don Marino Gobbin – Commento alle Letture di domenica 20 gennaio 2019

PER COMPRENDERE LA PAROLA

La I lettura, che presenta Gerusalemme come la Sposa del Signore, è messa in rapporto col Vangelo delle nozze di Cana: qui Gesù dona il vino nuovo, simbolo della grazia che realizza le sue nozze con l’umanità da lui salvata.

PRIMA LETTURA

I versetti, presi da Isaia 62, sono pervasi da un grande fervore di gioia e di speranza. Sono stati composti al ritorno dall’esilio. Nonostante le rovine in cui gli Israeliti hanno trovato Gerusalemme, il profeta si lascia andare all’euforia. Egli vede e vuol far vedere l’avvenire che il Signore riserva a Sion.
Egli vede Gerusalemme risplendente di luce, come l’aurora dopo la notte, come una lampada che dissipa le tenebre. E questa luce attirerà i popoli. Ritroveremo nel salmo il tema dell’ammirazione dei pagani per Gerusalemme.
Ma soprattutto vede rinnovarsi le relazioni di Israele col suo Dio: corona e diadema di Dio, Gerusalemme manifesterà la gloria del suo Re. Più ancora: il Signore trovando la sua gioia nella città da lui ricostruita, ne farà la sua sposa. Le darà un nome nuovo: “Mio compiacimento”, “Sposata”. (Nella Bibbia, dare un nome significa sempre operare una trasformazione profonda dell’essere).
Questa intimità di Dio col suo popolo (simboleggiato da Gerusalemme) è tanto più meravigliosa in quanto segue a un lungo periodo di apparente abbandono. Proprio la “abbandonata”, la “devastata”, è ormai la giovane sposa.

SALMO

I versetti presi dal salmo 95 esprimono lo stesso fervore di trionfo e la stessa attesa universale. Si tratta d’un canto nuovo, perché, finite le prove di Israele, la liberazione degli esiliati e la ricostruzione di Gerusalemme creano una situazione del tutto nuova. I pagani potranno finalmente riconoscere la gloria, la potenza, la santità del Signore e servirlo come loro Re e Giudice.

SECONDA LETTURA

Il brano, preso dalla prima lettera ai Corinzi, ci offre un prezioso chiarimento sulla vita della Chiesa, le sue ricchezze e le sue povertà.
Le sue ricchezze: l’abbondanza e la varietà dei doni dello Spirito (i doni fatti da Cristo-Sposo alla sua Chiesa-Sposa), che mirano soprattutto al progresso della fede, alla vita cristiana, al discernimento, e nello stesso tempo al bene dei cristiani (guarigioni, miracoli) e al fervore delle loro assemblee di preghiera (le lingue, l’interpretazione).
Le sue povertà: l’insistenza di Paolo nel ricordare che un solo Dio – Signore e Spirito – distribuisce questi diversi doni, l’affermazione che tali doni sono ricevuti “per l’utilità comune”, evocano la confusione, le divisioni, l’ambiguità di certi entusiasmi che provocano delle crisi nella comunità di Corinto.

VANGELO

L’episodio delle nozze di Cana è, come l’intero Vangelo di Giovanni, colmo di simboli.
A una prima lettura vi troviamo parecchi dati interessanti: il riconoscimento da parte di Dio del valore della vita coniugale e della festa; l’importanza dell’intercessione di Maria, attenta ai nostri bisogni; la potenza di Cristo, la sua generosità nei doni, la sua discrezione negli interventi, che tuttavia sono determinanti per la fede.
È necessario però spingerci molto più avanti.
Queste nozze umane, dove Gesù è presente, sono il punto di partenza del tema di Gesù, sposo dell’umanità.

Le nozze di Cristo e della Chiesa avverranno quando “sarà giunta l’ora”, l’ora cioè in cui, sulla croce, Cristo si offrirà totalmente per la Chiesa; l’ora in cui Maria, “la Donna”, diventerà madre della nuova umanità.
Allora l’acqua delle giare di pietra (simboleggiante il rituale giudaico diventato del tutto inutile) cederà il posto al vino nuovo (simboleggiante la grazia e il dono dello Spirito nella Nuova Alleanza).

Allora, molto più che col miracolo di Cana, si manifesterà la gloria di Cristo, e non solo gli apostoli, ma gli stessi pagani crederanno in lui.
L’osservazione del maestro di tavola: “Tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono” assume in questa luce un nuovo significato. Bisognerà aspettare l’“ora” del Cristo glorificato affinché il buon vino, lo Spirito Santo, sia donato.

PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Sperate nella Chiesa?

