don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo del 28 Dicembre 2021

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AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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FONTE: Amen – La Parola che salva – ABBONATI A 12 MESI (12 NUMERI) A 34,90€


Se Gesù è il compimento delle promesse, come mai la Sua venuta al mondo invece di portare pace sembra peggiorare la situazione? I Vangeli di questi giorni ce ne offrono ampi squarci per donarci tutto il realismo degli eventi che hanno riguardato da vicino Gesù.

Se prima infatti il problema era trovare un posto dove far nascere il bambino mentre tutto è chiuso e sbarrato, ora il problema è la collera dei potenti, di Erode soprattutto: “Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”.

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Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto”. Così Gesù è costretto a diventare profugo assieme alla sua famiglia. Anche lui deve iniziare quei viaggi della speranza di cui anche oggi le vie di mare e di terra dei paesi flagellati dalle guerre sono testimoni.

Gesù sperimenta l’amaro destino dei profughi, degli esuli, di chi deve sradicarsi per cercare di tenere salva la vita. La sua condizione non è di privilegio ma di profonda condivisione dell’ingiustizia del mondo, dell’ingiustizia della storia, soprattutto dell’ingiustizia che riguarda gli ultimi, i poveri, coloro che consideriamo masse prima ancora che persone.

Il problema vero però è che Erode non si arrende davanti al fatto di non riuscire a individuare questo bambino di cui gli avevano parlato i Magi, e così scatta quel gesto così disumano della strage degli innocenti, di cui oggi facciamo memoria liturgica: “Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi”.

Il Natale è anche questo: è il dolore degli innocenti che Cristo è venuto a prendere sulle sue spalle. Il Natale è anche il grido delle madri che piangono i propri figli che non sono più.


ALTRO COMMENTO

Può sembrare davvero strano come la luce del Natale possa essere più volte turbata da fatti di sangue: prima la memoria del martirio di Stefano e oggi la strage degli innocenti. “Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi”.

Ciò che colpisce di Erode è la reazione che ha davanti alla paura. Infatti è proprio la paura la radice della sua violenza. Sappiamo per certo che aveva fatto ammazzare nella sua vita diverse mogli e figli per paura di essere detronizzato, e oggi lo troviamo a sporcarsi nuovamente le mani di sangue per paura di un bambino nato in un villaggio periferico vicino Gerusalemme.

La paura è una caratteristica del nostro essere umani ma può tirare fuori il peggio di noi. Sarebbe interessante poter guardare tutto ciò che di male facciamo e domandarci a quale paura corrisponde. Non esiste solo la violenza delle armi, ma quella delle parole, degli atteggiamenti, degli abusi di potere, dei silenzi, delle omissioni.

Anche Maria ha paura, anche Giuseppe, anche tanti altri personaggi citati nel Vangelo, ma la grande diversità è nel modo con cui essi reagiscono. Maria vince la paura fidandosi, Giuseppe affrontando. Il vero problema non è cancellare la paura ma domandarci quanto essa ci deforma e quanto è capace di corromperci. Persino Gesù nel Getsemani ebbe paura ma la affrontò tenendo insieme l’opzione di Maria e quella di Giuseppe: si abbandonò al Padre e andò incontro ai suoi uccisori.

Fidarsi e affrontare, ecco il binomio del Vangelo di oggi.