don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 22 Maggio 2023

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Beato l’uomo che confida nel Signore – Lunedì della VII settimana di Pasqua

✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 16,29-33

Dagli Atti degli Apostoli At 19,1-8

Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?

Mentre Apollo era a Corìnto, Paolo, attraversate le regioni dell’altopiano, scese a Èfeso.

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Qui trovò alcuni discepoli e disse loro: «Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?». Gli risposero: «Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo». Ed egli disse: «Quale battesimo avete ricevuto?». «Il battesimo di Giovanni», risposero. Disse allora Paolo: «Giovanni battezzò con un battesimo di conversione, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù».

Udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, discese su di loro lo Spirito Santo e si misero a parlare in lingue e a profetare. Erano in tutto circa dodici uomini.

Entrato poi nella sinagoga, vi poté parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori di ciò che riguarda il regno di Dio.

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La Chiesa ministra del Battesimo nello Spirito Santo

Nel suo terzo pellegrinaggio missionario l’apostolo torna ad Efeso. Qui incontra dodici persone che avevano aderito alla fede mediante i discepoli del Battista che, al pari di altri, avevano fatto proseliti lì dove erano andati, dopo aver lasciato la patria. Paolo si informa sul loro cammino di fede che, per motivi a noi ignoti, era rimasto in una fase incipiente.

Il battesimo di Giovanni, infatti, era il segno di appartenenza ad un movimento nel quale si recuperava la spiritualità dei profeti d’Israele che esortavano ad armonizzare fede e vita, culto a Dio e amore fraterno, partendo dalla attuazione fedele della Legge. Potremmo vedere in questo incontro l’eco di quello tra Gesù e il notabile ricco (Lc 18, 18-23). Fin dalla sua giovinezza il notabile è stato un fedele seguace della via dei comandamenti, ma gli manca una cosa, per essere veramente felice.

Egli sente, infatti che gli manca la vita eterna, ovvero l’amore che può renderlo veramente felice. Gesù gli chiede di lasciare tutti i suoi beni, di farsi povero e seguirlo. Quell’uomo non volle spogliarsi dei suoi beni e se ne andò triste. Paolo, riprendendo la predicazione di Giovanni, ricorda che il profeta predicava solo la conversione, cioè il fare penitenza per poter seguire il Messia che sarebbe venuto subito dopo di lui. Gesù, infatti, iniziò la sua missione quando il Battista fu messo in prigione. Giovanni ha indicato in Gesù la guida da seguire e il Cristo in cui credere perché lui avrebbe battezzato nello Spirito Santo.

Il gruppo delle dodici persone credono alle parole di Paolo e fanno un passo in avanti nella fede facendosi battezzare nel nome del Signore Gesù. In tal modo, essi fanno la stessa cosa che avevano fatto i primi due discepoli di Gesù, secondo il vangelo di Giovanni: lasciano il Battista per seguire Gesù. Uno di essi è quel discepolo amato che, presente sotto la croce, raccoglie l’eredità di Gesù, il dono dello Spirito Santo, e accoglie la madre. Così i dodici, battezzati nello Spirito Santo dal Signore Gesù per mezzo di Paolo, ricevono il dono della profezia che li abilita ad essere testimoni del vangelo con la parola e con la vita.

Ancora una volta l’evangelista Luca mette in evidenza la centralità dello Spirito Santo la cui opera è indispensabile affinché il seme vangelo possa essere sparso e fruttificare nel cuore dei credenti in Cristo.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 16,29-33)

Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!

In quel tempo, dissero i discepoli a Gesù: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».

Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.

Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».

Beato l’uomo che confida nel Signore

I discepoli credono che Gesù sia un vero profeta, un uomo che viene da Dio, perché conosce in anticipo il suo futuro e apertamente rivela il suo destino. Essi rimangono colpiti dal modo con il quale Gesù parla della sua morte. Lo fa con la pace del cuore che i suoi discepoli confondono con una serena rassegnazione. Gesù specifica che la sua pace non deriva dal fatto di sapere quale sia la sua fine ma dalla certezza che, pur avvertendo drammaticamente l’umana solitudine dovuta all’abbandono dei suoi nel momento della prova, egli è certo che il Padre non lo lascia da solo.

Credere non significa avere consapevolezza di una verità anche se scomoda e difficile da accettare perché per quanto possiamo sapere di un evento ineluttabile possiamo arrivarci impreparati, proprio come capita ai discepoli di Gesù perché essi si fidano troppo di sé. La consapevolezza che traspare delle parole di Gesù non poggia sulla fiducia riposta in sé o negli altri, ma solamente in Dio. Solo Lui rimane fedele perché resta l’unico sostegno nell’ora della tribolazione. La rivelazione di Gesù non trova il suo apice né nella sua scienza né nella sua coscienza, ma nell’amore eterno del Padre. La pace di Gesù nasce dal rimanere unito al Padre soprattutto nell’ora della tribolazione. Quella sarà la testimonianza e la rivelazione più vera di Gesù.

Da lì i discepoli devono attingere la pace per rimanere uniti a Dio anche nel momento del dolore. Allora la fede si coniuga con la carità perché credere significa rimanere uniti nel dolore anche quando la sofferenza dell’altro è colta come una minaccia per sé. Gli apostoli subiranno la stessa sorte di Gesù e anche noi quando siamo tribolati nella vita possiamo avere l’impressione di essere soli e abbandonati perché in realtà trasferiamo in Dio quel sentimento di ripulsa per il dolore che ci fa scappare e allontanare da chi soffre.

Credere non significa aver compreso tutto ma, proprio quando si ha l’impressione di non aver capito nulla e di essersi sbagliati o illusi, cercare con tutte le proprie forze il volto di Dio e coltivare il desiderio di sperimentare la medesima consolazione che ha sostenuto la fiducia di Gesù nei confronti del Padre fin sulla croce.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna