don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo di oggi, 16 Novembre 2022

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Dio è per noi molto spesso uno a cui mandare ambasciate affinché se ne stia lontano, perchè siamo convinti che la sua presenza limiti la nostra libertà di movimento, che ci tolga qualcosa. In realtà è come se un uomo si mettesse in testa di voler vincere una corsa e allo stesso tempo mandasse ambasciate alle sue gambe per dir loro di star lontano da lui: come fa un uomo senza gambe a correre?

Dio è un po’ così per noi: le gambe di cui abbiamo bisogno per essere davvero liberi, per andare dove dovremmo, per realizzare ciò che ci portiamo nel cuore. Tenere Dio lontano dalla nostra vita significa allontanare la possibilità di vivere davvero. E la sua assenza invece di un investimento su di noi, la leggeremmo come il tempo in cui sprecar tutte le monete che ci ha dato, o il tempo della paura e del girare a vuoto (la pigrizia).

Non è forse già inferno vivere sempre con la paura, o girare a vuoto? Cristo è venuto a salvarci da questo, ma non può farlo senza che glielo lasciamo fare. Un genitore o un educatore onnipresente può tirare fuori solo figli frustrati e insicuri. È la possibilità di una sana assenza che spinge a crescere, a far fruttificare.

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Certo, questo non è automatico, la storia del vangelo di oggi risponde così drammaticamente a chi ha fatto l’atto di fiducia di affidare qualcosa e di sentirsi dire: “ecco la tua mina che ho tenuta nascosta in un fazzoletto, perché ho avuto paura di te che sei uomo duro; tu prendi quello che non hai depositato, e mieti quello che non hai seminato”.

Ma non è forse questa la più grande sfida educativa? Cioè insegnare che né la paura, né il giudizio, né il senso di colpa possono essere criteri su cui fondare la propria vita, pena vedersela consumata, paralizzata, morta, vuota.

Infatti c’è sempre una conseguenza a chi davanti alla fiducia reagisce con la pigrizia o con la paura. Il messaggio è chiaro: noi possiamo disobbedire sia alla pigrizia che alla paura. E questa disobbedienza può tirar capolavori. Questa disobbedienza ci trasforma da servi a figli.

Fonte: nellaparola.it

NUOVO COMMENTO DA FACEBOOK

“Gesù disse ancora una parabola perché era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro”. Questi versetti introduttivi che si trovano all’inizio del Vangelo di oggi, fotografano un atteggiamento personale e comunitario che di tanto in tanto si affaccia anche nella vita attuale: farsi molte domande sulla fine del mondo perdendo di vista il presente più immediato. Ed è proprio per questo che Gesù racconta la parabola dei talenti. Tutto il racconto ruota attorno all’assenza di quest’uomo di nobile stirpe che è partito per un paese lontano e nessuno sa quando tornerà.[…] Continua a leggere qui.

AUTORE: don Luigi Maria Epicoco | PAGINA FACEBOOK