Famiglia, Sogno di Dio – Commento al Vangelo per bambini/ragazzi di domenica 30 Gennaio 2022

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Vi ricordate il Vangelo di Domenica scorsa? Pensateci un attimo, perché il brano che abbiamo letto oggi è la continuazione di quello che l’evangelista Luca ha cominciato a raccontarci l’altra domenica.

Proviamo a collegarli. Gesù, girando di villaggio in villaggio, è diventato famoso, la gente lo conosce e lo ammira. Un sabato torna a Nazaret, proprio la sua città, lì dove è cresciuto, entra nella Sinagoga e legge ad alta voce un brano del profeta Isaia. Tutti i presenti lo osservano, curiosi di sapere che cosa dirà. Gesù si siede, e se vi ricordate quello che ci siamo detti la settimana scorsa, questo è segno che sta per parlare come un Maestro.

Bene. E cosa dice Gesù alla folla radunata nella Sinagoga di Nazaret?

Gesù dice con autorità che la parola del profeta Isaia, oggi si è compiuta: diventa vera nella persona di Gesù stesso.

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Grazie a Gesù, oggi i ciechi tornano a vedere, i prigionieri sono liberati e ai poveri è annunciata la gioia. E, dicevamo domenica scorsa, questo oggi non finisce, ma continua ancora, adesso, in ogni nostro oggi.

Ma veniamo al brano di oggi. L’evangelista Luca ci racconta cosa succede dopo che Gesù pronuncia questo annuncio così bello, ma anche così sorprendente.

La gente è meravigliata per le parole di Gesù e dicevano: «Non è il figlio di Giuseppe?»

Eh, già! Tutti si stupiscono di quello che Gesù dice e fa, perché in fondo, a Nazaret, lo conoscono tutti da sempre! Sanno che è figlio di Maria e Giuseppe, lo hanno visto bambino, lo hanno visto giocare per le strade del villaggio insieme agli altri ragazzini. Tutti si ricordano di quando era lì, in mezzo a loro, a lavorare nella bottega di Giuseppe… è uno di loro, e allora com’è che parla in questo modo? Che parla come uno che ha autorità?

Inoltre gli abitanti di Nazaret hanno saputo che lungo il cammino, Gesù sta compiendo miracoli, segni prodigiosi, guarigioni straordinarie… e non vedono l’ora che faccia qualche miracolo anche tra di loro.

Eppure Gesù non fa nulla di tutto questo, non promette privilegi, ma si rifà a due episodi avvenuti tanti e tanti secoli prima, compiuti uno dal profeta Elia e l’altro dal profeta Eliseo per aiutare i suoi paesani a capire il loro errore.

Il primo avvenne durante una grave carestia che durò tre anni e sei mesi: l’azione miracolosa di Dio non si rivolge al popolo di Israele, ma a una vedova a Sarepta di Sidone, cioè ad una donna pagana, una vedova straniera che, pur non avendo nulla da mangiare, aveva accolto il grande Elia.

L’altro episodio è legato ad una malattia terribile, la lebbra. Anche qui viene guarito non un lebbroso ebreo, ma Naaman il Siro, un grande condottiero di un esercito nemico che umilmente aveva accettato il consiglio del profeta Eliseo per guarire dalla lebbra.

Tutto questo per dire che l’amore di Dio non si può chiudere dentro i recinti di un popolo, di una nazione, di una parrocchia, di un gruppo! Dio arriva dove c’è bisogno di misericordia e di amore, sempre e comunque.

All’udire questo discorso, però, la gente si arrabbia: sono tutti delusi, offesi, e vogliono cacciarlo fuori dalla città, anzi lo condussero fino al ciglio del monte sul quale sorgeva la città di Nazareth per gettarlo giù dal precipizio.

Pensate che brutto momento: tutta la gente che spinge, che grida, che agita i pugni, che insulta Gesù. Quando una folla si muove, è come un fiume che trascina con la sua forza. Gesù sente questa corrente che si muove contro di lui, che vuole portarlo via, si ritrova schiacciato tra la folla che lo sta spingendo verso il monte per farlo precipitare.

Non so voi, ma io mi sarei proprio spaventato! E molto!

Ma Gesù non si lascia spaventare, resta tranquillo e si lascia condurre fuori dalla Sinagoga, fin sul monte. Poi, senza dir nulla, in silenzio, s’intrufola in mezzo ai tanti che urlano e spingono, e si allontana, dispiaciuto, triste, rifiutato dai suoi.

L’Impegno

Il racconto di quanto accaduto a Gesù oggi, se ci pensate bene, assomiglia a quello che tante volte facciamo anche noi con Lui, io per primo.

Arriviamo alla Messa pieni di entusiasmo, cantiamo, ascoltiamo le letture e l’omelia, ma poi se quello che sentiamo non ci piace, o ci sembra troppo scomodo, difficile da mettere in pratica, ci isoliamo, a volte ci innervosiamo pure, e poi una volta usciti dalla chiesa, dimentichiamo tutto.

Certo, non portiamo Gesù sul ciglio di un monte per buttarlo giù, ma in un certo qual modo assomigliamo anche noi alla gente di Nazaret: vogliamo che le nostre preghiere siano ascoltate dal Signore, desideriamo ottenere quello che gli domandiamo, e se questo non avviene, ci arrabbiamo con Lui.

Cari genitori e cari bambini, fermiamoci un momento in silenzio a guardare nel profondo del nostro cuore. Se ci accorgiamo di vivere questa difficoltà, questa fatica, se ci sentiamo delusi o arrabbiati, diciamolo a Gesù.

Diciamogli di non allontanarsi in silenzio, di restare con noi anche quando brontoliamo, anche quando il suo Vangelo ci sembra troppo duro.

Padre Buono, aiutaci ad aprire il nostro cuore a Gesù, ad accoglierlo così che possa sempre abitare dentro di noi.

Amen e Buona Domenica

Fonte: Famiglia, Sogno di Dio il blog di Paolo e Diane