Il Vangelo del Giorno, 20 luglio 2016, Mt 13, 1-9

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Il testo ed il commento al Vangelo del 20 luglio 2016 – Mt 13, 1-9

XVI Settimana del Tempo Ordinario – Anno II

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https://youtu.be/xMxzOnm3r8s

  • Colore liturgico: Rosso
  • Periodo: Quarta settimana del Salterio
  • Mercoledì – 16.a Tempo Ordinario
  • Santo del giorno: S. Apollinare (mf)
  • La mia bocca, Signore, racconterà la tua giustizia
  • Liturgia: Ger 1,1.4-10; Sal 70; Mt 13,1-9

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Mt 13, 1-9
Dal Vangelo secondo Matteo

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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Commenti al Vangelo di Mt 13, 1-9

Commento a cura dei Monaci Benedettini

[ads2]Un vangelo incoraggiante!

Ci viene riproposta oggi la parabola del seminatore, non come una pedissequa e inutile ripetizione, ma a mo’ di sottolineatura dell’importanza che la parola deve avere nella vita del credente. Inoltre, la lettura continua feriale del vangelo di Matteo ci fa penetrare meglio il cammino che l’evangelista stesso propone alla comunità per la quale scrive, che è percorso lungo il quale si deve modulare la nostra esperienza di battezzati. Se la parabola è chiara, altrettanto non lo è il nostro comportamento nei confronti di ciò che è stato seminato in noi. Non vi sono delle caratterizzazioni stabilite, questo sarebbe contrario alla dottrina stessa cristiana, in quanto predestinerebbe alcuni alla dannazione e altri alla vita eterna.

Quando infatti si interpretano i terreni (strada, sassi, spine, terra buona) come caratteri predeterminati di un individuo, si nega qualsiasi possibilità di cambiamento e di conversione. Gesù vuole soltanto dire che ognuno di noi può essere nei vari momenti della sua esistenza tanto terreno buono quanto strada e che l’impegno è proprio nel cercare di divenire ogni giorno terra fertile, nonostante le aridità, le infedeltà e le preoccupazioni. È un vangelo che incoraggia e non certo una pagina che vuole innalzare i perfetti e relegare gli altri in una strada senza uscita. Tutti dobbiamo cercare quel seme. E ricordarci che: «Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo: chiunque trova lui, ha la vita eterna».

p. Lino Pedron

Questa parabola viene raccontata da Gesù dopo aver subìto il rifiuto dei suoi contemporanei. Egli ha annunciato il regno di Dio, l’intervento di Dio in favore del suo popolo, ed è stato contestato. Proclamando questa parabola ci insegna che, nonostante l’apparente insuccesso della sua missione, ci sono anche coloro che l’hanno riconosciuto e accolto: i piccoli, i peccatori, i discepoli.

Gesù ha rivoluzionato i criteri della predicazione corrente (farisaica) comunicando il messaggio di Dio a ogni sorta di persone. Non si è rivolto solo ai “buoni” o ai “migliori” (il terreno buono del v. 8), ma a tutti. La sua missione non è stata coronata da successi immediati, ma non si è arreso davanti alle delusioni; ha sempre continuato a sperare e a portare avanti la sua opera. Il seminatore Gesù ha pensato di avere sempre davanti a sé un terreno buono, altrimenti non vi avrebbe sparso il seme. Egli ha creduto che anche gli abitanti di Ninive e gli stessi abitanti di Sodoma e di Gomorra avrebbero potuto cogliere con profitto la parola di salvezza (Mt 11,23-24; 12,41), per questo non l’ha rifiutata a nessuno e l’ha offerta a tutti. Egli che è stato chiamato l’amico dei peccatori (Mt 11,19) e che vede i pubblicani e le prostitute al primo posto nel regno dei cieli (Mt 21,31-32), ha dimostrato che anche il terreno più infruttuoso può diventare buono. La parabola annuncia una legge che sottostà alla nuova economia della salvezza: il successo nasce dall’insuccesso, la croce è garanzia di risurrezione.

Ogni pagina del vangelo può essere letta in due dimensioni: la situazione originaria del tempo di Gesù e la sua attualizzazione nel tempo della Chiesa. L’insegnamento della parabola del seminatore, secondo la situazione originaria del tempo di Gesù, non riguarda anzitutto gli ascoltatori, ma i predicatori. La parabola attira l’attenzione sul lavoro del seminatore, un lavoro abbondante, senza misura, senza distinzioni, che in un primo momento sembra inutile, infruttuoso, sprecato. Ma il fallimento è solo apparente: nel regno di Dio non c’è lavoro inutile, non c’è spreco. Il lavoro della semina non deve essere calcolato: bisogna seminare senza risparmio e senza distinzioni. Noi non sappiamo quali terreni daranno frutto: per questo non possiamo anticipare il giudizio di Dio.

La frase finale: ” Chi ha orecchi, intenda ” è un grido di risveglio. È un avvertimento e un comando a non perdere il significato della parabola e le sue conseguenze nella vita dell’ascoltatore.

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