Domenica scorsa il Vangelo era tratto da Mt 20,1-16 (un padrone che chiama lavoratori per la sua vigna in varie ore del giorno, e alla fine dร a tutti lo stesso compenso โ Cf. PENSARONO).
Questโoggi la Liturgia ci presenta una pericope estratta da Mt 21,28-32.
Eppure, siamo al cospetto dello stesso identico episodio.
Affermazione troppo azzardata?
Verifichiamo.
In primo luogo, il fondale.
Si parla anche oggi, cosรฌ come domenica scorsa, di lavoro presso la vigna* di un uomo (Cf. Mt 21, 28. Che poi questo ยซuomoยป sia qualificato anche come ยซsignoreยป e ยซpadreยป [Cf. Mt 21, 30-31] meriterebbe un altro approfondimento, che questโoggi tralasciamo)
In secondo luogo, la settimana scorsa abbiamo trattato del termine nรณmos (ยซleggeยป), e abbiamo enunciato la dinamica in cui questo termine รจ inserito in San Paolo, ovvero la relazione antitetica che tale nome ha nei confronti del movimento pรญstis/chรกris (ยซfedeยป/ยซCaritร -Graziaยป) โย dikaiosรบne (ยซgiustizia/giustificazioneยป).
Ebbene, i versetti odierni di Mt 21, 31b-32, che potremmo definire la ยซseconda parteยป della pericopeยป odierna, esprimono propriamente lo stesso andamento di cui parlavamo sette giorni fa, usando esattamente gli stessi termini appena sopra citati:
โ ยซE Gesรน disse loro: โIn veritร io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia (dikaiosรบnes), e non gli avete creduto (episteรบsate); i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto (epรญsteusan). Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti cosรฌ da credergli (pisteลฉsai)ยป.
Invero i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, a cui Gesรน si rivolge, sono brutalmente espressione di quel nรณmos (ยซleggeยป ) che non salva; mentre i pubblicani e le prostitute rappresentano fortemente coloro che tendono la mano al Signore (pรญstis [ยซfedeยป]) dalle sabbie mobili del loro peccato, ricevendo da Costui la chรกris (ยซGraziaยป), quindi meritare la dikaiosรบne (ยซGiustificazioneยป).
In terzo luogo, andiamo ad analizzare la ยซprima parteยป dellโestratto evangelico odierno, ovvero Mt 21, 28-31a, e controlliamo se anche in tali righe puรฒ ritrovarsi equivalenza col racconto della settimana scorsa, il quale aveva per tema il ยซCosรฌ gli ultimi saranno primi e i primi, ultimiยป (Mt 20, 16). โQuando accanto ad un versetto viene scritto ยซaยป o ยซbยป, tali lettere indicano la ยซprima metร ยป o la ยซseconda metร ยป del versetto medesimo
Per procedere con tale verifica, ci lasciamo condurre dal verbo metamรฉlo, che ritroviamo nel versetto di Mt 21, 29:
โ ยซEd egli rispose: โNon ne ho vogliaโ. Ma poi si pentรฌ (metamรฉlo) e vi andรฒยป.
Tale verbo รจ tradotto perfettamente, in quanto vale giustamente ยซpentirsi/avere rincrescimentoยป.
Come ci accade spesso (sempre?), perรฒ, scavare nel profondo, ovvero ricercare la radice della parola, ci fa notare delle rilevanti sfumature.
Ebbene, il verbo metamรฉlo รจ composto dalla preposizione metรก e dal nucleo verbale vero e proprio ovvero mรฉlo.
Scrutiamo attentamente tali elementi.
La preposizione metรก ha molteplici sfaccettature semantiche, ma nel caso di specie essa intende il senso di ยซordine, successione nello spazio e nel tempoยป, ovvero ยซdopo/appresso/dietro/poiยป.
Il verbo mรฉlo esprime tecnicamente il significato di ยซsono oggetto di cura/ho pensiero di qualcosaยป: in buona sostanza manifesta un egoistico ยซtutto ruota e gravita attorno a meยป.
Di ciรฒ dato atto, รจ straordinario quindi come questo evangelico ยซpentirsiยป sia profondamente non un semplice ยซrimorso, in valore del quale si รจ ben disposti anche ad accettare una penaยป, bensรฌ un ยซvorticoso e viscerale rimescolamento delle cose, dei ruoli, delle gerarchie, delle prioritร ยป, in quanto metamรฉlo, ad offrirne una traduzione letterale, intende un vigoroso e deciso ยซio vengo dopoยป, ovvero ยซle mie preoccupazioni e la cura verso me stesso (mรฉlo) sono un poi (metรก)ยป, ovvero ยซnon voglio (piรน) essere egoistaยป.
