Giovani di Parola – Commento al Vangelo del 27 Febbraio 2023

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Il brano del vangelo di oggi è la carta d’identità del cristiano. E, consentitemi questa considerazione del tutto personale, è forse tra le pagine più indigeste. E sì perché di fronte ad un esame di coscienza del genere, tutta la nostra sovrastruttura di “buon cattolico praticante” non serve a granché, soprattutto se si tratta di semplice autoreferenzialismo fine a sé stesso.

Il Signore si identifica con chi oggi è nudo, con gli ammalati, con chi ha fame e sete, con lo straniero da accogliere e, udite udite, con il carcerato da visitare. La visita in carcere, poi, è la provocazione più forte, perché tra tutte le virtù è quella più difficile da accettare. Gesù non fa alcuna distinzione tra chi è innocente e, quindi, detenuto ingiustamente e l’assassino che invece sta scontando la sua pena.

Il Signore ci chiede di non abbandonare nessuno. Quanti, anche tra i “bravi cattolici”, altro che visite, vorrebbero piuttosto che il carcere diventasse l’anticamera dell’inferno (e in diversi casi documentati, purtroppo, lo è)? Quanti vorrebbero che persino chi è istituzionalmente deputato a farsi aprire tutte le porte di una prigione, evitasse di mettere in pratica questo diritto-dovere garantitogli dalla Costituzione?

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Quanti sì mettono a criticare anche il Papa quando annualmente si reca al “Regina Coeli”? Vedete alla luce di queste parole che sono di una concretezza disarmante, siamo superati da chi dice di non credere ma che in realtà, anziché far finta di non vedere, sa farsi prossimo del Signore in tutte le situazioni di emarginazione che gli capitano a tiro.

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