Non si tratta di un percorso di conoscenza e nemmeno di praticare una regola di comportamento: seguire è anche tutto ma ben di più e richiede disponibilità a lasciarsi coinvolgere in un incontro e a praticare scelte libere. Ad ogni passo incontra rischi, sfide, imprevisti, esige creatività, impegno e lotta per andare avanti.

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Seguire Gesù sulla sua strada implica soprattutto una condivisione di vita ed entrare in un rapporto personale. Gesù chiama a seguirlo con urgenza e con una sorprendente radicalità. Chi è chiamato è posto di fronte ad una urgenza: l’apertura al futuro non lascia spazio a nostalgie del passato. Si tratta di condividere la sua precarietà rinunciando a ‘tane sicure’ o nidi protetti. E’ chiamata ad una vita che non può lasciarsi imprigionare dalla morte: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”.

E’ richiesta una dedizione senza riserve: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”. L’immagine dell’aratro richiama a scelte orientate ad un futuro con dedizione e alla fiducia verso Gesù. L’aratro rivolge le pesanti zolle della terra; la sua opera sta nel rendere la terra accogliente per il seme del vangelo quale dono per la vita di tutti.

Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi

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