don Marino Gobbin – Commento alle Letture di domenica 2 Giugno 2019

PRIMA LETTURA

È l’inizio degli Atti degli Apostoli. Gli undici versetti della nostra lettura costituiscono la cerniera fra il Vangelo di Luca e gli Atti, e riportano di nuovo l’esperienza fatta dagli apostoli della vita del Risorto e della sua dipartita da loro.

Mentre il Vangelo di Luca sembrava presentare in un unico giorno Pasqua e Ascensione, gli Atti parlano di quaranta giorni fra i due avvenimenti, cifra probabilmente simbolica. Come Mosè sul Sinai ricevette per quaranta giorni le confidenze di Dio per guidare il popolo, così gli apostoli ricevono l’insegnamento del Risorto per dar vita alla Chiesa, Regno di Dio.

– Questo Regno prenderà slancio con la venuta dello Spirito, annunciato da Giovanni Battista in linea coi profeti (Gl 3,1) e promesso da Gesù (cf Gv 14-15). È come un “battesimo”, anche se la parola servirà in seguito per indicare il battesimo nell’acqua che consacra il nome di Gesù, preludio alla recezione dello Spirito.

– Il Regno non è una specie di restaurazione di Israele nell’immediato, come sembrano credere gli apostoli. Gesù non affronta direttamente la speranza espressa dalla domanda degli apostoli, ma apre prospettive diverse: quella d’una dilazione dalla durata ignota, quella di un’apertura al mondo, tenendo presente che il ruolo dello Spirito sta appunto nel dare agli apostoli la capacità di testimoniare Gesù in tutto il mondo. Tale “testimonianza” riguarda soprattutto la Risurrezione di Gesù (cf 1,22 a proposito della scelta di Mattia; 2,32: discorso di Pietro…); avverrà secondo tappe che corrispondono al racconto degli Atti.

– Il racconto dell’Ascensione è molto sobrio: Gesù entra nella “nube”, cioè nel mondo divino (la nube fa parte delle teofanie bibliche) inaccessibile agli sguardi degli uomini; nel “cielo”, immagine tradizionale della dimora di Dio. Il messaggio attribuito agli angeli esprime la fede del Vangelo: se “da questo momento il Figlio dell’uomo sta seduto alla destra della potenza di Dio” (Lc 22,69: parole di Gesù davanti al sinedrio), lo vedranno “venire su una nube con potenza e gloria grande” (Lc 21,27: discorso apocalittico). Non quindi guardando il cielo gli apostoli vedranno Gesù. Egli deve manifestarsi nella vita della Chiesa e nei loro cuori dopo l’invio dello Spirito. In questo senso egli “è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).

SALMO

È il primo salmo del “Regno” di Iahvè-Re che sale al Tempio fra le acclamazioni di tutti i popoli. In forza della testimonianza della Chiesa “fino agli estremi confini della terra”, tutti i popoli parteciperanno all’esaltazione di Gesù mentre sale al cielo.

SECONDA LETTURA

La prima parte del brano (9,24-28) presenta l’Ascensione di Gesù come un atto sacerdotale. L’autore instaura un confronto tra il sommo sacerdote che entra una volta all’anno nel “santo dei santi” del tempio di Gerusalemme e Gesù che fa il suo ingresso nel cielo. Entrambi compiono un’azione sacerdotale, ma quella di Gesù è infinitamente superiore, per i seguenti motivi. Anzitutto, Gesù penetrò “nel cielo stesso” (v. 24), e in virtù del proprio sangue (vv. 25-28); il sommo sacerdote invece soltanto nel santuario terreno e con il sangue altrui (vv. 24-25). Diversa, inoltre, è l’efficacia dei due sacrifici: quella del sacrificio di Cristo è assoluta (vv. 26b-28a), quella dei sacrifici fatti dagli uomini è nulla (vv. 9.13).

Solo Cristo ha tolto il peccato di molti (v. 28). Questo fatto diventa per noi certezza di poterci avvicinare a Dio realmente, perché Cristo ci ha aperto la via (10,19-20). Tutto ciò esige da noi un atteggiamento di fondo, costituito dalla sincerità di un cuore libero da ogni cattiva coscienza (10,22), base necessaria allo sviluppo delle virtù cardini della vita cristiana: pienezza di fede (v. 22), speranza indefettibile (v. 23), carità operosa (v. 24). La seconda parte del brano (10,19-23) ha dunque chiarito il significato del mistero per noi.

VANGELO

Come l’inizio degli Atti ci ha fornito la 1ª lettura, così la finale di Luca ci fornisce il Vangelo. I due racconti, dovuti al medesimo autore, raccontano in sostanza il medesimo avvenimento.

