La mano di Cristo, il pastore buono
โNessuno strapperร le mie pecore dalla mia manoโ: queste parole del Signore Gesรน Cristo sono e restano, anche nella notte della fede, anche nelle difficoltร a camminare nella notte, ciรฒ che ci basta per sentirci in relazione con lui. Se anche volessimo rompere questa relazione e se anche qualcuno o qualcosa tentasse di romperla, non potrร mai accadere di essere strappati dalla mano di Gesรน Cristo. Niente o nessuno, infatti, ci potrร mai separare dallโamore di Cristo.
Il capitolo 10 del vangelo secondo Giovanni contiene una lunga discussione tra Gesรน e alcuni farisei che egli dichiara in una situazione di peccato, perchรฉ credono e dicono di vedere mentre in realtร non vedono e non operano un discernimento circa lโidentitร di Gesรน e la qualitร della sua azione (cf. Gv 9,40-41).
Con una parabola Gesรน cercare di rivelare loro come egli non sia un ladro ma sia il pastore che entra ed esce attraverso la porta dellโovile, non in incognito, il pastore che cammina davanti a pecore le quali lo seguono perchรฉ riconoscono la sua voce. La parabola perรฒ non viene compresa e allora Gesรน fa dichiarazioni esplicite su di sรฉ e sulla propria missione: รจ lui la porta dellโovile; รจ lui il pastore buono che, pur di custodire le pecore, รจ disposto a dare la sua vita, perchรฉ ha la capacitร di dare la vita per le pecore e di riceverla di nuovo dal Padre (cf. Gv 10,17). Queste parole creano divisione tra quanti lo ascoltano: alcuni lo giudicano indemoniato, altri riconoscono il suo operare carico di salvezza (cf. Gv 10,19-21).
In quei giorni โricorreva a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesรน camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i capi dei giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: โFino a quando ci terrai nellโincertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamenteโโ (Gv 10,22-24). Gesรน รจ dunque costretto a riprendere la parola per denunciare che la situazione di non fede in lui รจ dovuta al fatto che quegli ascoltatori non sono sue pecore (cf. Gv 10,26), non sono disposti ad accogliere le sue parole.
A questo punto dobbiamo perรฒ fare unโosservazione di grande importanza. Nelle sante Scritture pastori e pecore sono molto presenti, perchรฉ facevano parte della societร pastorale-agricola in cui la Bibbia รจ sorta. Essere pastore significava svolgere un mestiere che aveva grande rilevanza e tutti sentivano la figura del pastore come esemplare. Noi oggi siamo lontani da quella situazione, non conosciamo nรฉ vediamo, se non raramente, pastori che conducono il gregge; e soprattutto, le pecore non ci appaiono capaci di rappresentarci. Per questi motivi, le parole di Gesรน al riguardo non sono piรน performative come lo erano ai suoi tempi in Palestina. Di conseguenza, non mi soffermo tanto sulle immagini del pastore e delle pecore, ma vorrei approfondire i verbi utilizzati, che nelle parole di Gesรน vogliono comunicarci un messaggio su di lui: su Gesรน, ovvero su un uomo che ha vissuto realmente tra di noi, che era umano come noi, che ha lasciato una traccia indelebile del suo comportamento nel cuore di quelli che โsono entrati e usciti con luiโ.
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Innanzitutto Gesรน dice che quanti lo seguono, cioรจ sono suoi discepoli, โascoltano la sua voceโ. Questo รจ lโatteggiamento di chi crede: รจ credente perchรฉ ha ascoltato parole affidabili. ร il primo passo che lโessere umano deve compiere per entrare in una relazione: ascoltare, che รจ molto piรน del semplice sentire. Ascoltare significa innanzitutto riconoscere colui che parla dalla sua voce, dal suo timbro particolare. Ci vogliono certamente impegno e fatica, ma solo facendo discernimento tra quelli che parlano รจ possibile ascoltare quella voce che ci raggiunge in veritร e con amore. Tutta la fede ebraico-cristiana dipende dallโascolto โ โShemaโ Jisraโel! Ascolta, Israele!โ (Dt 6,5; Mc 12,29 e par.) โ e sia nellโAntico sia nel Nuovo Testamento โla fede nasce dallโascoltoโ (fides ex auditu: Rm 10,17). Per avere fede in Gesรน occorre dunque ascoltarlo, con unโarte che permetta una comunicazione profonda, la quale giorno dopo giorno crea la comunione.
La seconda azione che Gesรน presenta come propria delle sue pecore si riassume nel verbo seguire: โEsse mi seguonoโ. Materialmente ciรฒ significa andare dietro a lui ovunque egli vada (cf. Ap 14,4), ma seguirlo anche conformando la nostra vita alla sua, il nostro camminare al modo in cui lui ci chiede di camminare (cf. 1Gv 2,6). Il pastore quasi sempre sta davanti al gregge per aprirgli la strada verso pascoli abbondanti, ma a volte sta anche in mezzo, quando le pecore riposano, e sa stare anche dietro, quando le pecore devono essere custodite affinchรฉ non si perdano. Gesรน assume questo comportamento verso la sua comunitร , verso di noi, e ci chiede solo di ascoltarlo e di seguirlo senza precederlo e senza attardarci, con il rischio di perdere il cammino e lโappartenenza alla comunitร .
