Il Vangelo del Giorno, 19 aprile 2016, Gv 10, 22-30

Data:

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Il testo ed il commento al Vangelo del 19ย  aprile 2016 – Gv 10, 22-30 –ย IV Settimana del Tempo di Pasqua.

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  • Colore liturgico: bianco

Le letture del giorno: At 11, 19-26; Sal.86; Gv 10, 22-30

Gv 10, 22-30
Dal Vangelo secondo Giovanni

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Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesรน camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: ยซFino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamenteยป.
Gesรน rispose loro: ยซVe l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perchรฉ non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperร  dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, รจ piรน grande di tutti e nessuno puรฒ strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa solaยป.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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Commento al Vangelo di Gv 10, 22-30

Commento a cura dei Monaci Silvestrini

[ads2]Non credete perchรฉ non siete mie pecore.

Gesรน rivelandosi a noi nella sua persona umano-divina ci si รจ fatto conoscere come l’inviato del Padre per la nostra salvezza. Si รจ posto nei confronti dell’umanitร  e di ogni uomo come il pastore buono, che ama, protegge e guida le sue pecore, รจ disposto a dare la vita per ognuno di esse. Si รจ chinato dinanzi alle sofferenze umane per assumerle su di sรฉ, per condividerle, per confortare e guarirle. Si รจ posto dinanzi al peccato come perdono, dinanzi alla morte come risorto.

Ha offerto a tutti segni evidenti perchรฉ lo riconoscessero come Figlio di Dio, come Messia e Salvatore del mondo. Eppure tra i suoi interlocutori, tra gli stessi testimoni dei suoi prodigi, tra gli stessi apostoli, e dopo di loro fino ai nostri giorni, c’รจ sempre qualcuno che non vuole credere. Gesรน proclama oggi il motivo dell’incredulitร : ยซNon siete mie pecoreยป. Quel maledetto orgoglio, che ci ha rovinati sin dal principio, riemerge continuamente ad oscurare gli occhi dell’anima per privarci della veritร . Essere sue pecorelle significa per noi assumere un atteggiamento di veritร , di docilitร  e di umiltร , significa deporre l’orgoglio, che ci spingerebbe a cercare in modo autonomo i nostri pascoli, le nostre strade, le nostre sicurezze e convincerci invece che abbiamo bisogno di una guida, di un pastore, di una protezione sicura e costante.

Risuona ancora nel mondo la domanda: ยซSe tu sei il Cristo, dรฌllo a noi apertamenteยป. Tutto รจ giร  stato detto “apertamente”, tutto รจ compiuto, il pastore ha dato la suprema testimonianza di amore, ha dato la vita, ha ricomposto il gregge nell’ovile, ha garantito la sua presenza, donร ndosi come cibo e bevanda di salvezza, eppure ancora quanta incredulitร , quanto orgoglio, quanta presunzione nell’uomo. Troppe sfide lo scoraggiano ad assumere la veste di pecora, troppi lupi rapaci si aggirano intorno all’ovile per spargere paura.

Troppi schiamazzi assordanti impediscono di ascoltare la voce suadente del pastore. Gli stessi pastori, anch’essi spaventati, talvolta fuggono come mercenari e il gregge si disperde e i lupi rapaci entrano nell’ovile a fare strage. Ciรฒ accade per mancanza di fede nel Pastore; non siamo ancora consapevoli della sua umile potenza; forse siamo tentati ancora di preferire un “capo” ad un umile pastore, egli perรฒ รจ il Figlio di Dio!

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