don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo del 30 Ottobre 2023

È un miracolo strano quello raccontato nel Vangelo di oggi. È paradossale credere che solitamente siamo abituati a pensare che “cercare” è una prerogativa nostra verso Dio, fa un certo effetto invece sapere che sia invece Dio a “cercarci”, ad accorgersi della nostra sofferenza, della nostra incapacità ad alzare lo sguardo (“era curva e non riusciva in alcun modo a stare dritta”).

Dovremmo quasi dire che la vera preghiera ha inizio con Dio che si rivolge a noi e non il contrario. Noi possiamo perdere anche la capacità di pregare, di desiderare, di sperare, ma è Lui stesso che ci viene a cercare lì dove siamo.

“Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio”.

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La malattia di cui è afflitta questa donna le permette di guardare solo a terra. Ella rappresenta in maniera plastica cos’è una paranoia: il fissarsi su qualcosa fino al punto da non riuscire più a vedere nient’altro. Chi vive così non riesce nemmeno più ad accorgersi di Dio, di Gesù, di una Grazia che la circonda.

Eppure noi da una parte vorremmo essere liberati ma poi quando concretamente si presenta l’occasione facciamo in modo di non assecondare questa liberazione. Se non abbiamo più fede per pregare, dovremmo però cercare di avere fede nell’accettare di essere esauditi anche oltre le nostre stesse aspettative.

Dobbiamo, cioè, non negare l’evidenza dei fatti, volendo difendere a tutti i costi ciò di cui ci siamo convinti. È decidere se voler credere a Gesù o alle nostre paranoie. Questa donna crede a Gesù, e poco importa se tutti gli altri si innervosiscono.

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La preghiera più bella è quella della lode, la preghiera che nasce dall’aver riconosciuto i benefici che il Signore ha operato nella nostra storia nonostante la nostra storia. Ma questa cosa turba sempre quel “capo della sinagoga” che ci portiamo dentro.

È quella parte di noi che censura tutto ciò che è semplicemente gratuito, perché pensiamo di poter comprare tutto. L’amore vero è gratis, non lo si merita.

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Diciotto anni non sono pochi, nella nostra società sono il tempo necessario ad essere considerati adulti. Ma i diciotto anni citati nella pagina del Vangelo di oggi sono legati ai diciotto anni di sofferenza di una povera donna: “C’era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo”. Alcune difficoltà che incontriamo nella vita assomigliano a questa malattia: ci imprigionano fino al punto da costringerci a guardare a terra, a perdere l’orizzonte, a non riuscire in nessun modo ad alzare lo sguardo. Non è tanto importante domandarsi cosa ci ha ridotti in quel modo, ma è importante domandarci se si può esserne liberati. Infatti la donna di cui si racconta oggi nel Vangelo è talmente tanto ripiegata sul suo male che non parla, non si rivolge a Gesù chiedendo aiuto, è semplicemente lì con il suo dolore. […] Continua a leggere qui.

Fonte


Autore: don Luigi Maria Epicoco
Commento al brano del Vangelo di: ✝ Lc 13,10-17
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