don Paolo Scquizzato – Commento al Vangelo del 7 dicembre 2025

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Strana e spiazzante la figura di Giovanni Battista. Avrebbe dovuto ereditare il mestiere del padre, Zaccaria, sacerdote del Tempio. Una vocazione trasmessa per stirpe, come si fa con le terre e i cognomi. E invece no. Giovanni spezza la genealogia sacra. Tradisce il Tempio. Forse per non ripetere la vita del padre che pur irreprensibile davanti a Dio, โ€“ annota Luca con unโ€™ironia sottile e crudele โ€“ รจ stato per una vita sterile. La giustizia, quando รจ solo osservanza, non genera vita.

Giovanni, dunque, si pone fuori dal recinto sacro. Abbandona liturgie, sacrifici, animali sgozzati, sangue versato, fumo dโ€™incenso che sale come alibi religioso. Se ne va nel deserto. Sceglie una vita ridotta allโ€™osso, essenziale come la roccia. Veste di peli di cammello, si nutre di locuste e miele selvatico. Non รจ folclore, ma teologia incarnata. La sua vita diventa messaggio prima ancora delle sue parole.

Giovanni non parla, lui grida. Nel deserto geografico ed esistenziale alza una voce, perchรฉ รจ il tempo non di delicate consolazioni, ma di risvegliare le coscienze. Avverte che il tempo si รจ fatto breve, che non cโ€™รจ piรน spazio per i rinvii, per gli equivoci, per i compromessi. รˆ ora di tornare allโ€™essenziale. Alla veritร  nuda.

Giovanni non โ€œpredicaโ€, parola addomesticata, acqua sui vetri, egli proclama. La sua รจ una parola che incide, che ferisce, che lascia un segno. E non fa sconti a nessuno. Davanti a lui cadono le distinzioni di rango: potere religioso o civile, poco importa. Grida anche al re. Grida contro Erode. Per questo sarร  messo a tacere. La veritร  detta in faccia al potente costa sempre la testa.

A chi pensa che Dio sia rinchiuso in un luogo, amministrato da una casta, addomesticato da rituali, gestito da unโ€™รฉlite โ€“ naturalmente tutta maschile โ€“ Giovanni dice no. Con lui la presenza di Dio emigra dal Tempio alla coscienza. Dal perimetro sacro al cuore dellโ€™uomo. Il luogo piรน santo non รจ piรน lโ€™altare: รจ lโ€™interioritร .

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Per questo Giovanni chiede la conversione. Metanoia. Cambio di testa, di sguardo, di mentalitร . Non una verniciata morale, ma uno spostamento radicale del centro. La coscienza diventa il vero santuario. รˆ lรฌ che accade lโ€™incontro con Dio.

I sacrifici non hanno mai salvato nessuno. Tantomeno una religione autoreferenziale, autocelebrativa, costruita su certezze di pietra, giocata sul baratto sacro: io ti do, tu mi dai. Una religione fondata sul merito. Ai religiosi devoti, sicuri della propria appartenenza, Giovanni grida parole che bruciano: ยซNon crediate di poter dire: abbiamo Abramo per padre. Dio puรฒ far sorgere figli di Abramo anche da queste pietreยป. Nessun pedigree salva. Nessuna appartenenza garantisce.

Gli studiosi discutono se Gesรน di Nazareth sia stato discepolo del Battista. Forse sรฌ, forse no. Di certo ne ha respirato il fuoco. Di certo ne ha raccolto lโ€™ereditร  profetica. Gesรน, quando entra nel Tempio, non offre sacrifici: guarisce. Non brucia incenso: insegna. E quando parla dei professionisti del sacro, le sue parole sono ancora piรน taglienti. Se Giovanni li chiama ยซrazza di vipereยป, Gesรน li definisce ยซipocriti, sepolcri imbiancati, serpenti, razza di vipereยป (cfr. Mt 23). E del Tempio dirร  che รจ diventato un ยซcovo di ladriยป (Mc 11,17).

Poi compie lo spostamento decisivo: invita a rientrare dentro di sรฉ. รˆ lรฌ che abita il Regno di Dio, il punto luminoso dellโ€™intero universo (cfr. Lc 17,21). Non fuori, non nei recinti del sacro, ma nel silenzio abitato dellโ€™interioritร . Ed รจ lรฌ che torna a risuonare la voce antica dei profeti: ยซMisericordia io voglio, non sacrifici. La conoscenza di Dio piรน degli olocaustiยป (Os 6,6). Giovanni รจ il profeta della soglia. Lโ€™ultimo della religione dei sacrifici. Il primo dellโ€™epoca della coscienza. Una voce che grida per dirci che Dio non abita piรน nel sangue versato degli animali, ma nel cuore che si lascia ferire dalla veritร .

Per gentile concessione di don Paolo Scquizzato.

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