fra Marin Berišić – Commento al Vangelo del 4 Marzo 2020 – Lc 11, 29-32

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“In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno.”

Bisogna ammettere che spesso cerchiamo i segni, cerchiamo lo spettacolo della nostra fede. Cerchiamo un segno come che solo manchi quel segno e la nostra vita cambi. Quando faremo la pace con la fede senza grandi spettacoli, senza grandi scene, potremo accorgerci di ciò che conta.

È ciò che conta è sempre semplice, è sempre profondo. Giona parlò al popolo senza grandi miracoli e il popolo si convertì. Giona era un segno, un segno di Dio compassionevole, misericordioso, pieno di amore.

Qui vi è uno più grande di Giona. E possiamo chiederci, per me la sua parola cos’è? Il nostro problema sta nel cercare segni perché non crediamo a Dio come amore. E anche al segno massimo, che è il segno di Giona, che è Cristo che muore e risorge per noi, che dà la vita per noi, ci dà il suo Spirito.

Il segno più grande è vivere la realtà sapendo che qui vi è più grande di Salomone e di Giona. La fede non è lo spettacolo, ma è credere nel suo Amore che si manifesta nella semplicità della vita di ogni giorno.

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