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don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 4 Dicembre 2023

Commento al brano del Vangelo di: Mt 8, 5-11

La parola della riconciliazione che guarisce

Dal libro del profeta Isaìa Is 2,1-5

Il Signore raduna tutti i popoli nella pace eterna del suo regno.

Messaggio che Isaìa, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme.

Alla fine dei giorni,

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il monte del tempio del Signore

sarà saldo sulla cima dei monti

e s’innalzerà sopra i colli

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e ad esso affluiranno tutte le genti.

Verranno molti popoli e diranno:

«Venite, saliamo sul monte del Signore,

al tempio del Dio di Giacobbe,

perché ci insegni le sue vie

e possiamo camminare per i suoi sentieri».

Poiché da Sion uscirà la legge

e da Gerusalemme la parola del Signore.

Egli sarà giudice fra le genti

e arbitro fra molti popoli.

Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri,

delle loro lance faranno falci;

una nazione non alzerà più la spada

contro un’altra nazione,

non impareranno più l’arte della guerra.

Casa di Giacobbe, venite,

camminiamo nella luce del Signore.

La Parola di Dio guida nel pellegrinaggio della pace

Il messaggio del profeta Isaia proietta una luce di speranza sulla storia degli uomini avvolta nel buio del caos, della guerra, delle contraddizioni sociali. Al centro dell’oracolo profetico c’è l’incontro tra i popoli che salgono sulla santa montagna e la Parola di Dio che esce dal Monte saldo e sicuro.

Dunque, il fine della storia è la meta del pellegrinaggio di tutti gli uomini verso il Signore che, da parte sua, lascia la sua dimora per andare incontro agli uomini. In contrasto con la moltiplicazione degli idoli e, con essi, dei falsi insegnamenti che alimentano ingiustizia e violenza, la Parola di Dio stabilisce l’unica autorità e il solo vero insegnamento capace di mettere pace e trasformare gli strumenti di guerra e distruzione in utensili che servono a coltivare la giustizia e la comunione.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 8,5-11)

Molti dall’oriente e dall’occidente verranno nel regno dei cieli.

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».

La parola della riconciliazione che guarisce

Il vangelo di Matteo ci presenta la figura del centurione, un soldato romano che guidava la guarnigione di cento soldati a Cafarnao, addolorato perché il suo servo è ammalato. Pur non essendo un ebreo e un discepolo di Gesù, ma addirittura un pagano e rappresentante del potere straniero in Israele, tuttavia prega il Signore implorando la guarigione del suo servo. Il centurione ama veramente il suo amico, ecco perché nella sua preghiera lo porta davanti a Gesù e lui, colpito dalla compassione del soldato romano, promette l’intervento terapeutico. Il pagano si lascia portare dalla speranza che alimenta la carità. La virtù della speranza è plasticamente tradotta nel pellegrinaggio che il centurione fa per incontrare Gesù. Sono differenti, sì, ma non distanti. Il militare intuisce che a Gesù può aprire il suo cuore e rivolgergli la supplica senza doversi vergognare e senza la paura di essere giudicato. La fede del centurione, lodata da Gesù, è impreziosita dall’umiltà. È consapevole della propria indegnità e di non poter vantare alcun merito davanti a Gesù, ma crede alla potenza efficace della sua parola. Il centurione è consapevole della differenza tra lui e Gesù perché essa si basa sull’affidabilità della parola. Il comando del centurione è eseguito mentre la parola di Gesù sana. La parola di Gesù è terapeutica perché comunica e dona la forza vitale dello Spirito Santo. Dove giunge la luce della parola di Dio si compie la profezia di Isaia: spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci. Chi si nutre della Parola di Dio quotidianamente e la fa abitare nel proprio cuore è ammesso alla comunione festosa dei santi e con loro partecipa alla gioia riservata ai servi buoni e fedeli. La preghiera d’intercessione del centurione non annulla le differenze, ma accorcia le distanze perché permette alla parola di Dio di riconciliare e guarire.

La Parola cambia la vita

  • Come il centurione, crediamo nel potere salvifico della Parola di Dio?
  • Quanto spazio diamo all’ascolto della Parola di Dio e alla meditazione nella vita quotidiana?
  • Ci affidiamo a Dio nei momenti di sofferenza, difficoltà, consapevoli che Lui è con noi e non ci farà mancare la sua grazia?

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna

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