Ma, mettere se stessi dopo/appresso/dietro/poi, non significa farsi ยซsecondiยป, o ancor meglio farsi ยซultimiยป?
Ecco, allora, che possiamo riprendere e ritornare al Vangelo odierno, e notare la dinamica del ยซfiglio che si penteยป (Mt 21, 28-29):
โ ยซ[โฆ] Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: โFiglio, oggi vaโ a lavorare nella vignaโ. Ed egli rispose: โNon ne ho vogliaโ. Ma poi si pentรฌ e vi andรฒยป.
Ebbene, aperto il guscio di quel ยซsi pentรฌยป, ecco che viene alla luce il gheriglio del versetto, che altro non รจ se non il ยซCosรฌ gli ultimi saranno primi e i primi, ultimiยป (Mt 20, 16) di domenica scorsa.
Difatti quel figlio, ovvero il ยซprimoยป figlio, ยซsi pentรฌยป, ovvero ยซla cura verso sรฉ stesso/le sue prioritร ยป divennero un ยซpoiยป: questo figlio era ยซprimoยป, ma si รจ fatto ยซultimoยป, si รจ fatto ยซpoiยป, dietro allโuomo-signore-padre.
Da tutto questo รจ veramente molto molto forte la fine del versetto di Mt 21, 29, che se sciolta in senso letterale potrebbe rendersi cosรฌ:
โ ยซMa poi (รบsteron) fece di sรฉ stesso un poi (metamรฉlo) e vi andรฒยป.
Riusciamo a scovare un ยซpoiยป ridondante, ribadito, quasi a voler sottolineare, anche col lessico, come il figlio ยซprimoยป si sia fatto ยซpoissimoยป.
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Ma il figlio ยซsecondoยป?
Andiamo al Vangelo (Mt 21, 30):
โ ยซSi rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: โSรฌ, signoreโ. Ma non vi andรฒยป.
In tale riga, di notevole rilevanza รจ la risposta di questo figlio: ยซSรฌ, signoreยป.
Nel greco originale del testo siamo specificamente in presenza di queste parole: egรณ, kรบrie, che rese letteralmente andrebbero tradotte con: ยซIo, signoreยป.
Certo, la traduzione che leggiamo e ascoltiamo non รจ sbagliata, in quanto la formula traslata egรณ, kรบrie ha immancabilmente il significato di ยซPresente, signoreยป (quindi la resa con ยซSi, signoreยป รจ perfetta), ma la Parola di Dio non puรฒ fermarsi solo al suo senso superficiale, al suo senso base (che pur bastando, non basta).
Difatti, la resa letterale di quellโegรณ, kรบrie con ยซIo, signoreยป non solo riempie efficacemente codesta risposta, che non รจ per nulla ยซobbedienzaยป, bensรฌ ยซego-ismoยป (e cosรฌ siamo a spiegarci la dinamica di disubbidienza che ne consegue: ยซego-ismoยป, infatti, รจ certamente un ยซsiยป, tuttavia รจ un ยซsiยป a sรฉ stessi, non allโaltro), ma dร pienezza, completezza, compimento anche a quellโapparentemente insignificante ordinale di ยซsecondoยป, che non รจ solo un criterio sequenziale per dare assetto al racconto (รจ anche questo, ma non solo questo), bensรฌ espressione di partenza di un movimento che procede al contrario del figlio precedente, in quanto il figlio ยซsecondoยป รจ colui che da ยซultimoยป si รจ fatto ยซioยป, si รจ fatto ยซIo, signoreยป, si รจ fatto ยซprimoยป.
Un lettore, a questo punto, potrebbe rendere la seguente osservazione:
โ ยซGesรน domenica scorsa disse: โCosรฌ gli ultimi saranno primi e i primi, ultimiโ โ (Mt 20, 16), quindi il figlio โsecondoโ di questโoggi ha compiuto correttamente la dinamica indicata dal Signore, poichรฉ, se da primi dobbiamo farci ultimi, vale anche il contrario, ovvero da ultimi dobbiamo farci primiยป.
Rispondere a questa speculazione dicendo:
โ ยซSolo il Signore puรฒ rendere primiยป,
รจ risposta verissima, la piรน vera, lโunica vera, ma non esaustiva alla logica della domanda proposta, in quanto ci si potrebbe trovare dinanzi alla seguente replica:
โ ยซQuindi, ultimi si diventa per nostra opera, ma anche per volontร del Signore, in quanto Egli, che fu il primo a svuotarsi, non disdegna di svuotare quelli che ama (Cf. Prima Lettura odierna [Fil 2,1-11]), mentre per diventare primi occorre attendere che sia esclusivamente il Signore ad operare? Se tanto io quanto il Signore siamo soggetti operanti nellโabbassamento, รจ corretto e logico che tanto il Signore quantโanche io interveniamo nellโinnalzamento. Altrimenti significa che la fede si gira le frittate come gli pareโฆยป.