Sofferenza e risurrezione. La principale differenza riguarda il richiamo della morte e risurrezione di Gesù che troviamo nel Vangelo. In Luca c’erano stati tre annunci della passione-risurrezione, e così ci sono tre apparizioni del Risorto. E ogni volta con la stessa affermazione: “Era necessario che il Messia patisse e poi risuscitasse”.

Annunciato dalla Scrittura. Perciò Luca sottolinea con forza che la vera immagine del Messia in fin dei conti è il Servo.
Era necessario. L’espressione ritorna ad ogni apparizione. Luca la usa spesso a proposito di Gesù, e fin dal primo pellegrinaggio al Tempio (2,49). La vita di Gesù è da un capo all’altro il compimento del disegno del Padre.
Conversione-perdono. Per la prima volta abbiamo qui un ampliamento di tale disegno: Luca annuncia la missione degli apostoli, mettendola in continuità con quella di Gesù.

Gerusalemme. Per Luca è il luogo dove, secondo questo disegno, si radica tutto il mistero della salvezza, Pentecoste compresa. Il suo Vangelo comincia nella città – e nel Tempio – e in essa termina. Dal momento che si rivolge a cristiani venuti dal paganesimo, ha dei motivi speciali per far capire chi è Cristo, collegandolo in modo strettissimo a tutta la storia del popolo eletto.
Li condusse. Luca non si preoccupa della cronologia, raccontando le apparizioni. Si potrebbe credere che tutto, compresa l’Ascensione, avvenga la sera di Pasqua. Negli Atti (1,3), però, parla di quaranta giorni.
Dopo averlo adorato. Gesù entra nella gloria del Padre. Essi si prostrano in adorazione. Primo atto di culto resogli dalla Chiesa. Questo gesto è compiuto appena è scomparso dai loro occhi.

Lodando Dio. Luca ha sottolineato accuratamente la preghiera di Gesù e l’importanza del Tempio. Lo fa anche parlando degli apostoli. La storia di Gesù non è finita.

PER ANNUNCIARE LA PAROLA

La gloria di Cristo

Non è quella che si immaginavano gli apostoli, e cioè il ristabilimento terreno del regno di Israele (1ª lettura). L’Ascensione dimostra chiaramente che la Risurrezione non è una semplice sopravvivenza di Cristo, bensì la sua entrata nella vita gloriosa di Dio, col suo corpo d’uomo.

D’ora in avanti Gesù è posto al di sopra di tutte le potenze che ci dominano; tutto è a lui sottomesso. Dio l’ha veramente colmato d’ogni cosa, come dice la definizione del “cielo”: perfetto e inalterabile possesso della pienezza della vita (2ª lettura). In cielo e sulla terra: nel mondo presente come nel mondo futuro (2ª lettura).

Gesù ha compiuto tutto ciò che annunciava la Scrittura (sofferenze, risurrezione, perdono dei peccati offerto a tutti); adesso, seduto alla destra di Dio, vive la gloria stessa del Padre.

La promessa dello Spirito e la missione della Chiesa

Questa promessa viene rinnovata il mattino stesso dell’Ascensione: “Io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso”. Sarà come un nuovo battesimo (1ª lettura). Una forza che dispiega per noi il potere infinito del Padre (2ª lettura). Lo Spirito verrà per lanciare i discepoli sugli itinerari apostolici della Giudea, della Samaria e del mondo intero (Vangelo). Li aiuterà a comprendere le voci misteriose della salvezza, che passano per la sofferenza prima di manifestarsi in risurrezione. Sebbene Gesù sia scomparso dai loro occhi carnali, gli apostoli sono presi da grande gioia e benedicono Dio (Vangelo): si sentono infatti forti per la fiducia manifestata da Gesù nel chiedere loro di diventare suoi testimoni, di camminare sotto la sua guida per far crescere il corpo di cui egli è il capo, la Chiesa (2ª lettura).

La separazione non è rottura; adesso riconoscono Gesù come il Figlio di Dio Salvatore e lo adorano (Vangelo). Si rendono conto che l’opera cominciata sulle strade della Palestina e realizzata sul Golgota, per mezzo loro si allargherà fino ai confini della terra (2ª lettura e Vangelo).

L’attesa della gloria

Il Signore ritornerà (1ª lettura). Intanto lascia a noi la speranza misteriosa del “tesoro di gloria racchiuso nella sua eredità” (2ª lettura). Soltanto per un dono del Padre possiamo misurare la ricchezza di tale attesa (2ª lettura).
Noi non conosciamo la durata dell’attesa, la data e l’ora del ritorno; nel frattempo, la speranza non deve distrarci dai compiti da svolgere sulla terra (1ª lettura).

Questa attesa fiduciosa è già un possedere l’eredità offerta ai credenti (2ª lettura); è speranza d’una presenza continua di Colui che Dio ha fatto trionfare sul male e sulla morte.

Fonte

Tratto da “Omelie per un anno 1 e 2 – Anno C” – a cura di M. Gobbin – LDC

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