Fabio Quadrini – Commento al Vangelo di domenica 9 Maggio 2021

935

Effettivamente questo versetto stona moltissimo, tanto a livello di concordanza teologica, quanto a livello di rispondenza logica:
ยซVoi siete miei amici, se fate ciรฒ che io vi comandoยป (Gv 15, 14).

Stona a livello teologico, in quanto al Signore non appartiene lโ€™atto dellโ€™imporre, quanto del proporre; in quanto al Signore appartiene lโ€™invitare, non il comandare.
Il dono piรน grande che il Signore ha concesso allโ€™uomo รจ proprio la libertร , difatti Egli ci ha lasciati liberi: liberi di scegliere tra il bene e il male; liberi di sceglierlo; liberi di divenire o meno suoi amici.
Ed รจ affermazione incontestabile come un vero amico, il vero amico, non sia colui che nega sempre quello che io nego, e che afferma sempre quello che io affermo, ovvero che dice e fa esattamente quello che io gli comando di fare e dire, ma sia colui che, nel pieno esercizio della sua libertร , concorda con me se รจ bene e giusto concordare, ma con me dissente se รจ giusto e bene dissentire.
Altrimenti non si tratta di amicizia, bensรฌ di servitรน, o peggio schiavitรน, fino a degenerare nel piรน viscido (ci si consenta un termine non codificato ma alquanto esplicativo) โ€œlacchismoโ€.
Lโ€™amicizia, invero, non implica mielosa prostrazione, e non fa rima con schiavitรน o servitรน, ovvero con il comandare: eppure il Signore riconosce come suoi amici proprio coloro che obbediscono al suo comando.

Da ciรฒ, ecco lโ€™altro livello di stonatura: quella logica, la quale รจ, come appena spiegato, palesemente manifesta nel versetto giร  citato, e viene a ribadirsi anche nel versetto immediatamente seguente:
ยซNon vi chiamo piรน servi, perchรฉ il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perchรฉ tutto ciรฒ che ho udito dal Padre mio lโ€™ho fatto conoscere a voiยป (Gv, 15, 15).
Ma come puรฒ esserci amicizia se dallโ€™amico si pretende cieca ed integerrima obbedienza al proprio comando? Come si puรฒ negare la qualitร  di servitรน al destinatario di un comando?

Quante volte mi sono posto questa domanda, e quante volte, ascoltando o leggendo questo passo, sono rimasto confuso e stordito dallโ€™asprezza della sua acuta stonatura.
Certamente il confronto con un padre spirituale, in questi casi, รจ fondamentale, affinchรฉ la Parola di Dio non rimanga abbandonata alla nostra insolente, presuntuosa, ma arida, interpretazione, ovvero manipolazione, e non ci induca nella tentazione โ€œeisegeticaโ€ di foggiare, o forgiare, un โ€œDio come dico ioโ€, un โ€œvitello dโ€™oroโ€ (cf. Es 32, 4) a cui tiriamo o molliamo le briglie cosรฌ come ci fa comodo.

Tuttavia, anche uno studio attento e rispettoso della Scrittura, potrebbe aiutarci a comprendere quello che, in nuce, la Parola di Dio riesce a veicolare e rivelare, sempre attenti a ricordare, come diciamo sempre fino ad annoiare il lettore, come la Parola di Dio non sia solo โ€œstoriaโ€ (lettura letterale) o solo kรฉrygma (lettura teologica), bensรฌ un โ€œet-etโ€, ovvero โ€œe storia e kerygmaโ€.

Detto ciรฒ, il verbo usato nel greco originario del Vangelo odierno, ovvero entรฉllo/entรฉllomai intende esattamente ยซcomandare/ordinare/imporre/ingiungereยป.
E questa lettura โ€œstoricaโ€, ovvero letterale, deve essere certamente riconosciuta ed accolta.
Difatti, se lโ€™amico in questione รจ Gesรน Cristo, come non possiamo non obbedire ai suoi โ€œcomandiโ€? Egli che per primo ha ยซosservato i comandamentiยป del Padre (cf. Gv 15, 10).
Invero, abbiamo detto che lโ€™amico vero ha il dovere di concordare se รจ bene e giusto concordare: e come รจ possibile non concordare con i precetti del Signore, come รจ possibile non ubbidire ai comandamenti del Signore, Egli che รจ Via, Veritร  e Vita (cf. Gv 14, 6)?
Dissentire dinanzi al comando del Signore, infatti, non รจ esercizio di libertร  di un vero amico, bensรฌ atto di vanagloria di un superbo nemico.

Nondimeno, cerchiamo di scendere nella profonditร  di questo termine cosรฌ particolare, ovvero che diventa cosรฌ particolare dato il contesto in cui รจ inserito.
Il verbo entรฉllo/entรฉllomai, invero, รจ espressione di un concetto piรน profondo della mera, scarna e cruda, imposizione, poichรฉ esso intende propriamente una completezza, una pienezza, e piรน che ยซcomandareยป in senso stretto, esso esprime, nel suo impulso intimo, un ยซcompiereยป, ovvero un ยซessere intero/perfettoยป: difatti entรฉllo (ยซcomandareยป) รจ direttamente in rapporto con tรฉlos, ovvero ยซcompimento/pienezza di risultatoยป.
Proviamo, allora, a rendere il versetto di Gv 15, 14, introducendo lโ€™analisi semantica che abbiamo indicato:
ยซVoi siete miei amici, se fate ciรฒ che io vi compioยป.

