Il Vangelo del giorno, 10 Aprile 2020 – Gv 18, 1- 19,42

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Commento al Vangelo del 10 aprile 2020 a cura dei Monaci Benedettini –
Settimana Santa – Anno A

  • Periodo: Venerdì
  • Il Santo di oggi: S. Fulberto
  • Ritornello al Salmo Responsoriale: Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito
  • Letture del giorno: Is 52,13-53,12; Sal 30; Eb 4,14-16; 5,7-9; Gv 18,1-19,42
  • Calendario Liturgico di Aprile

Le letture del giorno (prima e Vangelo) e le parole di Papa Francesco da VaticanNews.

Commento al Vangelo a cura dei
Monaci Benedettini

Tutto è compiuto…

Il racconto giovanneo ci presenta un groviglio di situazioni, nelle quali intervengono diverse persone: i discepoli, le donne, i sacerdoti, il governatore, i soldati. Ognuno a modo suo si accosta impotente all’uomo Gesù, che va verso la sua passione e morte con responsabile consapevolezza, sapendo ciò che fa e accettando con amore quanto gli viene imposto con superficialità e ferocia da tutti. E’ il vero dominatore degli eventi della sua passione e morte. Egli si fa trovare dai suoi carnèfici, ma si rivela a loro nella sua potenza di Signore: “Io sono”. Egli afferma di essere re, ma non di questo mondo; egli si lascia intronizzare sul seggio giudiziale del procuratore (Litòstrotos) per dimostrare che è lui il vero giudice, nonostante sia condannato falsamente. Egli è il vero re dei giudei secondo le profezie, per il titolo che portava l’iscrizione, posta sulla croce; infine dispone della sua madre Maria, affidandola come madre al discepolo amato che è figura di tutti i credenti. Per tale prospettiva di vincitore anche sul patibolo della croce, la preghiera universale che segue il racconto della passione, diventa come effusione permanente dello Spirito sulla Chiesa per tutti gli uomini per cui Cristo è morto. Il racconto della passione, concluso dalla preghiera universale dei fedeli, ci preparerà all’adorazione della croce come trofeo di morte e di vittoria. La Chiesa fin dalle origini, vede nella croce, l’albero fiorito e fruttifero della vita, dal quale ciascuno coglie il frutto prezioso della salvezza: lo stesso Gesù che si offre in cibo. Questa croce, noi siamo invitati ad adorare, esprimendo con un bacio tutta la nostra gratitudine, per quanto da essa abbiamo ricevuto, e per essere solidali con quanti ancor oggi, (specialmente in questo tempo di pandemia), soffrono e amano. Oggi non si celebra l’eucaristia, poiché la Chiesa è impegnata a meditare sul contenuto stesso del ‘Memoriale’: la morte redentrice di Cristo, fonte di salvezza per ogni uomo.

Il racconto della Passione di Gesù Cristo, costituisce, anche da punto di vista cronologico, il primo nucleo della predicazione apostolica, il punto fondamentale della proclamazione della fede della Chiesa. Nella liturgia di oggi, la proclamazione della passione assume una importanza centrale: il valore della parola, come segno sacramentale della presenza attuale del Cristo, prende grande evidenza e polarizza a sé tutta la celebrazione di oggi. Sulla croce il Cristo realizza la suprema manifestazione del nome di Dio: Agape. Il poeta descrive la sofferenza Salvatrice e gloriosa del servo di Jahvé. Il suo dolore è un mistero. Il suo dolore però rivela non il suo proprio peccato – egli è innocente – ma il peccato del popolo. Il servo accetta questo piano di Dio, consapevole che lo condurrà alla morte e ad una sepoltura. Cristo è il servo di Jahvé, è lui che si consegna alla morte per il popolo. La risurrezione costituisce la sua esaltazione.

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La Chiesa oggi non celebra l’Eucaristia, ma invita i fedeli a rivivere nel silenzio adorante e nel modo più intenso possibile il mistero della morte di Cristo, la sua assurda condanna, l’atroce passione e la sua ignominiosa morte sul patìbolo. E’ così che potremmo trarne la più logica ed impegnativa conclusione: noi responsabili in prima persona di quella morte con i nostri peccati re e Dio immenso nell’amore!
L’adorazione eucaristica che poi segue nell’altare della reposizione assume per tutti le caratteristiche della doverosa riparazione e della migliore gratitudine. Le chiese spoglie e disadorne ci aiutano ulteriormente a comprendere da una parte la gravità della tragedia che si sta consumando nel mondo e dall’altra l’attesa di un evento risolutivo che già intravediamo nella fede e nella speranza ed è il mattino di Pasqua.

Lo vediamo come il servo: su di lui pesano le nostre colpe, ma dalla sua umiliazione viene il nostro riscatto. Dalle piaghe di Gesù sono risanati tutti gli uomini. Oggi è il giorno della immensa fiducia: Cristo ha conosciuto la sofferenza, da lui riceviamo misericordia e in lui troviamo grazia. E la imploriamo per tutti gli uomini nella preghiera universale. Oggi è il giorno della solenne adorazione della croce: lo strumento del patibolo è diventato il termine dell’adorazione da che vi fu appeso il Salvatore del mondo. Siamo sempre sotto la croce. Non c’è momento, non c’è situazione dove non entri la croce a liberare e a salvare. Infatti essa si manifesta in noi ogni giorno, se siamo discepoli fedeli del Signore. Non chiediamogli tanto di discendere dalla croce, quanto di avere la forza di restarci con lui, nella speranza della risurrezione.