Ebbene, la risposta chiarificatrice viene sempre dal Vangelo:
โ ยซPerciรฒ chiunque si farร piccolo [โฆ], costui รจ il piรน grande nel regno dei cieliยป (Mt 18, 4) -Lโespressione ยซsi farร piccoloยป in greco รจ tapeinรณsei (lo stesso della Prima Lettura di oggi [Fil 2, 8]: ยซumiliรฒ (etapeรญnosen) se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croceยป), ma forse Gesรน avrร usato la parola ebraica anawim, ovvero ยซabbassati/ affondatiยป, quindi ยซultimiยป. Cf. 2Cor 12, 10b: ยซinfatti quando sono debole, รจ allora che sono forteยป.
La citazione evangelica appena riportata (Mt 18, 4) รจ il medesimo ยซrimbalzo di salvezzaยป presente nella Prima Lettura odierna, ovvero nel momento in cui vโรจ il raggiungimento del culmine della bassezza, ecco che esplode il vertice apicale dellโaltezza: ยซumiliรฒ se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltรฒ e gli donรฒ il nome che รจ al di sopra di ogni nomeยป (Fil 2, 8-9).
Interessante notare, poi, come in ebraico vi sia un termine molto particolare in tal senso: kavรณd, che pur venendo dalla radice kavรฉd che significa ยซpeso/pesanteยป, ha il significato di ยซgloriaยป.
Infine, non รจ forse vero che la Croce, che รจ la morte piรน infima, (Cf. sempre la piรน volte citata Prima Lettura: ยซumiliรฒ se stesso [โฆ] fino [โฆ] a una morte di croceยป), in realtร รจ un ยซsollevarsiยป da terra?
Di ciรฒ dato atto, รจ da ammettere, quindi, che anche noi siamo parte operante nel processo e nella dinamica dellโinnalzamento, del nostro innalzamento, ma la Parola di Dio รจ molto precisa: noi siamo fautori del nostro farci ยซprimiยป, proprio ed esattamente nel momento in cui ci facciamo anawim, ยซtapiniยป; nel momento in cui ci facciamo ยซio vengo poi (metamรฉlo)ยป, ovvero ยซultimiยป. Inoltre, il primeggiare ottenuto non รจ quello del e nel mondo (anche se il Signore puรฒ permettere anche questo), ma del e nel ยซregno dei cieliยป (Cf. Mt 18, 4 in sinossi col Vangelo odierno [Mt 21, 31]).
Per farsi primi del e nel mondo, invece, non occorre tutto questo arrovellamento, tutti questi ยซrimbalzi illogiciยป: basta con la massima libertร e con tutta semplicitร dire egรณ, kรบrie (ยซIo, signoreยป). โBen diverso dallโยซEcco/Eccomiยป (idoรน) di Maria. Spesso nel greco (cosรฌ come anche nel latino), quando il verbo รจ assente, di solito รจ sottinteso il verbo ยซessereยป. Ecco che questo egรณ, kรบrie potrebbe quindi rendersi come ยซIo (sono), signoreยป (che in ebraico sarebbe da far valere precisamente con YHWH, Adonรกiย ovvero i nomi propri di Dio). Invero metamรฉlo, per usare una formula che ci fa leggere un immediato raffronto, si potrebbe anche traslare con sรบ, kรบrieย ovvero ยซ(Non io, ma) Tu (sei), signoreยป
A noi scegliere in piena libertร la formula con cui caratterizzare la nostra vita (metamรฉlo o egรณ, kรบrie), ben sapendo, tuttavia, che la logica del primato del e nel mondo, primato che fa venire a tutti (chi puรฒ negarlo: solo i bigotti!) la bava alla bocca (Cf. Mc 9, 18.20; Lc 9, 39), va ยซdallโalba alla seraยป; mentre lโillogicitร del primato del e nel Signore, primato che appare stolto e scandaloso (Cf. 1Cor 1, 23), procede ยซda opsรญas genomรฉnes (ยซvenuta la seraยป) a proฮ (ยซallโalbaยป)ยป โ Cf. PENSARONO.
*Il ยซpalo che sostiene la viteยป in latino รจ patibulum; molto interessante come con patibulum i Romani chiamassero anche il ยซpalo trasversale caricato sulle spalle del cruciarius (โcondannato a morte per crocifissioneโ)ยป. Grazie anche a questo curioso(?) dettaglio, possiamo forse meglio capire i continui riferimenti che Gesรน rimanda alla vigna (Cf. Gv 15, 1: ยซIo sono (egรณ) la vite vera e il Padre mio รจ lโagricoltoreยป)
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