don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 17 Novembre 2022

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Quando piangere è un esercizio di compassione

La vicenda del cieco di Gerico e di Zaccheo insegna che chi lo cerca con umiltà e lo accoglie con gioia viene salvato, rinasce a nuova vita. Al contrario, Gerusalemme, la città posta in alto sul monte Sion, riserva a Gesù un trattamento ingiusto. Ai suoi occhi appare chiaramente la sua altezzosa bellezza che però nasconde l’orgogliosa autoreferenzialità quasi a volersi difendere da Dio. 

Lo sguardo di Gesù è quello dello sposo che però non si compiace della bellezza della sua sposa, ma piange la sua malattia che l’ha deformata e l’ha sta portando alla morte. Gesù fa un lamento funebre. Gli occhi di Gerusalemme sono spenti come quelli di chi non è più cosciente. Nel pianto di Gesù è raccontato tutto il dolore dell’Amore non amato, dell’aiuto rifiutato, della pace combattuta, della giustizia umiliata.

Gerusalemme diventa il simbolo di coloro che sono refrattari agli inviti del Signore a convertirsi e a lasciarsi guarire e continuano a nascondersi dietro la maschera del perbenismo e del culto esteriore a cui non corrisponde l’adorazione del cuore. Gerusalemme senza il Santo in mezzo a lei è non è più città santa ma maledetta, come un corpo senza anima diventa un cadavere che si corrompe. 

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Il lamento di Gesù è eco del pianto di Dio che, come una madre, non si dà pace per la perdita dei suoi figli. Le lacrime di Dio sono amare come la rabbia ma esse hanno la forza di scavare e liberare anche i cuori più induriti. L’amore di Dio scende su di noi come rugiada che ristora e similmente le lacrime sono versate per smuovere la nostra presunzione e ammorbidire le nostre grette rigidità. Picconiamo il nostro orgoglio perché non diventi la pietra tombale sulla speranza alla quale Dio ci chiama e raccogliamo lacrime di Dio perché esse scavino in noi canali di grazia.

Oggi, la visione del pianto di Gesù ci porti a stargli vicino e a consolarlo, come faremmo con una persona il cui dolore ci commuove perché ci coinvolge. Compatire il dolore di Dio ci aiuterà a sentire vero dolore per i nostri peccati, per le ferite che provocano le nostre parole e la superficialità con la quale capita di trattare quelli che ci stanno vicini. Usare tenerezza nei confronti di Gesù ci permetterà di superare il senso di fastidio o la rabbia che suscitano gli atteggiamenti degli altri. 

Leggi la preghiera del giorno.

Commento a cura di don Pasquale Giordano

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FonteMater Ecclesiae Bernalda
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