In questa condivisione di vita, in questo coinvolgimento tra pastore e pecore, tra Gesรน e noi, ecco la possibilitร della conoscenza: โIo conosco le mie pecoreโ. Certamente Gesรน ci conosce prima che noi conosciamo lui, ci scruta anche lร dove noi non sappiamo scrutarci; ma se guardiamo a lui fedelmente, se ascoltiamo e โruminiamoโ le sue parole, allora anche noi lo conosciamo. E da questa conoscenza dinamica, sempre piรน penetrante, ecco nascere lโamore, che si nutre soprattutto di conoscenza. Cor ad cor, presenza dellโuno accanto allโaltro, possiamo quindi dire umilmente: โIo e Gesรน viviamo insiemeโ. Gesรน รจ โil pastore buonoโ (Gv 10,11.14), certo, ma anche lโamico e lโamante fedele, potremmo dire: sentendoci da lui amati, conosciuti, chiamati per nome, penetrati dal suo sguardo amante, allora possiamo decidere di amarlo a nostra volta.
Che cosa attendere dunque da Gesรน Cristo? Il dono della vita per sempre e quella convinzione profonda che siamo nella sua mano e che da essa nessuno potrร mai strapparci via. La mano di Gesรน รจ mano che ci tocca per guarirci; mano che ci rialza se cadiamo; mano che ci attira a sรฉ quando, come Pietro affondiamo (cf. Mt 14,31); mano che ci offre il pane di vita; mano che si presenta a noi con i segni dellโaver sofferto per darci la vita (cf. Lc 24,39; Gv 20,20.27); mano che ci benedice (cf. Lc 24,50), tesa verso di noi per accarezzarci e consolarci. Ecco quella mano del Signore che piรน volte รจ stata dipinta tesa verso lโessere umano, perchรฉ ognuno di noi per camminare ha bisogno di mettere la propria mano in quella di un altro. Solo cosรฌ non ci sentiamo soli e, anche se non siamo esenti da cadute o sventure, confidiamo di essere sempre sostenuti dal Signore, sempre in relazione con lui.
Queste parole del Kรฝrios risorto โ โNessuno strapperร le mie pecore dalla mia mano, perchรฉ sono il dono piรน grande che il Padre mi ha fatto, il dono piรน grande di tutte le coseโ โ sono e restano, anche nella notte della fede, anche nelle difficoltร a camminare nella notte, ciรฒ che ci basta per sentirci in relazione con il Signore. Se anche volessimo rompere questa relazione e se anche qualcuno o qualcosa tentasse di romperla, non potrร mai accadere di essere strappati dalla mano di Gesรน Cristo. LโApostolo Paolo, significativamente, ha gridato: โChi ci separerร dallโamore di Cristo? Forse la tribolazione, lโangoscia, la persecuzione, la fame, la nuditร , il pericolo, la spada?โ (Rm 8,35). No, niente e nessuno, โma in tutte queste cose noi siamo piรน che vincitori grazie a colui che ci ha amatiโ (Rm 8,37). E la mano di Gesรน Cristo risorto รจ la mano di Dio, perchรฉ lui e il Padre sono uno.
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Ma dobbiamo dirlo: una fede cosรฌ, anche se povera e fragile, scatena lโavversione e la violenza di chi non puรฒ credere in Gesรน. Ecco perchรฉ, al sentire queste sue parole, quei farisei che credevano di vedere bene raccolgono delle pietre per lapidarlo (cf. Gv 10,31). Dove cโรจ unโazione, un comportamento, una parola di amore, gli uomini religiosi vedono una bestemmia, un attentato al loro Dio, che vorrebbero fosse un Dio senza lโuomo, contro lโuomo! Amano infatti piรน la religione che lโumanitร , piรน le idee e la loro dottrina che non lโumano, cioรจ i fratelli o le sorelle accanto a noi nella loro condizione di peccato, di fragilitร : condizione, appunto, propria degli umani, che la mano di Dio deve salvare e rialzare.
Gesรน ha detto:
โIo sono il pastore buonoโ
โIo sono uno con il Padreโ,
ma attraverso lo stile con cui ha vissuto ha anche detto, non esplicitamente ma realmente, nei fatti: โIo sono lโuomo, lโumanitร (โEcce homo!โ), perchรฉ anche in piena relazione con gli uomini e le donne che sono nel mondo. Sono lโuomo come Dio lโha voluto, uno con lโumanitร cosรฌ come sono uno con il Padreโ.
Certamente le parole โIo e il Padre siamo unoโ sono il vertice della rivelazione fatta da Gesรน sul suo rapporto con Dio, sulla sua intimitร , sulla sua comunione con il Padre. Saranno proprio queste parole a ispirare lโaffermazione della divinitร di Gesรน nel concilio di Calcedonia. Parole che risultavano scandalose per i giudei, ma che sono fondamento della fede per noi discepoli di questo Dio fattosi uomo in Gesรน di Nazaret, il nostro pastore.
Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi.
