Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 10 Luglio 2023

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✝️ Commento al brano del Vangelo di:  ✝ Mt 9,18-26

Quello che mi affascina di questa scena è ciò che non viene raccontato. Che informazioni erano arrivate al capo della sinagoga? Chi aveva parlato all’emorroissa di Gesù? Cosa avevano visto o sentito di lui? Cosa li aveva portati ad avere una fiducia così cieca e assurda?

La malata le aveva provate tutte. Posso solo immaginare cosa vogliano dire dodici anni di spossatezza, frustrazione, solitudine (una donna con una malattia nel genere era considerata impura secondo la Legge)… A questo punto avrebbe avuto tutto il diritto di rassegnarsi, trovarsi il suo angolino e abituarsi al suo dolore, imparare a conviverci, resistere o lamentarsi come fanno tutti. Continuare a sperare è faticoso e rischioso, perché espone a nuove delusioni. Lo stesso vale per il capo della sinagoga a cui era morta la figlia.

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La notizia di Gesù ha svegliato in entrambi una speranza che li superava, che andava contro ogni logica, al di là di tutte le loro possibilità. Entrambi lo hanno cercato, lo hanno raggiunto e sono stati esauditi. Tutta la loro storia spirituale -storia di delusioni, ricerca, scoperta, rischio-, noi non la conosciamo. In queste poche righe vediamo solo il lieto fine: forse davanti questo Gesù “con la bacchetta magica” dentro di noi può nascere una certa antipatia e una certa ribellione. Quante situazioni di dolore sono rimaste senza speranza! Quante persone lo cercavano e non lo hanno trovato, chiedevano il suo intervento e non lo hanno visto arrivare!

Ci sono tanti modi per trovare soluzioni ragionevoli a questi paradossi, in un senso (Dio non esiste, o se esiste non ha alcuna possibilità di aiutarci) o in un altro (Dio permette i nostri dolori per formarci, a volte fa silenzio e ignora le nostre preghiere per farci crescere, ecc.). A noi forse è richiesto di tenere la posizione più scomoda, quella dello scandalo di chi non ha risposte facili da dare, di chi accetta la paura di restare nel paradosso, guardare le cose dalla prospettiva della croce senza perdere la fiducia nella Resurrezione. E continuare a chiedere salvezza alla misura di Dio, senza ridurre la nostra speranza e la nostra preghiera a quello che ragionevolmente potremmo procurarci da soli. Altrimenti si rischia di trasformare il cristianesimo in una sorta di allenamento per la crescita personale, di dimenticare che la nostra è innanzitutto una fede in un Dio che salva; misteriosamente, inaspettatamente, smisuratamente.

Harambet

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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato