don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo del 11 Marzo 2023

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«Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».

La provocazione da cui nasce la famosa parabola del figliol prodigo che tutti conosciamo è esattamente questa. Ciò che fa da impedimento nella comprensione di Gesù è questo modo sconvolgente di andare incontro ai lontani. E tutto questo è sconvolgente perché tutti noi siamo sempre intimamente convinti che l’amore vada meritato. Senza meriti si è esclusi dall’amore.

Ma è proprio la concezione di un amore così che blocca la comprensione di Dio che Gesù è venuto ad annunciarci. Gesù sembra dire con tutta la sua vita esattamente il contrario: l’amore di Dio è senza condizioni, è gratuito, ed è proprio per questo che ci salva la vita. Ecco perché la parabola del figliol prodigo è la spiegazione più chiara di questa logica.

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Un uomo ha due figli. Il più piccolo si fa dare l’eredità e se ne va da casa. Farsi dare l’eredità significa considerare il padre morto. Per lui il padre è morto, e questa morte è conveniente perché gli dà liquidità. Senza più padre a cui rendere conto e con le tasche piene di soldi fa quello che vuole e si diverte fino a spendere tutto. Ma speso tutto si ritrova drammaticamente a invidiare i porci che a differenza sua hanno almeno da mangiare, così decide di tornare a casa.

Detta così questa storia non sembra la storia di una conversione, ma solo la storia di un opportunista. E infatti tale è questo figlio. La sua vita però non cambia perché trovandosi in difficoltà decide di tornare a casa. La sua vita cambia quando tornando effettivamente a casa non trova la porta sbarrata ma le braccia aperte del padre che gli corre incontro. È l’inaspettata reazione del padre che lo converte.

L’amore proprio perché gratuito e senza condizioni è sempre un evento inaspettato, e proprio per questo ci cambia la vita. I cambiamenti invece che nascono per calcolo sono sempre destinati a finire.

Questo modo di fare è incomprensibile se non si comincia a ragionare come Gesù. Fino ad allora l’unica reazione che ci suscita è il fastidio.

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Tutti noi almeno una volta nella vita ci siamo immedesimati nel racconto della parabola del figliol prodigo, forse perché tutti ci siamo più o meno accorti di essere come questo figlio minore desideroso di libertà, di autonomia, concentrato su se stesso, sulla propria soddisfazione che non ha nessuna remora a considerare il proprio padre morto e sperperare i suoi averi con amici, feste e piaceri vari. Ma ciò che fa da fondamento a questa storia è la figura del padre che come un perno affidabile non smette di fare il padre anche quando questo figlio lo considera morto e anche quando il figlio maggiore lo reputa un padrone. Il problema dei figli di questa storia, e quindi anche il nostro, sta proprio nell’immagine distorta che hanno del Padre. Di Dio si può pensare di servirlo come un padrone da compiacere o considerarlo morto per poterci sentire autorizzati a fare tutto quanto ci passa per la testa.[…] Continua a leggere qui.


Commento al brano del Vangelo di: Lc 15,1-3.11-32
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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