don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 4 Giugno 2020

Dall’amore alla legge alla legge dell’amore

Giovedì della IX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Dopo il confronto con i farisei e gli erodiani riguardo alla liceità del tributo a Cesare, ma più in generale sulla questione del rapporto tra la responsabilità nei confronti dell’autorità terrena e quella verso Dio, e la disputa circa la risurrezione che ha messo a nudo l’orizzonte puramente mondano e la visione praticamente atea dei sadducei, ora è la volta del rappresentante del gruppo degli scribi, esperti nella legge di Mosè. Gli scribi erano funzionari a servizio della trasmissione della tradizione giuridica in Israele. Per un Israelita l’unica legge valida è quella data da Dio e trasmessa da Mosè e che trova nel Decalogo la sua carta costituzionale. Al contrario delle due discussioni precedenti finalizzate a mettere in difficoltà Gesù, la domanda dello scriba, rivoltagli senza alcun preambolo e che riceve subito una pertinente risposta, rivela il suo desiderio di conoscere la Scrittura, non semplicemente come un grande codice normativo, ma come parola di vita. 

La domanda dello scriba non è una provocazione inquisitoria ma la condivisione di un interrogativo che nasce dal senso di responsabilità come credente e come autorità in Israele. Egli sentiva riduttivo vivere da funzionario della legge, così come un giudice non fa solo applicare la legge e un vero maestro non si limita a comunicare nozioni o verità concettuali astratte. Allora la domanda costituisce il primo passo di quel sano discernimento della volontà di Dio attraverso il quale mettere in pratica i suoi comandamenti e cercare di realizzare la propria vocazione mettendo a frutto i carismi ricevuti. Anche Gesù porta nel cuore la domanda: qual è il cuore della legge in cui risiede il suo spirito e che si manifesta nella varietà e nella molteplicità delle leggi? Davanti alle molte esigenze e alle istanze della gente, qual è la priorità? Chi vive la propria vocazione nel servizio agli altri spesso si trova nella condizione di dover discernere le priorità e distinguere tra ciò che urgente e ciò che è necessario. Quest’opera di discernimento consiste nel cercare l’essenziale, colto il quale, tutto acquista il suo senso e ogni cosa si colloca al suo giusto posto nella scala dei valori.

Chiedersi qual è il primo dei comandamenti equivale a domandarsi cosa è l’essenziale nella vita. La risposta è nella Scrittura il cui centro si raggiunge ascoltando, cioè credendo, nell’unico Dio. La fede non è come un vestito che si adatta alle mie esigenze e che scelgo in base ai miei gusti, ma è una proposta di vita che Dio mi fa al fine di conformare la mia vita alla sua. Al contempo la fede, in quanto relazione personale d’amore, non si riduce a sporadici e occasionali gesti di rito o formale esecuzione di precetti ma, sviluppandosi in un rapporto sempre più intimo e unico, conduce al punto di fare della propria vita un dono. 

La fede, quale esperienza di ascolto dell’altro, sia esso Dio o il prossimo, nella quale scopro la loro unicità e originalità, fa passare dall’amore alla legge alla legge dell’amore. Credere in un solo Dio significa rinunciare a rincorrere gli altri dei, siano essi il denaro, la ricchezza, il piacere, il possesso, il sesso. Dio è unico perché solo Lui ama l’uomo, sua creatura, e amandola la rende libera. Gli dei si fanno servire e creano schiavitù mentre il vero Dio si fa servo per amore. 

I comandamenti sono il modo con il quale l’uomo segue Dio sulla via dell’amore. La strada che conduce Dio a farsi prossimo ad ogni uomo, fino al sacrificio della propria vita, diventa anche quella sulla quale l’uomo conquista il grado sommo della libertà, che è dono totale di sé ai fratelli.

C’è una seconda domanda nel discernimento: Come amare? L’amore dell’uomo nei confronti di Dio è sempre una risposta, una restituzione. L’amore non è emulazione, perché Dio ama in maniera unica e irripetibile. Cosa mi chiede allora il Signore? Di offrirgli con riconoscenza quello che Lui stesso ha dato. Dio mi ha dato un cuore per desiderare la comunione e la riconciliazione, una intelligenza per innamorarmi della bellezza del creato e la forza per condividere con i fratelli, soprattutto i più poveri, i beni terreni che Lui ha posto nelle mie mani.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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