Chiaramente il senso rimane ancora un poโ€™ celato.
Ci facciamo aiutare nella comprensione dal dativo umฤซn, ovvero dal pronome ยซviยป.
In greco, il dativo esprime principalmente il complemento di termine, che puรฒ essere reso in traduzione tanto con lโ€™ordinario ยซa voiยป, quanto con il cosiddetto โ€œdativo di interesseโ€, ovvero ยซper voiยป.
Torniamo, allora, ad esplicitare esegeticamente il versetto in questione:
ยซVoi siete miei amici, se fate ciรฒ che io per voi comandoยป, dove il ยซper voiยป puรฒ valere sia come ยซvoi siete i destinatari del mio comando, quindi a voi spetta obbedireยป, ma anche ยซvoi siete i destinatari del mio comando, quindi quanto io comando รจ a vostro vantaggio e beneficioยป.
Ma il senso pieno del versetto lo si puรฒ desumere se esplicitiamo la riga in questione traducendo entรฉllo con ยซcompiereยป:
ยซVoi siete miei amici, se fate ciรฒ che io per voi compioยป.

Ecco come il senso profondo del versetto, superando ogni possibile fraintendimento, riesce, dal suo intimo, a venire in superfice: voi siete miei amici non tanto, o non solo, se obbedite al mio comando, bensรฌ se fate quello che io (per primo) porto a compimento per voi, ovvero se confermerete, o ancor piรน forte, se imiterete e testimonierete quanto io (prima di chiedere a voi di farlo) sto ora facendo interamente, perfettamente e pienamente per voi.

Ma cosa sta compiendo pienamente Gesรน per coloro, ovvero a vantaggio di coloro, che Egli definisce suoi amici?
Ecco che il senso del versetto in esame (Gv 15, 14) non va trovato tanto nella riga seguente (Gv 15, 15), ma in quella precedente:
ยซNessuno ha un amore piรน grande di questo: dare la sua vita per i propri amiciยป (Gv 15, 13).
Difatti, il capitolo 15 secondo Giovanni รจ a ridosso della Passione di Gesรน, la quale รจ pienamente lโ€™atto supremo che il Signore compie a vantaggio nostro, a vantaggio degli uomini, che il Signore vorrebbe fossero tutti suoi amici, quindi che fossero tutti beneficiari del suo sacrificio di amore, ben sapendo perรฒ che lโ€™amicizia col Signore sarร  perfetta solo se sapremo anche noi compiere lo stesso amore che Egli ha compiuto per noi, se sapremo ri-fare quanto Egli ha fatto: ยซDa questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altriยป (Gv 13, 35). -Ricordiamoci sempre, perรฒ, come Gesรน sia il Christรณs (il ยซMessiaยป, ovvero lโ€™ ยซUnto di Dioยป), non il chrestรณs (ยซbonaccione/sempliciottoยป)

Chiudiamo con due note a corollario, che riescono ad offrirci una portata piรน ampia del verbo (entรฉllo) e del contenuto che abbiamo analizzato.
Il verbo entรฉllo, ovvero ยซcomandareยป, ma meglio ยซcompiere pienamente/perfettamenteยป, come detto, รจ in piena sintonia con il sostantivo tรฉlos, ovvero ยซcompimento/pienezza di risultatoยป.
Questโ€™ultimo nome lo troviamo nel pieno della sua forza espressiva in Gv 13, 1:
ยซPrima della festa di Pasqua, Gesรน, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amรฒ fino alla fineยป.
Lโ€™espressione ยซfino alla fineยป nel greco originario รจ, infatti, eis tรฉlos che intende, ora o sappiamo bene, non tanto che Gesรน amรฒ (e ama) i suoi discepoli fino a quando tutto si sarร  concluso e spento (ยซfino alla fineยป appunto), ma il Signore ยซli amรฒ fino al fineยป, ovvero ยซfino al compimento pienoยป, fino alla perfezione: poichรฉ la Croce non รจ stata la fine di tutto, ma il fine di tutto; poichรฉ con la Croce non si รจ concluso e spento tutto, ma con essa tutto si รจ acceso, poichรฉ tutto รจ giunto a compimento.

Ed ecco la seconda nota.
Cosa ha pronunciato, invero, Gesรน in croce, proprio alla fine, quanto tutto stava finendo (ovvero quando tutto stava raggiungendo non la fine ma il fine, il compimento e la perfezione)?
ยซDopo aver preso lโ€™aceto, Gesรน disse: โ€œรˆ compiuto!โ€œ. E, chinato il capo, consegnรฒ lo spiritoยป.
E il verbo adoperato รจ tetรฉlestai (coniugato da telรฉo), esattamente derivato da tรฉlos, ovvero direttamente connesso a entรฉllo.
Difatti il Gesรน in croce, secondo Giovanni, รจ un Gesรน in trono, un Gesรน compiutamente e pienamente glorioso.

Terminiamo, infine, con lโ€™ultimo dettaglio.
Nel Vangelo secondo Giovanni non รจ narrata lโ€™Ultima Cena, ma questo episodio viene โ€œrichiamatoโ€, in questo medesimo testo evangelico, in altri momenti (es. il capitolo 6 in cui si tratta del cosiddetto โ€œPane di Vitaโ€).
Ebbene, potremmo esegeticamente richiamare lโ€™Ultima Cena anche nella parte di versetto che abbiamo esaminato oggi, poichรฉ nellโ€™espressione: ยซ[Voi siete miei amici, se] fate ciรฒ che io per voi compioยป, alla luce di tutto quello che abbiamo evidenziato nel nostro commento, potremmo benissimo renderla come il calco dellโ€™espressione che troviamo in Lc 22, 19: ยซ[โ€ฆ Questo รจ il mio corpo, che รจ dato per voi;] fate questo in memoria di meยป.

Fonte

Per gentile concessione di Fabio Quadrini che cura, insieme a sua moglie, anche la rubrica ALLA SCOPERTA DELLA SINDONE: https://unaminoranzacreativa.wordpress.com/category/sindone/