Ieri sera sono tornato a teatro dopo una lunga assenza. ร andata in scena โLa vita davanti a sรฉโ, tratto dallโomonimo e splendido libro di Romain Gary. Un Silvio Orlando in stato di grazia รจ il piccolo Momo, figlio di una prostituta lasciato alle cure di una vecchia ebrea reduce da Auschwitz, la quale si occupa di crescere i figli di prostitute che la legge non permette di tenere con sรฉ.
Momo, arabo, racconta dal suo punto di vista di bambino il dramma dellโabbandono, la fatica di vivere con una donna anziana che perde la memoria in un corpo sempre piรน provato, il vivere in un palazzo che รจ un microcosmo di povera umanitร nella banlieue di Belleville, alla periferia di una Parigi degli anni โ70 del secolo scorso.
Qui Momo pian piano impara che lโantidoto a quellโatmosfera di โpesanteurโ – per dirla con la Weil – puรฒ risiedere unicamente nellโaccudire un cane, e poi darlo via โgratisโ perchรฉ quello รจ il suo vero bene; nellโaiutare la vecchia donna a vivere sprazzi di luciditร , a superare i momenti di terrore quando il ricordo del โmale assolutoโ fa capolino negli incubi notturni; aiutarla a fare quei sei piani infernali senza ascensore; a non permettere che venga portata a morire in un anonimo ospedale nascondendola nel suo โrifugio ebreoโ nei sotterranei del palazzo.
Alla fine, dopo unโora e mezza di monologo, Silvio Orlando, incarnando lโunica grande veritร che รจ data allโuomo poter far propria, solo nel centro del palco, in un clima di sospensione, pronuncia le parole finali del libro di Gary: โBisogna voler beneโ.
ร questo in fondo il nocciolo del vangelo; dellโavventura dellโuomo Gesรน di Nazareth, del suo messaggio, dei suoi gesti. Del cristianesimo. Dellโumana avventura.
Sรฌ, lโunica cosa veramente umana รจ voler bene. E questo bene porlo nel terreno della storia come un seme, e poi attendere nella ferma speranza che alla fine il frutto si compirร , coi suoi tempi, probabilmente molto lunghi perchรฉ solo il male ha tempi rapidi per affermarsi. Un albero impiega anni e anni per crescere. Basta un attimo per abbatterlo.
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Il contadino sa che il lavoro fatto in autunno porterร frutto solo dopo un inverno rigido e buio, e nel frattempo sa anche di non dovere far niente; tornasse su quel campo rovinerebbe tutto. A volte il non fare รจ ciรฒ che di piรน grande e produttivo si possa compiere.
Nella vita spirituale โ come nellโarte – quanto meno si opera maggiormente si crea.
Il bene ha un modo tutto suo per divenire fecondo. Laddove per il mondo vi solo morte e sconfitta, il seminatore di bene intravede giร lo stelo di grano che rompe il terreno e pregusta la fragranza del pane che se nโotterrร .
ยซDormaโฆ di notteโฆยป (v. 27), รจ il richiamo alla morte di Gesรน. Lui, seminatore di bene รจ il seme che รจ stato gettato nel campo del mondo. E mentre per tutti era lo sconfitto richiuso in un sepolcro, il Vivente impregnava giร di energia nuova la storia degli umani e dell’intera creazione.
AUTORE: don Paolo Squizzato
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