Il commento di don Fabio Rosini al Vangelo di Domenica 13 Ottobre 2019

Il biblista don Fabio Rosini commenta il Vangelo di domenica 13 Ottobre 2019 – XXVIII domenica del Tempo Ordinario, dai microfoni di Radio Vaticana e dalle pagine di Famiglia Cristiana.

PERCHE’ E’ POSSIBILE GUARIRE E NON SALVARSI

Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena  li vide, Gesù disse loro: «Andate  a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Luca 17,11-19

C’è chi pensa che ricevere un miracolo o vivere qualcosa di soprannaturale sia la vetta della fede. Paolo dice una cosa strana nell’inno alla carità: «Se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla». Come sarebbe a dire? Si può avere una fede che opera meraviglie, ma non è nulla?

Il Vangelo di questa domenica è in due parti: nella prima c’è la guarigione di ben dieci lebbrosi. Di per sé, il testo potrebbe terminare così, con questo miracolo che mostra il potere di Cristo sul dolore umano. Ma il testo prosegue e nella seconda parte appare l’“oltre” della guarigione, ed è qui quel che conta.

Di per sé il miracolo è caratterizzato da uno slalom tra le regole che riguardano le condizioni dei lebbrosi. Gesù sta arrivando in un villaggio e, prima di entrare, dieci poveri lebbrosi gli chiedono di aver pietà di loro, tenendosi a distanza – loro non potevano andare nel villaggio, non potevano avvicinare nessuno, ma solo tenersi compagnia tra loro, come prevedevano le leggi per la loro malattia (cfr. Lv 13,45s).

Allora Gesù dà loro un’indicazione di per sé incongruente: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». Un lebbroso poteva presentarsi ai sacerdoti quando era guarito (cfr. Lv 13,16s) e così, a guarigione conclamata, ricevere l’autorizzazione per rientrare nel proprio villaggio. Ma Gesù dice loro di andare quando sono ancora lebbrosi. Infatti – fidandosi di questa sorprendente indicazione – loro partono e «mentre essi andavano, furono purificati». Non guariscono prima, ma la fiducia riposta nel Maestro ha procurato il miracolo. Ci potremmo accontentare, ce n’è abbastanza.

Ma, appunto, succede altro: «Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano». Quando Gesù vede questo samaritano felice e grato, nota che gli altri non sono con lui, e che l’unico che è tornato «a rendere gloria a Dio» è uno straniero.

L’ESTRANEO RINGRAZIA.

In lui c’è qualcosa di riconoscibile: l’estraneo è colui che ringrazia, che chiede permesso per servirsi delle cose, che è riconoscente per ogni gesto gentile. Il casalingo dà tutto per scontato, prende senza chiedere, è sbadato verso i servizi che riceve. I turisti vedono le cose belle, gli autoctoni non le notano più da molto…

Ma la frase più importante Gesù la dice alla fine: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». Notare bene: i guariti sono dieci, come Gesù ribadisce («Non ne sono stati purificati dieci?»), ma uno solo è salvato.

Si può vivere una guarigione, ricevere un miracolo e non cambiare di una virgola. È possibile guarire e non salvarsi. È inquietante…

La salvezza del samaritano non era guarire dalla lebbra, ma entrare in un rapporto di gratitudine con il Signore Gesù. Il samaritano non è andato dal sacerdote a ricevere l’agognato permesso, come fanno gli altri. Torna indietro. Prima c’è da glorificare Dio. Ha capito cosa conta veramente. Non è solo guarito. Ha incontrato Dio. Questo è di più.

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di don Fabio Rosini

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