Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 20 Settembre 2020

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Per entrare immediatamente nel messaggio centrale che la parabola di questa liturgia domenicale ci offre, mi sembra bello riprendere una celebre espressione di Santโ€™Anselmo dโ€™Aosta: โ€œIo non tento, Signore, di sprofondarmi nei tuoi misteri perchรฉ la mia intelligenza non รจ adeguata, ma desidero capire un poco della tua veritร  che il mio cuore giร  crede e ama. Io non cerco di comprenderti per credere, ma credo per poterti comprendereโ€ (Proslogion).

Le parole di questo illustre teologo della Chiesa medievale ci aiutano a focalizzare la nostra attenzione su quanto Gesรน vuole comunicarci. Il contesto รจ quello lavorativo, in cui un padrone necessita del lavoro dei suoi braccianti. Pattuisce una paga con loro, ma il cantiere si va allargando nel corso della giornata. In diverse ore della giornata della vita, lui chiama altri a lavorare. Alla fine della giornata, fedele alla sua parola, dร  esattamente quanto era stato pattuito, ossia il dono preziosissimo della vita eterna. Il punto di rottura, perรฒ, emerge nel momento in cui, dopo aver pagato con la medesima somma chi ha iniziato a lavorare solo alla fine della giornata, gli operai della prima ora si aspetterebbero una paga maggiore, a loro dire piรน proporzionata allโ€™impegno profuso sin dallโ€™alba.

Il focus della parabola non sta certamente in questioni sindacali di ingiustizia retributiva. La Bibbia e specialmente la letteratura profetica si scaglia abbondantemente contro le ingiustizie sociali e Gesรน stesso non potrebbe approvare nulla che vada in quella direzione. Il Maestro vuole condurci a qualche riflessione piรน profonda: il punto sta nellโ€™invidia di questi operai della prima ora. Il padrone, nella sua liberalitร , non fa torto a nessuno: dร  a tutti quanto aveva promesso. Chi perรฒ ha lavorato di piรน, presume di avere qualche diritto in piรน rispetto a chi ha iniziato a lavorare dopo, ma con Dio i conti non tornano. La logica del Regno non funziona cosรฌ!

Spesso lโ€™amarezza interiore derivata da questa invidia dei giusti abita anche in noi. Non รจ forse la stessa invidia del figlio maggiore della parabola del Padre Misericordioso di Luca? Le sue parole sembrano essere quelle del capo dei sindacalisti di questa categoria di persone che subiscono le misericordiose ingiustizie di Dio: โ€œEcco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che รจ tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grassoโ€ (Lc 15,29-30). Quante energie interiori e spirituali perdiamo guardando con occhi cattivi la bontร  di Dio nei confronti degli altri! Quanta gioia in piรน sperimenteremmo in noi stessi, se invece di ruminare e mugugnare sul bene che Dio opera negli altri, imparassimo a gioire dei loro successi e dei doni che gli altri ricevono!

Se la nostra presunta giustizia non inizia a concentrarsi sul bene che noi stessi riceviamo da Dio, sapendo che nulla di quanto possediamo รจ frutto dei nostri sforzi, ma dellโ€™amore misericordioso del Padre, saremo condannati giร  in questa vita a rodere di invidia per sempre. Dio perรฒ รจ buono e nel suo regno cโ€™รจ posto per tutti. Guai se, destinatari di grandi doni, guardassimo con occhi cattivi i doni fatti agli altri, che per giunta non ci privano di alcunchรฉ che Dio stesso non ci abbia giร  concesso, fedele alle sue promesse.

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Unโ€™altra stupenda pagina della Scrittura ci aiuta ad assumere lโ€™atteggiamento giusto: โ€œPietro si voltรฒ e vide che li seguiva quel discepolo che Gesรน amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: โ€œSignore, chi รจ che ti tradisce?โ€. Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesรน: โ€œSignore, che cosa sarร  di lui?โ€. Gesรน gli rispose: โ€œSe voglio che egli rimanga finchรฉ io venga, a te che importa? Tu seguimiโ€ (Gv 21, 20-22).


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