don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 10 Giugno 2020

Dio non assegna ruoli ma offre opportunità

Mercoledì della X settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

«Non sono venuto ad abolire ma a dare compimento» L’immagine del sale e della luce è servita a Gesù per parlare dei suoi discepoli e del loro ruolo nel mondo. Le opere buone che essi compiono sono tali nella misura in cui favoriscono un cambiamento in questo mondo e per questo tempo. Il sale trasforma la pietanza dandole sapore e la luce modifica l’ambiente in cui risplende rendendolo visibile. 

Gesù ha così tracciato la via della felicità che ognuno è chiamato a percorrere. È una via possibile, anche se a volte sembra che sia troppo in salita e difficile da intraprendere o sulla quale non si può andare avanti. Eppure, la felicità non è una conquista ma l’effetto di una scelta di vita nella quale spendersi per gli altri e non solamente per sé stessi. Il sale per insaporire si scioglie e scompare e la luce per ardere consuma la cera o l’olio che l’alimenta. 

Ma diventiamo insipidi e ci spegniamo quando capiamo di aver sbagliato scelte di vita e se pensiamo che ci sia stato assegnato un ruolo non adatto a noi. In realtà Dio non ci assegna ruoli ma ci dona una vocazione comune, quella di essere considerati grandi nel Regno dei cieli, cioè felici. Quando siamo delusi vorremmo gettare tutto all’aria, cancellare persino i ricordi o qualsiasi cosa ci tenga legati a ciò verso il quale sentiamo un senso di rigetto. 

Gesù corregge il modo di vedere sé stessi e gli altri quando si è accecati dalla rabbia e feriti dalla delusione. Forse abbiamo “preteso” di cambiare gli altri secondo il proprio personale progetto. Si è sognato un marito comprensivo e collaborativo o accondiscendente o una moglie premurosa, dolce, attenta e forse anche sottomessa. Nel desiderare i figli si è immaginato che realizzassero quelle aspirazioni che i genitori non hanno potuto concretizzare. L’amore può essere effuso con l’intima intenzione di realizzare i propri sogni sugli altri. Questo tipo di amore, che ha motivato tanti sacrifici e rinunce, molto spesso si rivela inutile e fallimentare. Davanti a tutto questo cosa fare? Compiere la volontà di Dio non significa rassegnarsi e subire, né tantomeno aspettare che Dio intervenga in qualche modo per liberare da una situazione diventata insostenibile. Gesù è venuto a dare compimento non a sostituire o sostituirsi. Portare a compimento significa essere come un agricoltore che accompagna e favorisce nella crescita ciò che ha seminato. Gesù non ci aiuta a compiere doveri o a risolvere problemi eliminando le difficoltà o mettendosi al posto nostro. Egli, «sale della terra» e «luce del mondo», è la Parola che ci trasforma interiormente perché ridà sapore alle nostre azioni quotidiane e ridona lucentezza al nostro volto opacizzato dal dolore. Con la sua Parola ci accompagna e si prende cura di noi affinché diventiamo capaci di cambiare noi stessi, il modo di approcciare la realtà, di affrontare i problemi, di gestire le relazioni, ispirando il nostro comportamento al suo. 

Compiere la Parola di Dio significa prendersi cura di sé, trasformando le situazioni che provocano dolore in occasione di rinascita. Gesù ci insegna a non gettare le macerie dei nostri sogni crollati ma tra di esse a scegliere le pietre utili, cioè a cogliere i nostri punti di forza, per ricostruire la vita come una nuova casa fondata sulla roccia dell’amore di Dio e tirata su diritta osservando i suoi comandamenti. 

Auguro una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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