Il Vangelo del Giorno, 27 aprile 2016, Gv 15, 1-8

Il testo ed il commento al Vangelo del 27 aprile 2016 – Gv 15, 1-8 – V Settimana del Tempo di Pasqua.

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  • Colore liturgico: bianco

Le letture del giorno: At 15, 1-6; Sal.121; Gv 15, 1-8

Gv 15, 1-8
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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Commento al Vangelo di Gv 15, 1-8

Gv 15, 1-8

Commento a cura dei Monaci Silvestrini

[ads2]La linfa vitale.

«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto». Già nelle antiche profezie, il Messia veniva preannunciato come un germoglio nuovo e un virgulto fecondo, turgido di vita. La sua venuta, la sua storia, tutto ciò che egli ha detto e fatto ci hanno confermato quell’immagine e quella promessa. Oggi egli si autodefinisce vera vite in cui opera il provvido e sapiente vignaiolo, che è il Padre celeste. Egli toglie i tralci secchi, ormai buoni solo come legna da àrdere, e pota quelli fecondi affinché portino più frutto.

È evidente che la forza e la vitalità dei tralci sono indissolubilmente legate alla vicinanza o distanza dalla vite, da cui traggono l’alimento per produrre frutti buoni e abbondanti. Gesù vuole dirci l’importanza di restare intimamente uniti a lui, di formare un tutt’uno con la sua persona. Non abbiamo alcun dubbio che la vite è lo stesso Cristo e noi i suoi tralci. Non possiamo perciò avere una vita autonoma e staccata dalla vite, pena l’infecondità, la morte e il fuoco. I legami con cui possiamo e dobbiamo continuamente legarci a lui, sono l’ascolto della sua parola, la conformità della nostra vita alla sua, il vivere costantemente l’intimità della comunione con lui.

Dobbiamo avere il coraggio e la fiducia di lasciarci potare, di far rimuovere dalla nostra vita tutte le inutili pesantezze, tutti i motivi che ci distolgono dal Signore e ci tengono lontano da lui. Per questo l’autore della lettera agli Ebrei afferma: «La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa pènetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore». Così, il buon Dio con quella spada, con la spada tagliente della sua parola, ci pota, con la forza della sua verità sfronda i nostri errori, con il suo amore cancella i nostri peccati, con la sua grazia ci santifica.

Questa è la linfa che, incessante, sgorga dalla vite, questo è il seme buono che dalla nostra arida terra sa trarre i succulenti grappoli, che spremuti al torchio della vita, vanno sugli altari per diventare sangue di Cristo.

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