L’essere preoccupati per la Chiesa dà un tocco di distinzione. Magari ricorrendo a statistiche sulla pratica, sulle vocazioni, sulle missioni. E lamentandosi del comportamento dei giovani, dell’incapacità di adattarsi della gerarchia, delle divisioni fratricide nelle comunità.
Pur senza fare lo struzzo, perché non partecipare al fervore, all’entusiasmo del profeta? (1a lettura). La comunità giudaica era allora ridotta a un pugno di scampati; Gerusalemme era un mucchio di rovine. E tuttavia il profeta la vede diventare la luce e il desiderio del mondo pagano (cf anche il salmo).
Perché non fare, come Paolo, la lista notevole dei doni dello Spirito che si manifestano anche oggi nella Chiesa? (2a lettura). Se vi sono delle manchevolezze e delle miserie (cf “Non hanno più vino” del Vangelo), Cristo, Sposo della Chiesa, suo architetto che non smette di costruirla e di ricostruirla, è sempre pronto a darle il vino nuovo dell’amore. La Chiesa non è abbandonata, ma rimane la preferita, la gioia di Dio.
Perché alla fine non dovrebbe vincere il bene?

Quali doni vi ha fatto lo Spirito?

Non molto tempo fa la Chiesa era una cosa dei preti. Oggi si comincia a superare questo stadio (una mano la dà anche la crisi delle vocazioni).
Molti cristiani si chiedono quale posto competa loro nella comunità. I doni dello Spirito enumerati da Paolo, e che sembrano scomparsi, ritrovano, con nomi nuovi, nuova esistenza e nuova efficacia: catechisti, animatori liturgici, responsabili dell’Azione Cattolica, delle opere caritative, ecc., e a loro modo contribuiscono a edificare la Chiesa. Ricompare persino il curioso dono delle lingue (cf i gruppi “carismatici” che sorgono qua e là).
In questo rinnovamento scorgiamo però dei rischi.
– Che alcuni si ritengano senza alcun dono, ammirino da lontano i “responsabili” dimenticando la loro grazia specifica. È allora il momento di risvegliarsi, di avere il coraggio di credere al dono fatto da Dio a ognuno per gli altri.
– Che i doni si oppongano gli uni agli altri, che ognuno si regoli soltanto in base alla sua grazia e al suo ministero. È allora il momento di ricordarsi che il dono è concesso come “una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune”, cioè per il servizio della comunità.

Volete bere il vino delle nozze?

Il matrimonio è in crisi, aumentano le unioni libere. Si ha paura dell’impegno della vita, preso… per sempre. Non sarebbe il caso allora di rivalorizzare il matrimonio, anche tenendo presenti le molte scoperte fatte da alcuni anni sulla spiritualità coniugale?
La presenza di Gesù alle nozze di Cana è quasi una benedizione del matrimonio. E il miracolo del vino non ha perso interesse: quante vite coniugali partite come una festa sono diventate un po’ alla volta insipide… È venuto a mancare il vino dell’amore. L’amore fedele, vissuto senza cedimenti, capace di perdono, è sempre una specie di miracolo. E tale miracolo, discretamente, Gesù continua a operarlo per coloro che glielo chiedono.
E ciò va ben oltre la vita coniugale. Anche i giovani, i celibi, i vedovi devono vivere di amore, a loro modo. E soltanto Cristo, sposo della Chiesa, può insegnarlo ad ognuno, secondo il suo stato.
Perché non partecipare oggi, simbolicamente, al calice del vino del Regno, del sangue di Cristo versato sulla croce, dal momento che è stato dato per sempre per sposarci tutti? Allora ci verrebbe comunicata la festa dell’amore e noi potremmo viverla giorno dopo giorno con coloro che formano la nostra famiglia.

Fonte

Tratto da “Omelie per un anno 1 e 2 – Anno C” – a cura di M. Gobbin – LDC

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ALTRO COMMENTO

“Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino»”.

Tutti ci cercano per quello che abbiamo, ma chi ti vuole davvero bene non tiene da conto di ciò che hai, ma di ciò che ti manca. L’amore vero è prendere a cuore la mancanza dell’altro, perchè in quella mancanza si gioca il meglio e il peggio della vita. Sono infatti le nostre mancanze la causa prima dei nostri peccati, ma sono altresì proprio le mancanze i punti di svolta dei grandi santi. Ritrovare il vino che manca non serve a riempire un vuoto, ma a cambiarne la sostanza.

Gesù non crea il vino dal nulla, ma cambia l’acqua in vino, cioè prende ciò che c’è e a partire da questo opera un cambiamento radicale. Quello che fino a ieri ti faceva peccare può cominciare ad essere il punto di forza della tua santità. Assurdo! Ma questo è il miracolo: il Signore è l’unico che può prendere sul serio la mia mancanza e trasformarla in santificazione.

Da cosa ce ne accorgiamo? Dal fatto che cominciamo a sentire un’inspiegabile letizia che non trova altra ragione se non nella Grazia di Dio.

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