La storia del centurione romano che chiede a Gesรน la guarigione del suo servo ha due caratteristiche che a mio avviso non possiamo trascurare. La prima riguarda proprio lโempatia che questo militare ha verso un suo servo. Non รจ qualcosa di scontato. Questโuomo non rimane indifferente davanti alla sofferenza di questa persona anche se culturalmente era considerata non un suo pari:
ยซSignore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmenteยป.
Il centurione non domanda per sรฉ ma intercede per un altro dando voce a una persona che soffre talmente tanto da non riuscire essa stessa a formulare una preghiera. Mi ha sempre colpito questa forma di delicatezza perchรฉ mi ricorda che tutte le volte che preghiamo dovremmo essere voce di chi per un motivo o per un altro non riesce a farlo in prima persona. La seconda caratteristica riguarda la fiducia senza condizioni che egli pone nei confronti di Gesรน:
ยซSignore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, di’ soltanto una parola e il mio servo sarร guarito. Perchรฉ anch’io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo faยป.
In pratica il centurione sta dicendo a Gesรน: โio mi fido cosรฌ tanto di te che non importa che io sappia o veda come tu esaudirai questa mia preghiera; so solo che tu prenderai a cuore il dolore di questa personaโ. Gesรน rimane sbalordito davanti a una simile fede:
โGesรน ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: ยซIn veritร vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede cosรฌ grandeยปโ.
La domanda che il Vangelo di oggi ci pone รจ proprio su queste due cose: quanto intercediamo? E quanto ci fidiamo veramente?
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La storia del centurione raccontata nel Vangelo di oggi, contiene due dettagli che molto spesso sfuggono alla nostra attenzione. Lโuomo in questione non รจ un credente, nรฉ un israelita, eppure mostra due caratteristiche che dovrebbero essere tipiche di un credente. La prima รจ la sua compassione: โEntrato in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava: ยซSignore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmenteยปโ. Si noti bene che non sta scongiurando Gesรน per se stesso o per un suo familiare, ma per un suo servo. Questโuomo non rimane indifferente davanti alla sofferenza del suo servo, e questo dovrebbe colpirci molto perchรฉ allโepoca i servi erano considerati alla stessa stregua di oggetti e non certamente di persone. […] Continua a leggere qui.
Autore: don Luigi Maria Epicoco
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